“E ognuno è solo su questa terra su sfondi di cielo, di mare o di montagne”. (Francesco Biamonti)
Oggi osserviamo la frontiera attraverso due immagini.
Una è quella offerta da un quadro, famoso, di Claude Monet, “Corniche near Monaco”, esposto al Rijksmuseum di Amsterdam. (foto commons.wikimedia.org)
L’altra è la foto di una migrante sul “sentiero della montagna”, verso Mentone. (foto di Filippo Lombardo)
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Trovo delle grandi similitudini tra queste due immagini, c’è qualcosa di misterioso e di magico che le lega: il cielo, la terra, la vegetazione, il sentiero in primo piano, il silenzio della natura. Il luogo.
Due strade, a pochi passi l’una dall’altra, ma a 140 anni di distanza.
In entrambe c’è un essere umano che cammina solo, visto di spalle.
Siamo alla frontiera tra Italia e Francia.
Gennaio 1884, Monet arriva sulla costa, risiede a Bordighera alla “Pension Anglaise”, e gira, gira in lungo e in largo la costa e la frontiera, famelico di luce-colori-profumi-atmosfere.
2023, data imprecisata, la persona migrante arriva sulla stessa costa chissà da dove, in cerca di una vita, di un futuro, e gira, gira inquieta la costa, come migliaia di altri migranti prima e dopo di lei.
Chi sarà quella migrante?
Quale sarà la sua storia?
Quali le sue paure, i suoi affetti, i suoi sogni?
Non ci è dato capire.
In ogni caso una persona migrante che cammina per sopravvivere, una clandestina sul “sentiero della montagna” che porta in Francia, percorrendo la sua personalissima, irripetibile via crucis.
Anche il viandante di Monet cammina verso ponente, verso il promontorio della « Tête de Chien » (vicino a La Turbie), forse per il piacere del viaggio, alla scoperta di qualcosa, lungo la via Julia Augusta.
Chissà i loro pensieri.
“Quanta strada mi resta ?…”
« Devo assolutamente raggiungere quel confine …”
“Forse là c’è una discesa a mare. “
« Non preoccuparti, le strade ti portano sempre da qualche parte, anche quando ti perdi.”
Un cuore è sicuramente in subbuglio, consapevole che la vita è tutto ciò che ha, l’altro, per quanto possiamo immaginare, forse più sereno, magari addirittura gioioso.
Entrambe sono 2 solitudini in natura.
C’è in entrambe un rapporto con il paesaggio.
Come se la natura che avvolge l’uomo avesse bisogno dell’uomo stesso per essere. Per esistere.
La persona migrante non lo sa, ma lei stessa dà un senso a quel sentiero dimenticato, a quella natura avvolgente, ma vuota senza di lei.
Quello che è curioso, c’è un altro quadro dipinto da Monet, identico a questo, ma senza viandante.
L’uomo qui ritratto da Monet potrebbe essere il pittore stesso, lui stesso viandante.
Come se avesse poi avuto un secondo pensiero.
E se Monet avesse dipinto una visione del futuro ?
Avesse intravisto in un attimo visionario questa realtà di oggi ?
Che avesse sentito il migrante arrivare, come in sogno ?
Oggi queste domande sono senza risposta.
“Glissez, mortels, n’appuyez pas”
(scivolate, mortali, non appoggiatevi)
(trad. di F. Biamonti di un verso di Pierre-Charles Roy – XVIII secolo)
P.S.: Successivamente abbiamo chiesto un commento a Filippo Lombardo sulla sua fotografia:
“Questa foto è l’emblema della volontà di migrare: la forza e la determinazione di questa migrante che, costretta a scendere dal treno a Ventimiglia perché senza documenti, e a lasciare che il marito, in regola con il piccolissimo figlio, proseguisse verso la Francia. Rilasciata, la sua fortuna, nella più grande disperazione, è stata quella di trovare un aiuto che l’ha portata sul sentiero della montagna, da cui ha percorso i 40 km a piedi fino alla stazione di Nizza, da cui poi è ripartita con la famiglia”.