Nei “Fratelli Karamazov” di Dostoevskij, Dmitrij Fëdorovič rivolge a suo fratello Alesa le seguenti domande: “E se non esistesse? Se avesse ragione Rakitin, quando dice che questa convinzione degli uomini è artificiale? Se Dio non c’è, allora l’uomo è il re della terra, dell’universo. Magnifico!”
Interrogativi, quelli posti dal personaggio dostoevskijano, vecchi quanto il genere umano e che ci riportano ai tempi del mito, quando l’uomo stesso approcciava la realtà unicamente con la riflessione, direttamente, senza mediazioni conoscitive o intellettuali di alcun genere. Il ragionamento sull’esistenza del divino ha caratterizzato fin dall’inizio il pensiero dell’uomo primigenio. Attraverso la ponderazione e il raccoglimento, esso cerca risposte e rassicurazioni e soprattutto la conferma di una presenza trascendentale che possa spiegare i fenomeni che si manifestano in natura e le forze che regolano l’universo.
Con il passare del tempo il rapporto uomo-realtà circostante è diventato sempre meno immediato. Esso diventa viepiù indiretto e si fa influenzare dalle evoluzioni del pensiero scientifico e filosofico.
La riflessione religiosa e quella sulla fede occupano anche oggi uno spazio rilevante all’interno della vita interiore dell’uomo comune ma anche di quella dei filosofi, letterati e artisti di varia estrazione. Una estrema diversità di vedute sul problema religioso viene manifestata attraverso opere letterarie e poetiche, trattati di filosofia, pellicole cinematografiche, opere pittoriche e anche attraverso le canzoni.
Nel libro-conversazione con il giornalista Antonio Gnoli, “Passo d’uomo” (Laterza, Bari 2016), quello che attualmente potremmo forse considerare come il nostro più grande scrittore di canzoni vivente, Francesco De Gregori, afferma di considerare la fede non come un bisogno di certezze ma come l’accettazione di una mancanza. “Se dovessi definirmi un uomo con o senza fede, alla fine propenderei per la prima soluzione. Ma è un po’ come spaccare la questione con l’accetta.” E ancora: “[…] ho sempre pensato che il messaggio cristiano fosse molto affascinante, intendo il discorso sull’amore e sull’amare il prossimo.” De Gregori afferma a chiare lettere di sentirsi culturalmente vicino alla visione cristiana delle cose e degli uomini, di esserne ammaliato e di condividere la visione evangelica della vita. Con dispiacere ammette di essere laico. In una intervista curata da Silvia Boschero pubblicata sull’Unità del 16 Febbraio del 2006 (noi l’abbiamo reperita su http://www.ilportoritrovato.net/html/degregori9.html ) il cantautore romano dichiara: “Mi piacerebbe credere, vorrei tanto. L’uomo che veramente crede ha un grande privilegio: ha una chiave di lettura della vita, della morte, dei sentimenti. E invece il laico vive una condizione più dolorosa…”
In una delle più belle e sentite canzoni dei suoi anni più recenti, “La casa”, terza traccia di un album del 2006, “Calypsos”, De Gregori canta:
“Costruisco questa casa/senza ferro né cemento,/costruisco questa casa,/senza tetto e pavimento,/costruisco questa casa,/senza tetto e fondamento.//E ci faccio quattro porte,/per i punti cardinali/che ci possa entrare il cane,/che ci possa entrare il cane,/quando sente i temporali,/quando cambia la stagione,/costruisco questa casa/con il legno ed il cartone…//E ci pianto quattro rose/per i quattro evangelisti,/e ci pianto quattro rose/e ad ognuna do il tuo nome/e le guardo arrampicarsi,/sopra il legno e sul cartone…//[…]//E ci pianto quattro spine,/quattro spine dolorose,/e ci pianto quattro spine,/quattro spine, quattro rose,/che raccontano la vita,/che raccontano l’amore,/quattro spine quattro rose/da portare dentro al cuore…//E ci metto quattro vigne,/per il vino di Settembre…/E ci metto la scommessa,/che ti voglio amare sempre…//[…]
La canzone, uno dei momenti più alti della spiccata propensione di Francesco De Gregori alla melodia, è di semplicissima struttura. Essa è dominata dalle delicatissime sonorità della chitarra acustica e del pianoforte; ad esse, in crescendo, si aggiungono man mano quelle degli archi che conferiscono al pezzo un incedere maestoso. Il testo, come si è potuto leggere, è un vero gioiello. Lo è per modalità espressive ma ancor di più per il profondo significato che esso, cosi esplicitamente e sinceramente, riesce a esprimere: chiara appare la fragilità delle cose transitorie connaturate alla condizione dell’uomo, che sulla terra trova appagamento attraverso la fede, i sentimenti e le passioni.
Sempre nell’intervista del 2006, rilasciata in occasione dell’uscita di “Calypsos”, a proposito del testo della canzone e del tutto coerentemente con le sue convinzioni in tema di fede e spiritualità, De Gregori spiega che “La casa è una canzone sulla fragilità. Sul fatto che costruiamo sempre qualcosa che è destinato a crollare. Non è pessimismo, è disincanto. E, proprio a proposito di religione, qui dico che, anche se non possiamo credere ad un paradiso, comunque non è sulla terra la vita vera dell’uomo. Sulla terra però ci sono i sentimenti, le passioni. Il resto è legno cartone, non c’è né ferro né cemento.”
In tempi di grandi egoismi e di forti contrapposizioni tra popoli come quelli attuali, merita un ascolto attento e riflessioni profonde “La casa”, gemma tra le tante del repertorio degregoriano.
La canzone è in ascolto a questo link: https://youtu.be/BjwuC-8h9pE
Giovanni Graziano Manca