Un dono per il Vittoriale: oltre 3000 manoscritti di D’Annunzio della collezione Martino Zanetti.

Il Vittoriale richiama alla mente degli Italiani e non solo il nome del poeta D’Annunzio che volle crearsi un culto proprio nella villa di Gardone Riviera sul lago di Garda che elesse a suo rifugio prima ed a sua memoria per il futuro.

Ho visitato il grande complesso monumentale del Vittoriale degli Italiani, inaugurato nel 2000: lì il giardino, le stanze, il teatro, gli oggetti, i libri, le pietre stesse suggeriscono lo spirito del “vate”che ha lasciato la sua impronta nell’ultima sua dimora, una sorta di empireo, circondato dalle sue collezioni d’arte e dalle sue glorie umane, cimeli di guerra, trionfi terreni, riconoscimenti e premi.

D'Annunzio, foto Evolena di Altritaliani

Ultimamente si è appreso che Martino Zanetti, presidente della società imprenditoriale Hausprandt (1892), ed appassionato cultore del poeta, donerà al Vittoriale la sua ricca collezione, che possiede da circa trenta anni, press’a poco tremila esemplari, comprendenti testi autografi, lettere e discorsi pubblici ed il manoscritto di La vita di Cola di Rienzo nella sua prima stesura, una parte del prezioso patrimonio, vanto della cultura italiana ed europea, del periodo dei fasti del Decadentismo.

Egli infatti dice di riconoscersi in questa corrente che fu la culla di tante forme artistiche e culturali moderne del Novecento.

Complesso monumentale del Vittoriale degli Italiani

L’influsso di D’Annunzio andò oltre l’hortus conclusus del provincialismo italiano ed incise non solo in campo letterario, ma sul costume e su tutta la società per parecchi decenni. Il suo segreto di diffusione era nell’aver attinto nuove, vitali energie da diverse fonti europee, spinto da curiosità sensazionali nell’aprire al barbarico, al primitivo, alla sensualità appassionata.

Il dannunzianesimo fu questo coacervo di estetismo, superomismo, disprezzo della morale borghese, erotismo ed esaltazione della natura.

Nella sua poetica sono racchiusi echi di Nietzche, Dorian Grey, Des Esseintes, Verlaine, Rimbaud che largamente risuonavano dalla Germania all’Inghilterra alla Francia, per rendere il respiro del nuovo secolo e creare i presupposti di una sensibilità, smaliziata e audace.

La Priora: l'officina

Ma dannunzianesimo voleva pure dire culto della bellezza e della parola raffinata, piacere di forti emozioni, desiderio di gloria, inno alla vita e ricerca di grandi avventure in un trionfo di luci, colori, suoni di sapore paganeggiante. Tutto l’opposto di oggi rientrante in un cerchio oscuro di intrighi, maledizioni e condanne.

Le lettere, annesse al dono di cui sopra, appartengono a donne amate dal poeta, Edda o Lalla ed Evelina, rispettivamente la prima e l’ultima di una nomenclatura che ha ormai fatto il suo tempo, rispondenti ad una femminilità circoscritta alla figura di donna fatale e ad un tipo d’amore mondano come richiedeva la vita “inimitabile”.

Lettera di D'Annunzio, collezione Zanetti

Piuttosto La vita di Cola di Rienzo, al secolo Nicola di Lorenzo Cabrini, pubblicata dall’autore tra il 1905 il 1906 sulla rivista “Rinascimento” e poi in volume con un ampio proemio, nel 1913, può offrire qualche commento, non nel senso del suo significato storico, cioè d’un tribuno del 1313, caro al Petrarca per aver offerto un esempio di dedizione all’esaltazione degli ideali di libertà ed unità, quanto come studio e raffronto delle varianti linguistiche.

Il manoscritto offerto è infatti il primo capitolo d’una serie, mai portata a termine di Vite di uomini illustri e di uomini oscuri, così fitto di annotazioni e correzioni linguistiche che può servire come termine di confronto con gli altri scritti sullo stesso Cola presenti già al Vittoriale. Il D’Annunzio sperimentava il modo migliore per esaltare il coraggio e l’audacia del personaggio eletto tribuno romano nel 1347.

Questo lascito, considerato il tempo nel quale giunge al Vittoriale, sigilla la definitiva conclusione di un’epoca di illusioni e di utopie. Ma piuttosto che preludere al trionfo di una cultura tutta europea com’era nel progetto, sottolinea la sua involuzione e la sua tendenza ad esiti inimmaginabili.

Gaetanina Sicari Ruffo

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Gaetanina Sicari Ruffo
Gae(tanina) Sicari Ruffo è purtroppo venuta a mancare nel 2021. Viveva a Reggio Calabria. Già docente di Italiano, Latino e Storia, svolgeva attività giornalistica, collaborando con diverse riviste, tra cui Altritaliani di Parigi, Calabria sconosciuta e l’associazione Nuovo Umanesimo, movimento culturale calabrese. Si occupava di critica letteraria, storica e d’arte. Ha pubblicato i saggi Attualità della Filosofia di D.A. Cardone, in Utopia e Rivoluzione in Calabria (Pellegrini, 1992); La morte di Dio nella cultura del Novecento, in Il Santo e la Santità (Gangemi, 1993); La Congiura di Tommaso Campanella, in Quaderni di Nuovo Umanesimo (1995); Il Novecento nel segno della crisi, in Silarus (1996); Le donne e la memoria (Città del Sole Edizioni, 2006, Premio Omaggio alla Cultura di Villa San Giovanni); Il voto alle donne (Mond&Editori, 2009, Premio Internazionale Selezione Anguillara Sabazia). Suoi anche i testi narrativi Là dove l’ombra muore (racconti Premio Internazionale Nuove Lettere, 2010); Sotto le stelle (lulu.com, 2011); La fabbrica dei sogni (Biroccio, 2013); la raccolta di poesia Ascoltando il mare (Pungitopo, 2015).

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