Per Missione Poesia, vi presentiamo la raccolta di poesie di Gianfranco Lauretano: Questo spentoevo (Graphe.it editore, 2024), un dialogo tra poeti. L’autore ha lavorato a una scelta ritmica sorprendente, a una musicalità forte e a un uso della parola che va ben oltre i soliti canoni classici: in questo senso va anche la direzione di seguire le orme di Giorgio Caproni.
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Gianfranco Lauretano è nato nel 1962, vive a Cesena. Ha pubblicato i volumi monografici La traccia di Cesare Pavese (Rizzoli, Milano 2008), Incontri con Clemente Rebora (Rizzoli, Milano 2013), Guido Gozzano. Il crepuscolo dell’incanto (Raffaelli, Rimini 2016), Federigo Tozzi. Una rivelazione improvvisa (Raffaelli, Rimini 2020), Beppe Fenoglio. La prima scelta (Ares, Milano 2022), le traduzioni dal russo Il cavaliere di bronzo di Aleksandr S. Puškin (Raffaelli, Rimini 2003), La pietra di Osip Mandel’štam (Il Saggiatore, Milano 2014), alcune raccolte di poesia, tra cui Occorreva che nascessi (Marietti, Milano 2004), Di una notte morente (Raffaelli, Rimini 2016), Rinascere da vecchi (Puntoacapo, Alessandria 2018), Molitva tela (Free poetry, Mosca 2019) e il volume di critica letteraria sulla poesia romagnola Nekropolis, Romagna (CartaCanta, Forlì, 2023).
Dirige la collana Poesia contemporanea e l’Almanacco dei Poeti e della Poesia Contemporanea (Raffaelli, Rimini), la rivista di arte e letteratura Graphie (Il Vicolo, Cesena) e la serie di volumi critici annuali sulla poesia contemporanea L’Anello Critico (CartaCanta, Forlì).
Per approfondimenti sulla poetica di Gianfranco Lauretano, scritti in precedenza dall’autrice, vedere ai seguenti link:
– https://altritaliani.net/gianfranco-lauretano-lo-spirito/
– https://altritaliani.net/gianfranco-lauretano-rinascere-da-vecchi/
– http://farapoesia.blogspot.com/2013/03/96-800×600-normal-0-14-false-false.html
Questo spentoevo
Per chi scrive, parlare nuovamente della poetica di Gianfranco Lauretano è come prendere una pausa dal chiacchiericcio inconcludente della poesia contemporanea: pochi sono gli autori che sanno davvero entrare nel cuore delle cose, parlare chiaro – che, questo è ormai noto, attraverso la poesia si può dire tutto – entrare nel vivo delle questioni, scandire la propria visione sul mondo e, al tempo stesso, usare quegli strumenti retorici che rendono un testo poesia e non prosa, per quanto poetica quest’ultima possa apparire. Leggere i suoi testi vuol dire dunque rinfrancarsi dall’ovvio e dall’inutile, spostare il cuore in alto per capire cosa c’è oltre, oltre gli ostacoli della paura di provare un sentimento e, al tempo stesso, ascoltare una musica di parole che non teme l’uso di rime e assonanze, ritenendole forme desuete né, tantomeno, teme di confessare i propri debiti culturali nei confronti di un maestro, in questo caso Giorgio Caproni, con il quale si confronta continuamente nella raccolta.
Come si legge dai link che ho inserito sopra, ho potuto esaminare diverse sillogi pubblicate da questo autore, ogni volta mi sono lasciata sorprendere dalla sua scrittura e, anche se il suo stile ha virato verso una maggiore liricità – che per altro apprezzo tantissimo – posso dire che, comunque, questo è sempre assolutamente riconoscibile e mai scisso dal suo pensiero.
Così, in Questo spentoevo, Lauretano ci fa incontrare ciò che in realtà conosciamo bene, ovvero le situazioni complesse e drammatiche del nostro quotidiano, quelle che gestiamo e quelle che non dipendono da noi, grandi o minuscole che siano, ciò che ci fa disperdere energie, che ci indigna, che ci scuote, che ci prevarica e, a volte, ci annienta: Più giù ancora giù/il terzo strato, il grumo/scuro, il grumo, il muro. Un fiume nero che giunge/da un vulcano capovolto/anima, umore, corpo/forse morto.… eppure nulla potrebbe essere perduto, riusciamo forse a immaginare che allo spentoevo potrebbe seguire una nuova era, un’era che tentasse di scardinare quella precedente: Un’era veramente nuova/lo segue fedelmente/era che fu grande/sonnecchiante sottocenere/mentre il fuoco ripuliva… un’era che alla fine, tuttavia, non riuscirà in nessun modo ad essere diversa: La nuova era ride. /Ride dell’angoscia/obbligatoria, del niente/i corpi spolpati e senza mente/della storia demenziale/che cancella la memoria… ed è a questo punto che ci ritroviamo catapultati in una dimensione di sospensione, che l’umanità – o quel che resta di essa – assorbita dalla ferocia dei propri comportamenti, dalla carenza di quelli che furono i propri valori e comunque attonita, angosciata, disillusa è intenta a monitorare il passare del tempo, un tempo che il poeta osserva provando a tenere dritta la barra, ad orientarsi in questo mare precario dei sentimenti. E i sentimenti, tutti fluttuanti, si incrociano, fortunatamente, con l’unico che pare trovare il suo posto, che sembra prevalere e imporsi all’animo e alla scrittura stessa, Lauretano dice: Non ho scritto altro che d’amore e noi, per questo, gli siamo riconoscenti.
