In Francia siamo arrivati a questo. È morto il cofondatore del Fronte Nazionale Jean Marie Le Pen alla venerabile età di 96 anni e nella sera nelle piazze di Parigi e, in altre città, si è liberata la gazzarra di facinorosi della sinistra che hanno festeggiato con canti balli e fuochi d’artificio la morte di quello che uno dei loro cartelli definiva: “Uno sporco razzista”, e naturalmente come da consuetudine nei cortei e nelle manifestazioni by France, si è dato fuoco a cassonetti, automobili e quant’altro.
Che si possa festeggiare la fine di un dittatore ci sta, noi abbiamo festeggiato a piazzale Loreto la fine di Mussolini e dei suoi gerarchi, salvo poi oggi, rivisitare con imbarazzo e critica quegli eccessi che pur sul momento furono comprensibili per un Paese che aveva sofferto le violenze e l’oppressione del regime fascista. Tuttavia, ciò è cosa ben diversa dal festeggiare la morte di un oppositore politico.
Che Jean-Marie Le Pen sia stata una persona le cui esternazioni erano sbagliate e inaccettabili è qualcosa su cui non ci piove, malgrado il tempo uggioso. Per citarne solo alcune, le sue giustificazioni sul collaborazionismo francese nelle deportazioni degli ebrei sotto la dominazione della Germania hitleriana o le sue grossolane battute omofobe, fanno torcere le budella ma il festeggiare la morte di un personaggio politico, che per quaranta e più anni è stato sulla scena politica senza aver mai avuto alcuna leva di potere, è francamente qualcosa di disgustoso, triste e disturbante.

Vedo la Francia di oggi e penso all’Italia di ieri e di oggi. Nel mio Paese quando morì nel 1988 Almirante, il leader dell’allora Movimento Sociale Italiano, la destra neofascista da cui Le Pen prese la fiamma tricolore come simbolo per il suo FN, si erano appena spenti i fuochi degli anni di piombo, lo scontro politico era ancora altissimo e pure nessun partito o gruppo della sinistra inscenò lugubri o chiassose manifestazioni per giubilare l’evento. Anzi dirò di più, quando qualche anno prima morì tragicamente Enrico Berlinguer, leader amatissimo del Partito Comunista Italiano, lo stesso Almirante si recò a salutare la salma del grande sardo suo acerrimo “nemico” e nessuno del servizio d’ordine, nessun comunista pensò di allontanarlo o di sbarrargli la strada.
Questo perché pur con tutta la critica di questo mondo, pur combattendosi aspramente nelle sedi istituzionali come nelle piazze, innanzi alla morte si deve ritegno e rispetto, anche per l’avversario, anche per il nemico. È una questione di civiltà politica, occorre restare umani innanzi alla morte, si tratta di una pietas che io definisco laica prima ancora che religiosa.
Vedere in un paese dalle radici storiche e culturali solide come la Francia, gruppi di canaglie festose che approfittano della morte di Le Pen per abbandonarsi ai loro istinti ferini è davvero spregevole.
Certamente, quei manifestanti sono stati sobillati dal partito di maggioranza nella sinistra (sinistra?) francese ovvero: la France Insoumise e, da uomo di sinistra, ciò mi rende triste. Anche perché questo episodio si aggiunge a tutta una serie di condotte violente e ipocrite che quel partito conduce e avalla.
Un esempio su tutti. Il partito di Mélenchon ha impegnato le Università, loro terreno di caccia, in una battaglia continua antisemita e contro le università israeliane nel nome delle vittime palestinesi di Gaza. Tema legittimo ma poi non dice una parola sulle persecuzioni contro i diritti delle donne in Iran o Afganistan dove si subisce ogni tipo di violenze. Non una parola di denuncia contro l’incarcerazione in Algeria dello scrittore franco-algerino Boualem Sansal che da novembre è in prigione, come altri giornalisti e intellettuali, senza conoscere le accuse, reo solo di aver criticato in un suo libro il regime algerino.
La realtà è che questa sinistra francese, abbandonando ogni afflato di laicità e di libertà, punta solo al sostegno elettorale dei musulmani che qui in Francia hanno una consistente presenza, per cui senza alcuna coerenza ideologica ma senza nemmeno alcun senso di rispetto per la civiltà occidentale in cui vive e opera, si arriva a difendere e legittimare il velo, a dire poco o nulla sui numerosissimi episodi di antisemitismo nel territorio. Facendo di fatto della France Insoumise, già guastata dal moralismo della cultura woke, una sorta di partito teocratico.

Un partito incapace finanche di uno straccio di manifestazione, ma che dico un manifesto indignato, per il professore Samuel Paty, vero martire della laicità, che venne sgozzato come un cane da musulmani fondamentalisti, solo per aver svolto correttamente il suo compito di insegnante ed educatore.
Con queste premesse appare tristemente scontato che da questa sinistra non ci sia stata una sola parola di condanna delle manifestazioni selvagge e odiose per la morte del controverso vecchio politico dell’estrema destra francese. E in politica è proprio vero che chi tace acconsente.
In Francia, sono certo, la maggioranza delle persone sono per bene, pacifiche, educate, ma purtroppo spesso ostaggi della collera, della volgarità e della violenza di gruppi, come la stessa France Insoumise, pur considerandone i successi elettorali, che sono comunque, fortunatamente, una minoranza. Se la maggioranza dei francesi fosse come loro davvero seriamente mi domanderei se vale ancora la pena restare qui a subire questi modi violenti, ostili, in un paese che mediaticamente appare spesso diviso su tutto, pieno di rancori e di sorrisetti ipocriti.
Veleno
Stando a Wikipedia, nel 1944, all’età di 16 anni, Jean-Marie Le Pen cercò di arruolarsi nelle “Forze francesi dell’interno”, che si erano costituite nel 1940 nella Francia occupata per combattere contro i Tedeschi. Ma la sua richiesta fu respinta a causa della sua giovane età.
« I nemici di guerra » si combattono quando sono vivi. E non da morti. Il « modello iene » non è da uomini, anche se sembra essere, purtroppo, il « prêt-à-porter » preferito da molti, in Francia e altrove.
Jean-Marie Le Pen non è stato solo una persona « le cui esternazioni erano sbagliate e inaccettabili », è stato un torturatore durante la guerra d’Algeria, che se l’è scampata nei vari processi solo perché c’era stata un’amnistia. E’ stato un collaboratore della propaganda nazista durante la Seconda Guerra mondiale. Quindi non solo una questione di « opinioni » (sbagliate e inaccettabili) ma veri e propri fatti criminali. Quindi per molti non era solo un oppositore politico, ma un vero nemico di guerra.
Gentile Sig. Giacone, va però precisato che noi non siamo in guerra e per me resta raccapricciante il festeggiamento per la morte di un oppositore politico. La Francia ha bisogno di pacificatori e non di sobillatori. La guerra in Algeria è finita più di mezzo secolo fa e l’amnistia, come fu anche quella del ministro Togliatti nei confronti dei criminali fascisti, serve proprio a questo. Le gazzarre vergognose e gli estremismi di destra o di una presunta sinistra come La France Insoumise vanno per me sempre condannate. La ringrazio del Suo intervento