Un’amica altritaliana mi ha prestato poco tempo fa il bel libro di Claudio Antonelli L’italiano lingua “in tilt”. L’ho letto con molto interesse, constatando una grande similarità di intenti e di sensibilità per la nostra cara lingua italiana.
Non è un libro in senso classico. E’ una successione di brevi articoli critici, ironici, a volte amari, sulle nostre mode e sui nostri modi di dire e di scrivere; un piccolo dizionario di termini da noi impiegati a proposito o a sproposito, ognuno dei quali saggiamente condito con interpretazioni e chiarimenti dell’autore che fanno riflettere. Ecco, una raccolta di riflessioni su noi italiani prima ancora che sulla lingua italiana.
Il libro non sembra avere una trama o uno scopo preciso, ma ha dei fili conduttori. Per esempio la ricerca di una correttezza grammaticale e sintattica più rigorosa. Qui la battaglia di Antonelli contro coloro che ricercano solo l’ estetica nella lingua traspare con evidenza. Nel suo desiderio di dare ordine e regole a una lingua che a suo parere ne ha troppo poche se la prende anche con coloro che approvano il « suona bene », a scapito, pensa lui, delle regole di grammatica e di sintassi.
Su questo punto dissento un po’ da Claudio Antonelli, perché ritengo che anche il gusto estetico, il senso dell’armonia e della musicalità siano un patrimonio della lingua che non dobbiamo trascurare o abbandonare e che anzi dovremmo coltivare. Sperando di non cadere nel banale, vorrei ricordare che spesso agli stranieri l’italiano colpisce per la sua musicalità (malgrado l’imbarbarimento degli ultimi decenni).
Per averlo vissuto sulla mia pelle, so che in un passato fortunatamente lontano chi viveva all’estero (termine questo che Claudio Antonelli sembra aborrire) coloro che tornavano in Italia per brevi vacanze subivano i cambiamenti prodottisi nella loro lingua in modo traumatico. Mi è successo per esempio svariati anni fa, orribile auditu, con parole come sfiga o sfigato, che faccio ancora fatica a impiegare. Ma, a dispetto di noi stranieri, l’italiano cambia e si adegua.
Mi sono abituato anch’io a molti cambiamenti, grazie alla mondializzazione della comunicazione, ma come Claudio Antonelli mi chiedo spesso se non stiamo smarrendo la bussola.
Romano Ferrari
Autore del Blog: Per amore della mia lingua
Claudio Antonelli
L’italiano, lingua « in tilt »
Parole, voci, gesti, immagini…
EDARC Edizioni
ISBN 978-88-97060-28-4
Pagine: 254
Prezzo indicativo: Euro 16,00
Scheda Editoriale
Per quali strani meccanismi la mania esterofila linguistica si è spinta al punto da introdurre nella nostra lingua una caterva di parole, parolette, frasette angloamericane, mal capite, mal pronunciate ed oltretutto estranee alla musicalità dell’italiano?
Può esser vero che il caos della lingua italiana sia una forma di ricchezza. Un caos spiegabilissimo, data la storia, la geografia e altro ancora. Bisogna, nella lingua viva, accettare le inevitabili adozioni di parole straniere, adattandole, se possibile, al nostro contesto linguistico, ma evitando il ridicolo degli “anglo-americanismi” da strapazzo che complicano la lingua ed esigono da chi legge, scrive e, soprattutto, sente, uno sforzo continuo in gran parte sterile. Un inutile scimmiottamento della parlata anglo-americana, un triste fenomeno da adoratori dei feticci alla moda, indegno di un popolo che dispone di immense ricchezze culturali e tra queste la lingua che fu, tra gli altri, di Dante e di Manzoni.
Claudio Antonelli (in origine Antonaz) è originario di Pisino (Istria). Dopo aver trascorso gli anni giovanili a Napoli, vive da tempo a Montréal (Québec, Canada).
Bravo Claudio Antonelli, è proprio ciò che vado ripetendo da anni : perché rovinare l’italiano impastandolo con un sacco di parole angloamericane ? Una volta un signore, diciamo attempato, che studiava l’italiano con passione alla Dante Alighieri della mia città di Nantes mi disse, guardando un articolo giornalistico : « Non sapevo che per imparare l’italiano occorresse sapere bene l’inglese ! »… E che dire della TV italiana? Sembra proprio che giornalisti, presentatori, saltimbanchi che siano, facciano a gara per farci credere che non sono ignoranti, sciorinando parole più grosse di loro. Mentre, è proprio così che vengono giudicati ignoranti.
I francesi dicono : « la culture est comme la confiture, moins on en a et plus on l’étale. » Ben detto, no ?
C’è da rifletterci, quando si sa che da sempre – e oggi più che mai – lo dice un’insegnante d’italiano ormai pensionata, la lingua italiana ha bisogno di essere difesa, nella sua specificità, anche nell’ambito della scuola francese.