Un italiano in giro in Albania. Cronaca 3: La sposa albanese

Statuetta Albania e Kosovo

(Estate 2023) Sogni e incubi dell’Albania sono in vendita, a poco prezzo, nel bazar di Kruja, città medievale in montagna dal panorama strepitoso. Una buffa e graziosa statuetta mostra due donne abbracciate, in abiti tradizionali. Rappresentano l’Albania e il Kosovo (la cui popolazione è maggioritariamente albanese). Il sogno è la “grande Albania”: l’unione delle zone di cultura albanese disperse tra Bulgaria, Serbia, Montenegro e Grecia.

L’incubo invece è quello della Ciamuria, regione costiera dell’Epiro, al momento dell’uscita dall’impero ottomano assegnata alla Grecia invece che alla nascente Albania. Qui la lingua albanese fu proibita, soffocata. Molti albanesi musulmani (considerati “turchi”) furono deportati in Anatolia; gli altri espulsi o sterminati alla fine della Seconda Guerra Mondiale, con l’accusa (fondata, ma usata come pretesto per regolare i conti con una minoranza etnica) di avere collaborato con l’Italia fascista. Le testimonianze raccontano di un massacro, nel giugno 1944: donne incinte sventrate, uomini fatti a pezzi. L’eterna spirale dell’odio.

Quaranta anni (1944-1984) di Albania socialista

A pochi passi, trovo un libro fotografico di propaganda del regime comunista di Hoxha: Quaranta anni (1944-1984) di Albania socialista”. Le foto mostrano i giorni della resistenza antifascista. Hoxha con il cappello in mano, tra la gente. Centrali elettriche in cui, tra i tecnici, giovani donne vestite modernamente prendono appunti. Campi di grano. Librerie, biblioteche e università. Una vita che appare laboriosa, modesta ma felice. (Anzi, senza «ma»: modesta e felice). Un sogno che mascherava un incubo totalitario, poi trasformatosi in caos dopo la caduta del regime.

Nel 1991 il PIL albanese si dimezzò, causando l’emigrazione di massa verso l’Italia. Nel 1997, una spaventosa crisi finanziaria fece cadere il paese in mano a bande armate. Una nave militare italiana speronò una barca che era omologata per dieci persone e ne portava 120, in fuga dalla guerra civile. Morirono quasi tutti, tra cui molti bambini.

Albania – Kruja FOTO M.P.

Ma forse questi sogni, o incubi, cominciano a sbiadirsi. L’Albania di oggi (almeno quella che si intuisce nei luoghi gettonati dal turismo) sembra averli sostituiti con un modello “superegoico” che fa pensare all’Italia degli anni Ottanta. Una voglia collettiva di consumo, l’ostentazione di un finto lusso che confina con il kitsch. La stazione balneare Vlora (spiaggia attrezzata, mare turchese ma inquinato) sembra l’Italia di trenta o quaranta anni fa.  Strade intasate di macchine (molte nuove e di grossa cilindrata), bloccate da sconcertanti parcheggi in seconda e terza fila. In un ristorante, le foto in cornice di Marlon Brando nel Padrino e di Al Bano; la televisione perennemente accesa.

L’Italia vista da qui è una sorella maggiore, seducente, mediterranea ed europea. I marchi italiani (telefonia mobile, che assedia i turisti già al porto di Durazzo, banche e abbigliamento) segnano il territorio. La suggestione che, storicamente, la cultura italiana esercita sull’Albania è simile a quella esercitata sull’Italia, in passato, dalla cultura francese e ora, sempre di più, da quella anglosassone. Nella lingua albanese ci sono circa 6000 italianismi; gli esercizi commerciali (talvolta probabilmente per darsi un tono chic) usano nomi ispirati all’italiano: e così abbondano negozi di (sic) parrukieri, estetika, fotograf. Dappertutto si parla un italiano  «veicolare», semplificato ma utile per comunicare. (Anche se i più giovani parlano meglio l’inglese, con un accento disinvoltamente americano che tradisce la frequentazione delle serie televisive).

La sposa albanese nel bazar di Kruja- FOTO M.P.

Tanti albanesi all’inizio degli anni Novanta scapparono dalla povertà venendo in Italia. Ora sono gli italiani (seguiti a ruota, a occhio e croce, da francesi e olandesi) a riversarsi in Albania per fare vacanze low cost. I loro soldi probabilmente aiuteranno l’Albania a realizzare un sogno. Non più quello della Grande Albania, o dell’Albania socialista; ma quello di diventare una piccola Italia balcanica, rivestita di modernità tecnologica e modesto benessere consumista. C’è una coppia di sposi nelle strade colorate del bazar di Kruja. Lui ha faccia e pettinatura a metà tra i personaggi dei film di Kusturica e quelli dei vecchi «cinepanettoni» italiani. Lei posa per le fotografie nuziali, e senza saperlo ci racconta un sogno che è stato anche il nostro.

(Maurizio Puppo, 10 agosto 2023)

LINK alla cronaca albanese 1: I fantasmi di Tirana (rubrica Italiani in giro)

LINK  alla cronaca albanese 2: Case non ancora finite e già in rovina

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Maurizio Puppo
Maurizio Puppo, nato a Genova nel 1965, dal 2001 vive a Parigi, dove ha due figlie. Laureato in Lettere, lavora come dirigente d’azienda e dal 2016 è stato presidente del Circolo del Partito Democratico e dell'Associazione Democratici Parigi. Ha pubblicato libri di narrativa ("Un poeta in fabbrica"), storia dello sport ("Bandiere blucerchiate", "Il grande Torino" con altri autori, etc.) e curato libri di poesia per Newton Compton, Fratelli Frilli Editori, Absolutely Free, Liberodiscrivere Edizioni. E' editorialista di questo portale dal 2013 (Le pillole di Puppo).

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