Vaccinarsi meno, vaccinarsi tutti

La pillola di Puppo di luglio: Ho fatto il secondo vaccino. AstraZeneca bis. Tutto bene. Perfetta anche l’installazione del microchip sottocutaneo (del resto, sopra cutaneo non starebbe bene, d’estate soprattutto). Adesso seguo come un automa gli ordini di Soros e compagnia cantante. Più seriamente, ricordiamoci che per secoli (quando, come sento dire da qualcuno, si viveva sani al sole e all’aria aperta) siamo stati allietati da deliziose damigelle di compagnia come peste, colera, lebbra, malaria, vaiolo, poliomielite, meningite e via dicendo. Senza avventurarci in discorsi statistici complicati (la statistica è la scienza per cui, se io ho mangiato due polli e tu niente, ne abbiamo mangiato uno a testa, dice Trilussa), resta il fatto che in passato la durata media della vita era molto più bassa. In particolare la fase più critica era quella fino ai vent’anni, in cui la mortalità era altissima. Passando a tempi più recenti, quando io ero bambino (astenersi spiritosoni e perditempo) ancora si facevano i conti con cose orrende come il vaiolo (vaccinazione sospesa solo nel 1977, abrogata nel 1981) e poliomielite (ultimo caso in Italia nel 1982, l’anno in cui Paolo Rossi faceva i gol al Brasile). Malattie per fortuna poi scomparse, almeno dalle nostre parti. Non tanto per intervento provvidenziale della Vergine nera di Częstochowa o altre sue colleghe in santità, o per cure floreali e sedute di meditazione spirituale. Ma grazie alla medicina e in particolare agli stramaledettissimi (da qualcuno) vaccini.

Quindi la storia ci dice che nel complesso i vaccini servono, altroché. E ai sedicenti paladini della libertà che li rifiutano o li considerano non so bene quale grande truffa, dico: non è una grande libertà quella di ammalarsi e contagiare gli altri e contribuire a tenere in circolazione un virus che rompe le scatole a tutti. Belli e brutti. Qualcuno dice: guarda, quello si è vaccinato e poi è morto, “come fate a non capire?”. Va bene. Quando a scuola si insegnavano le cose cosiddette inutili come latino, filosofia, storia, si diceva che “post hoc ergo propter hoc” ( “dopo questo, quindi a causa di questo”) è un tipico ragionamento che sembra giusto e invece è sbagliato (un sofisma). Come se io dicessi: oggi ho mangiato un gelato al limone e due ore dopo ho rimorchiato. Quindi da adesso mangio sempre gelati al limone così ne becco a carrettate. Elementare, Watson! Il fatto che due eventi si succedano non significa che il primo sia la causa del secondo. (Per convincersene, basta pensare al mio caso: se ho rimorchiato non è perché io abbia preso il gelato al limone ma perché sono terribilmente affascinante e irresistibile. Per informazioni, citofonare Puppo).

Ecco. Se il fatto che vi possa essere un problema dopo il vaccino non significa necessariamente che vi sia relazione, certamente (e qui passiamo al secondo punto) in alcuni casi la relazione c’è. (Quindi io nel dubbio un gelato al limone magari oggi me lo prendo). Perché ogni cura ha le sue controindicazioni. Nel caso del vaccino che ho preso io (AstraZeneca), i dati non sempre sono semplici da leggere, ma qualche controindicazione c’è: in media, direi una decina di effetti collaterali seri ogni milione di dosi. Uno ogni centomila. Se capita a te, ti fa girare le ciribiricoccole, chiaro come il sole. Però in assoluto è poco, pochissimo. E rinunciare al vaccino, per questa remota possibilità di un caso sfigato, significa accettare la invece concretissima e molto più alta probabilità di ammalarsi, contagiare gli altri e lasciarci penne e piume.

L’ultimo punto che sembra interessare molto i no-vax è quello delle varianti. Bravi furbi (dicono), cosa vi vaccinate a fare, visto che il virus muta e quindi domani vi potrete ammalare lo stesso, nonostante il vaccino? Anche qui, torniamo al caso del sofisma (ragionamento che sembra giusto. Ma non lo è). Una cosa è chiara: il virus muta finché riesce a vivere e propagarsi. Più alta è la percentuale di persone vaccinate, meno spazio il virus trova per restare in circolazione ed eventualmente variare. Se invece resta un numero alto di persone non vaccinate, il virus riesce a sopravvivere, a variare e probabilmente dovremo vaccinarci di nuovo tutti per far fronte alle nuove varianti. Vaccinarsi tutti, insomma, serve anche a vaccinarsi meno, in futuro.

E insomma, cari anti-vaccinisti. La vostra verve polemica e il vostro spirito indomito e ribelle riservatelo per cose più serie (e Dio sa se ce ne sono), e datemi retta: fate anche voi ´sto cavolo di vaccino. Così poi il COVID lo mettiamo nel cassetto della storia insieme a vaiolo, poliomielite, febbre gialla, difterite, tetano e tutta la favola bella della natura bella e buona sciupata dall’essere umano. Quella favola bella che ieri t’illuse e oggi illude ancora qualcuno.

Maurizio Puppo

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Maurizio Puppo
Maurizio Puppo, nato a Genova nel 1965, dal 2001 vive a Parigi, dove ha due figlie. Laureato in Lettere, lavora come dirigente d’azienda e dal 2016 è stato presidente del Circolo del Partito Democratico e dell'Associazione Democratici Parigi. Ha pubblicato libri di narrativa ("Un poeta in fabbrica"), storia dello sport ("Bandiere blucerchiate", "Il grande Torino" con altri autori, etc.) e curato libri di poesia per Newton Compton, Fratelli Frilli Editori, Absolutely Free, Liberodiscrivere Edizioni. E' editorialista di questo portale dal 2013 (Le pillole di Puppo).

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