Renzi e l’Italia Viva.

Più che un paese di santi, poeti e navigatori, il nostro sembra, a vedere la politica, un paese di litiganti, sospettosi e disinformati.

La premessa è necessaria per parlare e riflettere sull’ultima mossa del più discusso, a torto o a ragione, politico italiano di questo nuovo millennio, ovvero Matteo Renzi.
Dopo aver spiazzato Salvini, che dal Papeeete chiedeva di andare subito al voto per avere poteri assoluti, proponendo, ad un impreparato Zingaretti, di fare l’alleanza con i grillini per scongiurare la prevedibile vittoria dell’estrema destra in Italia, Renzi annuncia ora la sua separazione dal PD e la nascita di una nuova formazione politica che, contando su una quarantina tra deputati e senatori, si chiamerà: “Italia viva”.

Matteo Salvini – la destra.

Francamente, per chi segue la politica, questa scelta è sembrata inevitabile e necessaria.

Inevitabile e necessaria perché dall’arrivo di Matteo Renzi ai vertici del partito vi è stato un susseguirsi di lotte interne, una guerriglia, contro il rinnovamento proposto dal fiorentino, che ha portato il partito dal 41% dei consensi alle europee del 2014, al tracollo delle ultime elezioni politiche di marzo dove si è arrivato al minimo storico del 18%. Il tutto passando per le amare vicende della riforma costituzionale con il pedissequo voto referendario del dicembre 2016.

Se l’Italia fosse una democrazia matura, se l’Italia avesse un’informazione seria e professionale e non serva di uno strano intruglio fatto di risentimenti personali, di beghe tra gruppi di potere e pervasa da continui conflitti tra lobby e caste, questa notizia sarebbe stata salutata, senza entrare sui contenuti politici e di merito, come un motivo di chiarimento, come un contributo a rendere più chiaro il fosco scenario della politica italiana.

Invece, sui media, si è iniziato a banalizzare da subito tutto, parlando a casaccio di congiure di palazzo, di voglia di poltrone, del solito cattivo mosso da ambizioni personali ed altre stupidaggini di questo genere.

L’abbiamo detto, il nostro è il paese dei litiganti, dei sospettosi e dei disinformati, aggiungerei senza memoria.

Parlare di “congiura di palazzo” fa sorridere. Quale congiura? In Italia, per Costituzione, tutte le crisi di governo sono di “Palazzo”. Il voto anticipato è infatti l’estrema ratio da esercitare solo ove non si possa trovare una soluzione alla crisi, questo proprio per rispetto degli elettori. Renzi è stato l’artefice del governo Conte 2. Zingaretti, fino ad un minuto prima che il fiorentino dettasse la linea, predicava con Berlusconi la necessità di far cadere il governo giallo-verde e di andare subito al voto e Salvini, visti i sondaggi, si strofinava le mani. Renzi non aveva alcun bisogno, se la questione fosse stata solo di potere, di fare un nuovo gruppo, di fatto poteva gestire il PD pur restando nell’ombra.

Italia Viva: Matteo Renzi e Teresa Bellanova

Parlare di ambizioni personali è un altro fuor d’opera. Premesso che l’ambizione in politica è un elemento necessario, come in tutte le attività umane, ma basterebbe avere un po’ di memoria per capire che Renzi ha commesso diversi errori, finendo a volte nell’eccedere nella personalizzazione della sua azione, ma certo non ha mai agito per un mero egoismo personale.

Accettò la proposta di Cuperlo, che era il suo principale avversario interno, nell’operazione di rimozione del governo Letta, assumendo su di sé il compito di far uscire dalla crisi economica il paese, sostanzialmente riuscendoci, basti vedere i dati economici prima e dopo la sua cura. Gli sarebbe convenuto di più “rosolare” Letta e il suo governo per andare poi alle elezioni e, a quell’epoca, dopo le europee con il record del 41% di consensi, avrebbe vinto a mani basse. Viceversa il suo senso del dovere verso il paese gli impose di prendere da subito in mano le redini politiche del governo.

