Di grande attrattiva la mostra “Pompei e l’Europa. Natura e Storia (1748 – 1943)” iniziata il 26 maggio nel Museo Archeologico di Napoli dove sono esposte 200 opere da tutta Europa che narrano le vicende e le suggestioni che il sito di Pompei ha esercitato sugli artisti. In contemporanea, nell’Anfiteatro degli Scavi di Pompei, sotto un’istallazione a forma piramidale, 20 calchi in gesso, appena restaurati, di vittime dell’eruzione che distrusse la città campana nel 79 d.C.
Con un catalogo in tre edizioni (italiano, francese, inglese), è stata rilanciata la mitica città di Pompei con una doppia mostra che ha ottenuto pure il patrocinio Expo Milano 2015 ed è stata allestita per entrambe le sedi dall’architetto Francesco Venezia. Fino al 2 novembre le opere di Ingres, Picasso, De Chirico, Klee, Palizzi, Morelli, De Nittis, Le Corbusier, Canova e tanti altri incontreranno gli antichi affreschi e reperti pompeiani.
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Dopo una stagione molto critica per i lavori di restauro mal condotti a Pompei, sembra aprirsi una promettente ripresa per assicurare la conservazione e promuovere il turismo nella città degli scavi. Forse si è sulla dirittura d’arrivo ha fatto capire il Ministro Franceschini, inaugurando la mostra il 26 maggio.
Il discorso su Pompei questa volta è in chiave storico-artistica, a metà strada tra antico e moderno. Mira a ricostruire secondo un progetto ragionato la storia di Pompei, soprattutto ricordando l’influsso esercitato dalla sua riscoperta su artisti di chiara fama negli ultimi tre secoli prima dell’attuale millennio.
Sotto gli occhi dei visitatori corre lo spettacolo della cittadina pagana bruciata dal fuoco distruttore a danno dei suoi incantevoli luoghi e dei suoi cittadini. Omaggio alla bellezza del passato e strazio per la pena inflitta alle creature viventi si mescolano in modo drammatico ed a distanza di secoli lasciano ancora trasecolati. Ricordo anch’io, quando la visitai per la prima volta, molti anni orsono, d’aver avvertito un’impressione così profonda, soprattutto alla vista dei calchi, da restare quasi pietrificata.
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L’intuizione fu dell’archeologo Giuseppe Fiorelli, nel lontano 1858. Fece scorrere del gesso liquido nei vuoti lasciati dai corpi dei fuggitivi, essiccati sotto la lava pietrificata, attraverso dei fori praticati e così realizzò i calchi che riproducono le loro forme. Attuò una spettacolarizzazione drammatica, senza forse rendersene conto, come se la città si animasse e consegnasse ai visitatori l’istantanea della morte orribile ed improvvisa che colse gli sprovveduti nell’atto di fuggire per evitare la pioggia di lapilli e ceneri incandescenti: padri, madri abbracciati tra loro ed ai loro figli, animali domestici indifesi, persino ladri sorpresi nell’atto di rubare.
Il noto scultore Arturo Martini (Treviso 1889 – Milano1947) vi s’ispirò per alcuni suoi lavori: Il bevitore, che è la più forte immagine (1933-36), e Casa del sacerdote Amandus, del 1952, ma dopo attraversò una crisi profonda, arrivando a sconfessare la sua arte in un suo libro del ’45: La scultura lingua morta.
Non solo lui, ma tanti altri artisti trassero dalla vista dei reperti di Pompei linfa per le loro creazioni, dal ritrattista francese Charles-Octave Blanchard, morto giovane all’età di ventisette anni (Brest 1814 – Parigi 1842) con la sua Cerere del 1837-’41, ai famosi dipinti di Pablo Picasso La corsa (1922) di due donne scarmigliate che corrono lungo la spiaggia, de’ La natura morta, tratta dalla Casa dei Vettii, de’ lo Studio per il Flauto di Pan del 1923, e degli Innamorati dello stesso anno.
Poi c’è De Chirico che utilizzò la mitologia nella sua pittura metafisica e intese, attraverso Apollo, Orfeo, Ifigenia, Elettra e numerosi altri eroi, istituire una stretta relazione tra la sua arte e la cultura classica.
Lo stesso Gustave Moreau, dopo la sua visita agli scavi, tentò di riprodurre persino quel colore rosso mattone slavato (Vedi Alla conquista del rosso pompeiano) che tanto l’aveva colpito. Nacquero così i suoi capolavori : Giove e Semele (1895), conservato nel Museo Moreau a Parigi e Castore (1859).
L’elenco potrebbe essere molto lungo per segnalare artisti come Renoir, George Segal, Chassériau che rappresentò nel Tepidarium, la stanza delle donne che si riposano dopo il bagno o Domenico Morelli, che, all’Esposizione Nazionale del 1860, raffigurò anch’egli: Un bagno pompeiano. Esterni ed interni di quelle antiche abitazioni finemente effigiate tennero banco per tanti anni tra la commozione generale. Fu un evento molto importante.
Anche la poesia e la prosa trassero ispirazione dalla vista di Pompei. Valga per tutti l’esempio di Enrico Salfi che raccolse in Lyrica Pompeiana (1888) le sue poesie e il neo umanista reggino Didacus Vitrioli che scrisse: Veglie Pompeiane per rappresentare il ricco mondo degli affetti dei personaggi visitati che lo turbavano.
Le immagini della città distrutta si fusero straripando in tutta l’arte dell’Ottocento, offrendo mirabili e commoventi prove di rivelazione di quel tragico evento risalente al 24 agosto del 79 d.C. Ancora oggi vengono da tutto il mondo per vederla.
La mostra, di cui è responsabile il Sovrintendente Massimo Osanna con Luigi Gallo e Maria Teresa Caracciolo, durerà fino al 2 novembre. Si avvale di singolari apporti provenienti da grandi musei come il Musée Orsay di Parigi e il Britisch Museum di Londra e offre nel suo percorso, oltre a gigantesche pitture che raffigurano l’incendio, oggetti, disegni, schizzi della città e significative e rare foto come quella fatta da Jean Cocteau a Picasso e Leonide Massine, seduti presso una fontana, durante una loro visita, nel 1917.
Si vuole cancellare così la trascuratezza e gli errori compiuti negli ultimi anni, lo sfregio di tanti monumenti, per ripristinare l’interesse che alcuni secoli prima scattò nell’opinione pubblica alla vista del recupero prodigioso d’una intera città che è il fiore all’occhiello dei nostri beni culturali.
All’epoca si registrò una festa corale : concerti, films, spettacoli fecero a gara tra loro per sottolineare il prodigio dell’eccezionale recupero. I Pink Floyd comunicarono ai seguaci del rock le loro emozioni sonore e visive, Frank Sinatra tenne uno show, le Panatenee si aprirono in modo insolito con il concerto tra l’altro del compositore e direttore d’orchestra statunitense Leonard Bernstein.
D’ora in avanti si dovrà stare più attenti a custodire senza più scandali le preziose memorie della città giunta fino a noi, a conservarne il mito tragico del suo splendore, spentosi in una lunga buia notte di tempesta, con l’attenzione che richiede una memorabile pagina di storia.
Gaetanina Sicari Ruffo
[bleu violet]Per saperne di più sulla mostra Pompei e l’Europa, il sito ufficiale:[/bleu violet]
http://mostrapompeieuropa.it/it/home.html
[bleu violet]Galleria di quadri della mostra da visionare:[/bleu violet]
http://mostrapompeieuropa.it/it/la-mostra/gallery.html