Un’estate italiana. Di Gianni Priano: ‘Ultima Estate’

L’altra sera ho visto una cosa, non ricordo su quale canale che i canali me li confondo: non sono questi canali mica più i trenta canali con cui avevo quasi dimestichezza. Ne sono spuntati altri venti, tipo. E poi ci sono i canali della rete che orièntati se sei capace e c’è roba che scompare da instagram e compare su facebook e ricompare su instagram. O su badoo. Agli sporcaccioni ricompare anche su badoo.

Questa cosa che non ricordo più su quale canale l’ho vista era una cosa sull’ estate dei primi anni settanta o della seconda metà dei sessanta e c’ era un intervistatore che intervistava le casalinghe di Civitavecchia: non belle non brutte non vecchie non giovani più povere che ricche ma non poverissime però ricche neppure per sogno; e gli chiedeva  l’intervistatore alle casalinghe cose tipo: a che ora si è svegliata questa mattina e cosa ha preparato come pranzo al sacco da portare alla spiaggia e una casalinga grassa ha risposto che si era svegliata alle quattro, come ogni domenica d’ agosto se non piove e una casalinga magra ha risposto che aveva preparato le melanzane alla parmigiana già sabato, così per il giorno dopo erano pronte da portare al mare.

Perché quelli di Civitavecchia, Latina e Roma la domenica d’estate andavano prima a messa e poi al mare o al mare e basta. Sulla seicento o sulla ottocinquanta: perchè siamo nel sessantasei o nel settantuno e le macchine della gente più o meno normale sono queste. Oppure in motoretta, si va. O anche in corriera e perfino a piedi. Anche gli uomini vengono intervistati dall’intervistatore e fumano tutti questi uomini intervistati: e non sono ricchi di sicuro e neppure benestanti: sono un po’ poveri, hanno brutti denti e brutti stipendi e nelle orbite tengono ridenti gli occhi per piangere.

E i bambini, i ragazzini di Civitavecchia, Latina, Roma sono lì con il costume e con mamma e babbo che fuma e zia e le melanzane alla parmigiana: sotto il sole rovente e li ripara un po’ un cappello di paglia con una piuma sintetica che non lo sa chi l’ha messa, su quella serie di cappelli che la mamma ti compra dal tabacchino o dalla merciaia, ma chi l’ha messa quella piuma lì voleva richiamarsi ai cappelli degli alpini con la piuma.

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E fa caldo, un caldo benedetto, un caldo di consolazione, un caldo divertente, un caldo musicale, un caldo erotico, un caldo che ma quanto ci mette a arrivare settembre?

E per tanti è l’ultimo caldo e l’ultima estate. Le due parole ultima estate secondo me assomigliano a quelle parole tipo verrà la morte e avrà i tuoi occhi.

Io ogni estate, se parliamo di ultima estate, penso sempre che quella che vivo in quel momento potrebbe essere proprio lei l’ultima estate e penso sempre questa cosa non da sempre ma da quando ho compiuto sessant’anni: cioè da tre anni perchè di anni ne ho fatti sessantadue in primavera.

Ultima estate sembrano anche due parole che potrebbero averle dette in una canzone Ornella Vanoni e Luigi Tenco o in un libro Pavese e Eliot e Dacia Maraini e in un film Bergman e Pupi Avati. Ultima estate sono anche due parole che mi fanno venire in mente l’ultima estate di mia nonna Teresa che mi diceva: ma Gianni dici che toglieranno davvero la lira? E io le dicevo: sì nonna. E lei mi diceva: ma mi sembra strano, c’ è sempre stata. Guarda Gianni:  per me finisce il mondo, vedrai che finisce il mondo.

Che poi lei dopo qualche mese è morta e sono ventiquattro anni che il mondo non è finito.

Ultima estate sono due parole che mi fanno presente che fino a quest’anno sul terrazzo dei Peruzzi (nel Monferrato, in Piemonte, ndr) c’era il problema dei calabroni e via a darci dentro con il calabronicida a lunga gettata da giugno a metà settembre. E adesso calabroni pochi ma invece ghiri su ghiri nell’intercapedine della tettoia sul terrazzo. I calabroni, cavolo: se ti punge un calabrone occhio. Ma i ghiri camminano sulle nostre teste e noi non li vediamo e loro camminano anzi trottano, corrono e piangono. Piangono, i ghiri: come tanti bambini piccoli disabili. Incessantemente. Per intere sere. Che sembrano le ultime sere in un’ ultima estate e io penso: ecco il mondo doveva finire ventiquattro anni fa e secondo me finisce adesso. Porco cane.

Gianni Priano

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Gianni Priano
Gianni Priano è nato a Genova nel 1962. Di mestiere insegna. Vuole andare in pensione così poi è sempre vacanza però in pensione non ce lo mandano e boh. Per lui la vacanza è nel Monferrato. Lavoro e ferie sono cugini di primo grado tra loro e con lui. La vacanza invece è la fidanzata. A lui piace la fidanzata e i cugini vabbè ma la fidanzata è molto meglio.

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