Venezia 74 – I film Francesi, 2 o 3 cose che “so” di loro…

Parafrasando il grande Godard, la nostra Maria Cristina Nascosi Sandri ci addentra nei film francesi presentati alla recente Mostra del cinema di Venezia. Una presenza consistente e di qualità, considerata e ben premiata dalla giuria, a cominciare dai due premi assegnati ad un commosso esordiente, Xavier Legrand, per il suo film “Jusqu’à la garde”.

Un’edizione davvero di livello è stata caratterizzata dalla scelta dei film proposti alla 74a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, appena conclusa.

Sia quelli in concorso che quelli presenti nelle altre corsie, han dato una visione del mondo d’oggi efficace, realistica, pur spaziando ed addentrandosi nella fiction più pura, è il caso del Leone d’Oro attribuito a Shape of Water – La forma dell’acqua, di Guillermo del Toro, che ha pure meritato il Premio Digital Award datogli dal Future Film Festival di Bologna che glielo consegnerà il prossimo anno, nel corso dell’edizione 2018.

Come sempre (o molto spesso) i film di matrice francese o coproduzioni in cui è inserita la collaborazione dei nostri cugini d’Oltralpe, son stati per la maggior parte, davvero eccellenti, al contrario di quelli italiani – ma alcuni di italiano avevano ben poco, visti gli attori scelti, grandi, grandissimi, certo, ma…stranieri.

Basti pensare ad Hannah, di Andrea Pallaoro che ha visto Charlotte Rampling, l’interprete, sempre più matura e brava, certo, ma sempre anglo-francese, ottenere la Coppa Volpi che, forse, sarebbe stata meglio tra le mani di una stupenda Frances McDormand ‘in Joel Coen’, una recitazione ben oltre le righe, meravigliosa, irripetibile, la sua da protagonista del film di Three Billboards Outside Ebbing, Missouri diretto da Marti McDonagh che si è ‘guadagnato’ un semplice premio per la sceneggiatura.

Jusqu'à la garde di Xavier Legrand

Ma per tornare ‘a bomba’, si vuole in questa sede rammentare le tracce del passaggio della cinematografia francese a Venezia 74.

Innanzitutto, si dirà di Jusqu’à la garde, in concorso, primo lungometraggio di un attore teatrale passato dietro la macchina da presa, Xavier Legrand: la sua opera è realmente di ottimo livello, incentrata sulla crisi della famiglia aujourd’hui in Francia – ma certamente tematica ‘comune’ al resto del mondo.

E’ molto ben interpretata sia dagli attori adulti che, soprattutto, da quelli più giovani: in un crescendo già dall’inizio di una spirale di violenza certo intuibile, ma vissuta passo passo, fotogramma per fotogramma, si dipana la vicenda della disgregazione di una famiglia composta da padre, madre e due ragazzi, il maschio è il più piccolo, il più sensibile.

Notevole la sua capacità d’immedesimazione nella sofferenza che solo i piccoli possono avere da una violenza reiterata familiare sempre più greve, più grave, insopportabile.

Certo un testo non facile, ma da vedere: Venezia 74 gli ha poi voluto attribuire addirittura un altro premio – forse esageratamente, visto che lo stesso regista si è commosso, ricevendolo – quello alla Migliore opera Prima, il Leone del Futuro intitolato a Luigi De Laurentiis.

Con una punta di benevolente malizia, diremo che il presidente di giuria era l’ottimo Benoit Jacquot, regista anche di opere liriche, tra l’altro, come Tosca, che deve aver ceduto ad una sorta di coerente campanilismo.

La Coppa Volpi al maschile è andata a Kamel El Basha, misurato e stupendo attore maturo per L’Insulto , di Ziad Doueiri, una coproduzione franco-libanese, in concorso, una microstoria, in apparenza, inizialmente, che racconta la Grande Storia e le grandi ferite familiari, sociali e politiche che stanno dietro essa.

Sono un attore di teatro, questo è il mio primo film – ha dichiarato alla premiazione El Basha con molta umiltà.

La speranza è che la sua carriera prosegua in tutti i sensi, vista la sua bravura.

Les bienheureux di Sofia Djama

Les bienheureux, di Sofia Djama, in corsia Orizzonti, coproduzione Francia-Belgio-Qatar, ha avuto il premio per la Miglior Attrice, attribuito alla giovane e sensibile Lyna Khoudri.

La pellicola è ambientata in una Algeri spaccata, dopo una guerra civile che ha toccato varie generazioni e durata quasi vent’anni.

