A qualche giorno dalla fine dell’obbligo del telelavoro, prevista in Francia per il 9 giugno, è tempo di fare un primo inventario dei lasciti della singolare esperienza esistenziale che viviamo da più di un anno.
Dal punto di vista strettamente personale, durante il primo confinement ho smesso di bere il caffè, tranne la moka del mattino, mentre col terzo, ho introdotto il rito dei tre bicchierini da 5cl di vino rosso, due all’aperitivo e uno a cena.
Più seriamente, due sono stati i regali ricevuti durante questo periodo di pandemia, entrambi grazie alla radio.
Durante il primo lockdown ho avuto modo di sviluppare una curiosità per il jazz che è diventata una passione. Desideroso di approfondire le mie conoscenze su questa ricchissima forma musicale, avevo voglia di acquistare un dizionario. Una domenica sera, ascoltando TSF Jazz, sono capitato per caso sulla ridiffusione di un’intervista realizzata qualche tempo prima all’autore del Dictionnaire amoureux du jazz, ed essendo nelle vicinanze del mio compleanno, mia moglie me lo ha comprato. Ho passato l’estate a leggerlo e a studiarlo. Ho anche trovato una piccola casa editrice disposta a pubblicarlo in italiano. Mancano solo, la risposta dell’editore francese, e i soldi per pagare la traduzione …
Più recentemente, ho avuto la fortuna di potermi vaccinare con Astra-Zeneca il giorno prima dell’apertura delle celebrazioni del bicentenario della nascita di Gustave Flaubert. Così, quando sabato 17 aprile, ho cominciato a sentirmi male per gli effetti del vaccino, mi sono messo a letto ed ho ascoltato tutte le trasmissioni radiofoniche programmate quel giorno da France Culture (vedi Flaubert 21, programmation spéciale).
Ne è nato un grande interesse, confortato dall’incontro casuale (al mercato) con un mio vecchio professore di Sciences Po, Michel Winock, che avevo ascoltato durante Concordance des temps, la trasmissione di Jean-Nöel Jeanneney. Dal fruttivendolo, l’ho congratulato per la prestazione e gli ho confessato che stavo leggendo Madame Bovary. Mi ha osservato incuriosito e mi ha risposto : “ma come, non lo aveva già letto?”. Un po’ déstabilisé ho replicato : “mah sà, sono italiano e facevo Sciences Po …”. Senza scomporsi mi ha risposto che il libro era stato tradotto in italiano e mi ha consigliato il suo articolo pubblicato sulla rivista L’Histoire del mese di giugno (n° 484) in cui era riprodotta la copertina dell’edizione italiana di “Gustavo Flaubert”.
Sulla rivista che sono corso a comprare, era annunciata la prossima pubblicazione, da parte dello stesso professore già autore di una biografia chez Folio, de Le monde selon Flaubert e, qualche giorno dopo, ho visto il libro troneggiare al centro della vetrina dedicata al grande scrittore dalla libreria Albin Michel sul Boulevard Saint Germain (ben ventisette titoli tra nuove pubblicazioni, vecchi testi e riedizioni).
“Le monde selon Flaubert”, pubblicato da Tallandier, è un libro straordinario in cui Michel Winock ha riunito alcuni tra i più bei passaggi dell’opera del fondatore del romanzo moderno tratti, oltre che dalle sue opere, dalla sua sterminata corrispondenza (cinque volumi della Pléiade). Ne emerge un ritratto affascinante di una personalità sui generis che, attraverso un lavoro incessante sullo stile, ha dedicato la sua esistenza all’esaltazione della bellezza ed alla critica feroce della società del suo tempo e della stupidità umana.
Di Paolo Modugno