Con Chirac se ne va uno degli ultimi «grandi vecchi» della politica francese. Se ne va un uomo di terreno, legatissimo a due realtà locali : il suo feudo elettorale del Limosino, nel cuore della Francia profonda, che è una Francia rurale ; e la città di Parigi, di cui è stato sindaco dal 1977 al 1995. I francesi si sono emozionati e magari anche commossi. Non pensano di aver perso un leader. Pensano di aver perso un amico. Uno di loro.
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In questi giorni si è detto tutto di Jacques Chirac. I suoi quarant’anni di carriera politica sono stati rivissuti e vivisezionati per cui c’è davvero poco da aggiungere alle analisi che si trovano un po’ ovunque. Semmai si possono ricordare le sensazioni, le emozioni e anche certe delusioni che sono legate al ricordo che il cronista può avere di lui.
Jacques Chirac era una persona simpatica. Questa considerazione può sembrare banale e poco consona con i criteri sofisticati dell’analisi politica. Eppure nel suo caso era importante, fondamentale. Chirac voleva immedesimarsi nella mentalità del suo popolo. Voleva trasmettere ai connazionali un messaggio di partecipazione alle sue inquietudini e ai suoi entusiasmi. Non aveva bisogno di grandi strategie di comunicazione per capire che i francesi (e non solo loro) vivono un miscuglio di nostalgia, di paura, di delusione e di speranza in questo strano periodo storico a cavallo tra due secoli. Lui ha voluto essere prima di tutto un francese tra i francesi, interpretando ed esprimendo questo cocktail di sentimenti, in parte contraddittori tra loro. Eccolo basare la sua campagna presidenziale del 1995 – quando il suo vero rivale era l’ex amico Edouard Balladur, l’uomo di destra sostenuto dal giovane rampantissimo Nicolas Sarkozy – sull’idea progressista della lotta alla «frattura sociale». Ed eccolo vincere al primo turno, anche grazie a quella percezione politica, la grande sfida a destra, per poi conquistare senza troppi sforzi l’Eliseo al secondo turno contro Lionel Jospin.
Come tante persone simpatiche, Chirac nascondeva male le proprie sensazioni. Se una persona gli stava cordialmente antipatica (come per esempio Valéry Giscard d’Estaing, Silvio Berlusconi o lo spagnolo José Maria Aznar) lo faceva capire anche quando sarebbe stato meglio far finta di niente.
Ricordo una breve conferenza stampa che fece con Aznar nel cortile dell’Eliseo nel febbraio 2003. L’atmosfera era glaciale. Aznar voleva l’intervento militare in Irak caldeggiato dal presidente Bush, Chirac era contrarissimo. Quel no di Chirac agli Stati Uniti è rimasto un momento forte dei dodici anni della sua presidenza. Ma sarebbe sciocco pensare a Chirac come a un paladino del pacifismo. Per lui la pace deve avere i denti d’acciaio e magari di plutonio. La destra gollista di Chirac parlava d’Europa ma lo ha sempre fatto con accenti nazionalisti. Il socialista François Mitterrand e il suo governo erano stati alla base dell’affondamento della nave di Greenpeace (un morto) da parte dei servizi segreti francesi nel 1985 in Nuova Zelanda. Poi Mitterrand aveva accettato la moratoria sui test nucleari che quella stessa nave intendeva disturbare e contestare. Chirac non ha perso un’occasione per rendere omaggio agli 007 che l’avevano affondata e, una volta al potere, ha imposto la temporanea ripresa dei test nucleari sotterranei all’atollo polinesiano di Fangataufa. Gli italiani lo hanno contestato e Chirac è arrivato a cancellare un vertice bilaterale col governo di Roma (allora guidato da Lamberto Dini).
Chirac era un uomo di contraddizioni. Era di destra e ha cercato di incarnare quell’idea di destra nazionalista e al tempo stesso europeista, liberale e al tempo stesso sociale, era contrario (talvolta con accenti durissimi) all’immigrazione «massiccia» e al tempo stesso avversario implacabile dell’estrema destra di Le Pen, che della lotta anti-immigrazione ha sempre fatto la propria bandiera.
Chirac ha vissuto le due « coabitazioni » della storia della Quinta Repubblica : la prima come primo ministro (con Mitterrand all’Eliseo, dal 1986 al 1988) e la seconda come presidente della Repubblica (con Lionel Jospin a Matignon, dal 1997 al 2002). La prima coabitazione è stata tesissima ed è sfociata nella sfida elettorale Chirac-Mitterrand alle presidenziali del 1988, con la sconfitta di Chirac. La seconda è stata costruttiva e ha visto tra l’altro il varo della riforma costituzionale con la riduzione del mandato presidenziale da sette a cinque anni. Tutti pensavano che ci sarebbe stata una nuova sfida presidenziale tra il capo dello stato e il primo ministro uscenti, ma nell’aprile 2002 il socialista Jospin (in difficoltà per la presenza di molte liste a sinistra) non è riuscito neppure ad arrivare al secondo turno. Chirac è stato sfidato da Jean-Marie Le Pen e ha rifiutato di partecipare con lui al tradizionale dibattito tra i candidati all’Eliseo. Con l’estrema destra lui non voleva discutere. Pensava che un muro morale dividesse, e dovesse continuare a dividere, il gollismo dal lepenismo. Anche questa è una lezione di Jacques Chirac.
L’idea di Chirac è sempre stata quella di rifondare e modernizzare il gollismo. Ma siccome viviamo in un mondo di furbizia e brutalità, nel 1974, all’inizio della sua escalation politica, Chirac ha interpretato con cinismo quella stessa idea. Ha rottamato senza scrupoli la destra gollista dei notabili e ha scelto di farlo alleandosi col liberale Valéry Giscard d’Estaing, che è stato così eletto presidente nel 1974. Chirac è diventato il suo primo ministro e lo è rimasto fino al 1976, quando ha sbattuto la porta in faccia a Giscard e ha rifondato e rilanciato contro di lui la destra gollista. Giscard ha in quel momento deciso di ripristinare la carica di sindaco di Parigi (che non esisteva) e Chirac ne ha approfittato facendosi eleggere nel 1977 e restando sindaco fino a quando è entrato all’Eliseo nel 1995.
Chirac era simpatico, ma non era certo tenero nelle sfide politiche. Le leggi della politica sono quelle di una sorta di selezione darwiniana e Chirac lo sapeva benissimo.
Alberto Toscano
« On pense que Chirac est sympathique et peu intelligent. En fait, c’est le contraire: il n’est pas sympathique , mais il est très intelligent ». Frase attribuita a Lionel Jospin.