Ma i fantasmi non scompaiono mai e non sono semplici fantasmi: anche in una famiglia che ha cercato di vivere e di comportarsi con civiltà e quasi all’avanguardia, anche nei confronti dei figli, i dissapori, le ipocrisie tendono pericolosamente ad annientare un amore che, forse, non c’è più.

Siamo molto lontani dal capolavoro di Gillo Pontecorvo, La battaglia di Algeri, Leone d’Oro a Venezia nel 1966, restaurato e rivisto l’anno scorso, nella sezione Classici, proprio a Venezia 73, in occasione dei 10 anni dalla scomparsa del regista che diresse per anni anche la Mostra stessa, privilegiando ad un tempo, da didatta di livello, in particolare, la formazione cinematografica dei giovani.

La villa di Robert Guédiguian

La villa, di Robert Guédiguian, in concorso, della ‘premiata ditta’ Guédiguian, Ariane Ascaride, sua moglie, e Jean-Pierre Darroussin, cresciuti insieme nella banlieue, sin da giovanissimi, fra teatro, cinema e famiglia, non è stata neppur menzionata: un vero peccato.

E’ stata tacciata di essere la solita pellicola di tre attori magnifici come loro che, forse, a volte citano se stessi, può darsi.

Ma lo loro maestria, la loro delicatezza nell’affrontare temi conosciuti, ma certamente trattati sempre con nuovi espedienti recitativi, ricchi di empatia, di pathos, di ironia, fanno sì che il visivo fruitore non abbia mai a lamentarsi del plot a cui stiamo assistendo. Ed un cenno va fatto a Gérard Meylan, l’attor ‘vecchio’ della compagnia, sempre di grande estrazione teatrale come gli altri tre, che così l’han affettuosamente definito in conferenza-stampa, essendo più anziano di loro di qualche anno.

E si vuol qui chiudere con una citazione peculiare riferita a La mélodie, di Rachid Hami, Fuori Concorso, un gioiellino di equilibrio e di civiltà, interpretato da uno strepitoso Kad Merad, attore béur – figlio di una francese e di un algerino, dunque – e da un gruppo multietnico di ragazzini eccezionali, litiganti follemente tra loro, come fan sempre i giovani, ma che saran poi legati per sempre da un collante universale, la Musica, in questo caso, quella di Sherazade, di Rimsky-Korsakov.

La mélodie di Rachid Hami

Un film in puro stile Truffaut: come lui, pochi altri son riusciti a far recitare ‘con la massima naturalezza’, decine di bimbi neofiti. Basterà ricordare Les 400 coups – I quattrocento colpi, con il suo piccolo poi cresciuto attore-feticcio, Jean-Pierre Léaud, che nell’ultimo poetico fotogramma finisce la sua corsa davanti al mare, col viso estatico di fronte ad un qualcosa di immenso che vede per la prima volta e L’argent de poche – Gli anni in tasca, uno dei suoi capolavori dal sapore neo-neorealista: in esso una città intera di provincia, Thiers, tutti i suoi abitanti, e tutti i suoi bambini, son gli attori quanto mai veri, reali del film.

Et enfin una piccola glossa – è proprio il caso di dirlo – quasi sonora: tutte molto belle quest’anno le scores dei film, in generale e di quelle francesi, in particolare.
Presente Alexander Desplat, per il film Leone d’oro di Guillermo Del Toro e, addirittura per il film di Clooney, Suburbicon – molto fuori dai suoi soliti ‘righi musicali’, come da sua stessa ammissione in conferenza-stampa – e poi Carter Burwell, nel film con la McDormand, e Bruno Coulais, per le musiche originali proprio de La mélodie, ma per non citarne che tre…

Maria Cristina Nascosi Sandri

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Maria Cristina Nascosi Sandri
Di Ferrara, giornalista pubblicista, critico letterario, cinematografico ed artistico. Collabora da parecchi anni con quotidiani nazionali, periodici specialistici e non, su carta e on line, anche esteri come Altritaliani. Dopo la laurea in Lettere Moderne, conseguita presso l’Università degli Studi di Ferrara, si è dedicata per un po’ alla scuola dove ha svolto attività anche come traduttrice, oltreché docente. Da anni si dedica con passione allo studio, alla ricerca ed alla conservazione della lingua, della cultura e della civiltà dialettale di Ferrara, mantenendo lo stesso interesse per quelle italiana, latina ed inglese, già approfondito dai tempi dell’università, insieme con quello per l’arte, il teatro ed il cinema. Al suo attivo centinaia di articoli e recensioni, e qualche decina di libri sulle discipline di cui sopra, tra cui un'intera collana multilingue sulla propria lingua materna.

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