Finanche oggi, il suo senso dello Stato gli ha imposto di mettere da parte le infamanti campagne di disinformazione dei grillini, contro lui e i suoi, finendo per proporre un governo proprio con i suoi diffamatori pur di scongiurare il pericolo maggiore di una destra estrema al potere (forse da sola) in Italia.

Ed allora resta da capire perché per tutti a cominciare dal PD, sia stato un bene la scelta sofferta di separarsi da un partito a cui aveva dato tutto.
L’Italia è un paese oggi in tensione, spinto da due estremismi populisti, con la metà dei suoi cittadini che non vota più, per mancanza di offerta politica, che ha un centro svuotato, desertificato da una Forza Italia priva di chiarezza ed ostaggio del suo vecchio Berlusconi che sembra incapace di una proposta politica che non si riduca alla clemenza del giudizio di Salvini e da un PD che resta cronicamente chiuso nei suoi fantasmi, ché ancora oggi non trova un progetto politico originale ed innovativo. A pensare bene, la sinistra italiana è dal compromesso storico, parliamo di una cinquantina di anni fa, che non riesce ad avere una visione chiara, un progetto concreto da proporre al paese.

Renzi un progetto l’aveva e l’ha, considerando le trasformazioni che si sono avute e che sono in corso nel mondo e in Italia. Una sinistra più liberale, meno collettivista, che incoraggiasse il merito, che non demonizzasse più il capitalismo, cercando tuttavia in esso delle forme più umane e produttive, che desse spazio ed attenzione ai diritti civili: le unioni civili, i diritti dei disabili, l’impegno per l’integrazione degli immigrati in un mondo globalizzato, lo “Ius soli”, il recupero di competenze e capacità ridando valore e importanza alla scuola, alla ricerca. La lotta ai gruppi di potere, le “lobby”, le caste, che sono i veri poteri forti del paese, la sburocratizzazione dell’amministrazione, altro centro di potere capace di depotenziare qualsiasi riforma. Il suo PD fu, per una breve stagione, il riferimento dei giovani, non si richiamava al socialismo, non evocava i vecchi miti del PCI, tanto da riferirsi più ad Obama, a Tony Blair che ai “moloch” della vecchia sinistra, fino a contestare il dittatore Maduro, che tanti nostalgici vedono con malcelata simpatia. Differenze finanche nel modello elettorale. I renziani sono stati sempre, come lo era anche Veltroni, dei convinti maggioritari; oggi il partito di Zingaretti invoca a sorpresa il ritorno al proporzionale puro. Differenze anche nel linguaggio. Renzi non ama il politichese che invece appare imprescindibile dalla cultura della “vecchia” sinistra.

Contro l’estremismo e il populismo, lo sguardo di Renzi e del suo progetto va ai moderati ed in particolare ad una visione post-ideologica che privilegi la risposta ai problemi reali, puntando sulla qualità della vita dei cittadini. Il tutto in modo non manicheo. Sì quindi alle trivelle, sì alla TAV, ma sì anche alle energie rinnovabili, al patto di Parigi per l’ambiente e cosi via dicendo.

Zingaretti, segretario del PD

Quel PD non voleva solo rottamare i vecchi quadri del partito, ma anche le vecchie idee, le convinzioni, quasi religiose, da cui una parte di quel partito non riesce o non vuole prescindere. Un moderatismo rivoluzionario che avrebbe dovuto cambiare il paese per renderlo pronto ad essere una democrazia moderna.

“Italia viva” è stata preceduta dalla formazione in Italia e all’estero di comitati civici e in estate dalla scuola di formazione: “Meritare l’Italia” con cui Renzi ha aggregato molti giovani, e il suo impegno per loro appare come una priorità. Ha infatti dichiarato che lui vuole rivolgersi ai “millennials”, una cosa da non sottovalutare, se si tiene conto che proprio i giovani e il futuro sono i grandi assenti della scena politica italiana. La nascita ora del nuovo soggetto politico non è casuale. Tra poco inizia la Leopolda, con i suoi tavoli aperti di lavoro. Si tratta di occasioni di confronto e di costruzione politica, in un tempo in cui i partiti appaiono incapaci di aggregare e soprattutto progettare.

