ULTIMO VOLO, l’opera di teatro musicale scritta da Pippo Pollina sulla strage di Ustica in prima assoluta in lingua francese a Parigi i prossimi 29 e 30 novembre 2013 al teatro Espace Jemmapes, Paris 10e. Chi puo’ non manchi all’appuntamento! Ecco l’intervista di Pietro Bizzini per Altritaliani all’artista siciliano.
La strage di Ustica, ottantuno persone in volo di linea da Bologna a Palermo uccise, trentatrè anni senza colpevoli. Siamo davanti all’Italia dei misteri ben nascosti per non rivelare le “verità scomode” di chi governa il sistema politico nazionale ed internazionale.
Pippo Pollina con quattro musicisti porta in scena Ultimo Volo (Le dernier Vol – Oraison civile pour Ustica) a Parigi, spettacolo in cui l’aereo abbattuto racconta l’accaduto e la musica guida lo spettatore ad una riflessione ampia e profonda su cosa significa Ustica nella coscienza di chi ancora crede nella giustizia. La parte recitante dello spettacolo sarà in versione francese (traduttore Olivier Favier, regia Giampaolo Gotti).
(canzone sesta, l’ultima canzone dell’opera con orchestra, l’invettiva…..)
Pietro Bizzini per Altritaliani: Avrei decine di domande da farti, faccio fatica a concentrarmi sulla tua ampia capacità musicale e poetica davanti alla strage di Ustica.
Parlare di teatro su una ferita ancora aperta nella coscienza umana e civile italiana è difficile. Fare uno spettacolo su una strage può sembrare cinico ed invece…
Pippo Pollina: L’opera mi è stata commissionata dal consorzio teatrale Accademia Perduta, dalla regione Emilia Romagna e dall’associazione dei Parenti delle vittime di Ustica. Gli scrupoli erano piuttosto legati alla possibilità di dire qualcosa di nuovo visto che esisteva già allora ampia letteratura in merito.
P.B.: Quant’è stato difficile scrivere Le Dernier Vol, prendere gli strumenti musicali in mano e far convogliare l’aspra tensione che dà la storia della strage di Ustica?
P.P.: Piu’ che parlare di difficoltà nella stesura del racconto teatrale e musicale direi che la chiave di volta è stata quella di trovare un elemento che favorisse l’interseco dei piani narrativi e che non avesse il piglio scientifico o giornalistico. Io volevo sublimare il concentrato di emozioni e di suggestioni che la vicenda di Ustica ha generato. Fare in modo che chiunque si confrontasse con questa storia, anche coloro che non ne avevano mai sentito parlare, venissero stimolati a saperne di più e a prendere posizione . Ecco perchè l’idea di personificare l’aereo è stata vincente non solo per giustificare un’ennesima opera su Ustica ma anche per riuscire a spiegare passo dopo passo che cosa ha rappresentato fisicamente il DC 9 abbattuto e come esso nel suo apparente silenzio abbia finito per assumere un valore testimoniale.
(trailer del DVD della prima di Ultimo volo il 27 giugno 2007 a Bologna)
P.B.: Nello spettacolo sembra che la ricerca della verità tocchi la struttura stessa dell’esistere, dell’esserci. Una ricerca di senso sull’umanità. Come farlo davanti ai “muri di gomma” dello Stato? Come sei riuscito a portare questa riflessione al pubblico di Le Dernier Vol?
P.P.: Perchè quando si viene coinvolti in una vicenda « estrema » allora si tocca con mano il senso profondo della vita. Quegli aspetti che l’esistenza nel suo esercizio quotidiano tende a farci dimenticare. Ecco quindi che di fronte alle umane tragedie si arriva alle domande fondamentali e di fronte ad esse non possiamo scappare via o far finta di nulla.
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(Pippo Pollina: Grida No,… una canzone significativa)
P.B.: Abbiamo appena ricordato il disastro del Vajont; a Ustica: 81 morti senza colpevoli. Parole come “sicurezza del cittadino”, “rispetto per le vittime”, “la giustizia è uguale per tutti” hanno ancora senso oggi?
P.P.: No. Non hanno senso nè probabilmente mai lo hanno avuto. E’ una convenzione che sostiene i concetti di democrazia occidentale che pero’ presentano lati debolissimi e che vengono fuori ogniqualvolta accade un fatto simile a quello di Ustica.
« Se le verità uscissero fuori il mondo precipiterebbe nel caos » dice appunto nel dialogo con un cittadino « la patria immaginaria », in uno dei dialoghi di Ultimo volo. Credo fermamente in questo. Ma credo anche che il mondo stesso dopo un periodo di violenze rinascerebbe sulle sue ceneri e proverebbe di trovare un nuovo sistema di convivenza.
P.B.: Leggendo vari scritti sulla tragedia di Ustica, molti si sono stupiti di avere una guerra nei cieli italiani in pieno tempo di pace, ma questo “tempo di pace” è mai esistito?
P.P.: Se si pensa ai grandi conflitti mondiali e si pensa all’Europa occidentale allora sostanzialmente non si puo’ negare. Questo pero’ costa un prezzo altissimo presso altre zone di mondo. L’industria bellica produce armi che presto o tardi debbono essere utilizzate.
Poi i fatti come Ustica dimostrano l’esistenza di movimenti che sfuggono alla nostra attenzione e che attentano alla pace nei nostri territori. Alcune volte vengono fuori. Molte altre rimangono sconosciuti ai più.
Pippo Pollina: Due di due.
P.B.: L’uscita del tuo nuovo album, altrettanto bello, “La storia non conosce padroni”, è caratterizzato da canzoni che portano alla ribalta storie di singoli che diventano patrimonio universale, “storie di tutti”. Come hai esercitato questa capacità, questo sguardo ampio e accogliente che si può percepire nella tua poetica?
P.P.: Mi è sempre piaciuto cantare e scrivere di personaggi che hanno lasciato un segno importante della loro vita. Uomini e donne che di solito hanno « perso « . Ma che sono riusciti a dare un segnale di speranza e di forza straordinario.
In questo senso credo fortemente nell’importanza della sconfitta. Dalla sconfitta impari sempre qualcosa. Dalle vittorie no.
P.B.: Dopo trent’anni di carriera, qual’è l’episodio che t’ha colpito di più e quello che ti poteva spingere a smettere di scrivere musica?
P.P.: Non c’è un episodio in particolare.
Se debbo essere sincero negli ultimissimi anni ho pensato sempre piu’ spesso al momento in cui arriva l’esigenza di smettere. E che forse, come gli sportivi che appendono le scarpette al chiodo ancora giovani, sarebbe stato il caso di lasciare un buon ricordo di se abbandonando le scene ancora in ottima salute di spirito e di voce. Poi pero’ il piacere del canto ha il sopravvento.
Pietro Bizzini
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