Tutto questo nel PD non era più possibile, non era possibile in questo PD, dove c’è stato chi ha brindato per l’insuccesso referendario sulla Costituzione, non era più possibile per loro stare insieme in un partito che avrebbe dovuto fare una severa autocritica su cosa è stato il socialismo e considerare quell’aggettivo “democratico” come una conquista e che invece ha inneggiato al successo alle primarie di Zingaretti, al canto di “Bandiera rossa”.
Nel PD, fino a ieri, convivevano due mondi ormai lontanissimi, una convivenza diventata difficilissima; chi ha avuto la ventura di frequentare un circolo di quel partito avrà avvertito il clima difficile, di inimicizia, di reciproco sospetto che si viveva.

Aver chiarito la situazione, con una separazione che si spera consensuale, con buona pace per gli immancabili retroscenisti, è contributo alla chiarezza, alla trasparenza della politica, in un mondo che di trasparenza ne ha ben poca.

Infine, non è improbabile che, almeno da separati, si possano trovare delle forme di alleanza; una cosa che consentirebbe da una parte di recuperare quel folto popolo di non votanti che oggi non ha voce e dall’altra offrirebbe una sponda anche a quella destra europeista e moderata in procinto di consegnarsi a Salvini.

È infatti difficile credere che Forza Italia possa chiudere gli occhi sul rischio che il potenziale bacino di elettori moderati resti solo nella disponibilità di Italia Viva, e quindi, prima o poi, i rapporti tra Lega, FdI e Forza Italia potrebbero essere rivisti anche alla luce di queste evoluzioni.
I moderati di destra e sinistra già hanno avuto modo di confrontarsi, allora era il Nazzareno, oggi un recupero del moderatismo potrebbe offrire più soluzioni politiche per l’eterno problema della nostra governabilità. Una cosa importantissima, anche sul piano della stabilità del paese.

È del tutto evidente, a questo punto, che la nascita di “Italia Viva” è un bene per tutti. Un elemento di chiarezza che accorcia le distanze tra i partiti, che rende più stabile il quadro politico messo sotto stress da anni di incertezze e di confusione, che hanno favorito gli estremismi; aiuta lo stesso PD, nel bene e nel male, ad avere una politica più coerente (sta a loro decidere quale visione del mondo si vuole avere, ma non ci saranno più alibi per non averla), la stessa destra moderata avrà una sponda in più per dialogare e forse sarebbe un male sottovalutare, in prospettiva, questa possibilità di confronto.

Infine, alcuni polemisti, di cui la Tv è piena, hanno parlato di mossa che destabilizza il governo. Solo un cieco non vedrebbe che, l’interesse della neonata “Italia Viva” è di crescere e non di precipitarsi al voto. Anzi, proprio in ragione di cio’, salvo errori dei contraenti principali, PD e M5S, questo governo è destinato ad andare avanti fino alle elezioni del Capo dello Stato con questa maggioranza parlamentare. L’alternativa sarebbe oggi di andare al voto, consegnare il paese all’estrema destra che tra due anni si sceglierebbe anche il Presidente della Repubblica. Renzi sarà anche ambizioso, ma sicuramente non è scemo.

Nicola Guarino

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Nicola Guarino
Nicola Guarino, nato ad Avellino nel 1958, ma sin dall’infanzia ha vissuto a Napoli. Giornalista, già collaboratore de L'Unità e della rivista Nord/Sud, avvocato, direttore di festival cinematografici ed esperto di linguaggio cinematografico. Oggi insegna alla Sorbona presso la facoltà di lingua e letteratura, fa parte del dipartimento di filologia romanza presso l'Università di Parigi 12 a Créteil. Attualmente vive a Parigi. E’ socio fondatore di Altritaliani.

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