Ciò che spiazza nell’incedere dei versi è semplice: il racconto di questo mondo disumanizzato viene proposto con uno stile quasi elementare – ma non semplice – canzonatorio ma non sarcastico, lieve eppure incisivo, uno stile che dona freschezza di linguaggio e crea empatia con il lettore, quello stesso lettore che farà i conti con la propria coscienza quando si troverà davanti alla verità scomoda di un poeta, che parla di un Dio che se n’è andato, che non c’è più perché nessuno lo chiede, che si può incontrare solo laddove si sente ancora il bisogno di lui… un Dio che potrebbe decidere di accanirsi di nuovo contro ciò che da lui fu creato – è forse questo che spera il poeta? – ma che alla fine non lo farà, assistendo da lontano allo sfacelo di quello che fu il suo popolo, eppure lavorando senza sosta, ancora per lui: sta costruendo/con quelli che hanno sete e fame/di giustizia e pane/si rimbocca le maniche/e sporca le mani/con immane tenerezza/li mette insieme e ama…
Quale è la ragione etica e morale di questa dimensione, quasi apocalittica, che Lauretano fa assumere al suo Dio – un Dio che diventa quello vero, quello che tutti noi, immaginiamo e a cui vorremmo rivolgerci sentendo il desiderio di ritornare a chiamarlo -? La ragione sta, come sempre per il poeta, nella necessità di scriverne e di trovare anche dei modi per conciliare il proprio sentire con il proprio essere, magari anche provando a dare risposte a quel Leopardi romantico, del quale tutti i poeti del ‘900 sono comunque figli, quel Leopardi che ragionava di Beltà…
Così, se protagonista dell’opera è un’anima irrequieta e devastata che, non più muta, assiste allo sfacelo di questo nostro tempo, un tempo al quale neanche Dio, come detto, vuole più partecipare, ecco che l’omaggio a Leopardi, alla bellezza e all’amore che, incessantemente, continuano a comparire nella nostra vita, nonostante tutto, ci trova tutti uniti di nuovo a un pensiero sull’Amore, a quell’Amore al quale Lauretano vuole dare del Tu, forse per sentirlo vicino, un Amore immenso fatto di umano e divino, di carne e spirito, di uomini e di Dio, un Amore che contempla e contiene davvero tutto… Ma, è ancora la chiusa del libro ad essere straordinaria, specie nel momento in cui il nominare Gesù diventa l’occasione per sentirne il suono della parola, cantare il suo nome, il nome del vero autore…
Alcuni testi da: Questo spentoevo
Non ho scritto altro che d’amore
Non ho scritto altro che d’amore
non perché ne sia capace
ma perché percuote le mie ore
mi modella l’espressione della faccia
mi fa stare e andarmene in pace
nella guerra del mondo.
Anzi l’amore si scrive e si legge
da solo, unico artista
io mi godo la rappresentazione
da protagonista.
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A una maestra in vacanza
…e tu che dopo
un lungo lavorare
giungi trasognata
in riva al mare
tu che lasci andare
le mani dei bambini
ai loro giochi
fantastici e solari
tu che scrivi sulla sabbia
“saluti dal paradiso”
come una cartolina
che mi vuoi mandare
sei tu, volevo dirti, il mare.
***
Risposta a Leopardi
1
Cara Beltà, dunque,
non ho capito nulla
alla mia età, a mezzo
secolo dalla culla
ma proprio nulla?
Amo le tue incarnazioni
ma perché non ce n’è
una che esaurisca
o riveli la durata
irrilevante, la morte
noncurante, condizione
fin dal primo istante
dall’incontro amante
che mi tiene mentre
si sente la canzone
che scardina e accende
nuovamente?
[…]
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Dare del tu
1
Una voce tema dentro al vento
al muoversi delle foglie
il loro incantevole fruscio
e scongiura un ascolto
anche qui, tra condomini
e quartieri disattenti
voce già sentita
dimenticata e riascoltata
involontariamente viva
indipendente nonostante
i dinieghi indirizzati
e le rivolte, le posticce
rivoluzioni, le uniche
di cui siamo capaci.
È una voce con pazienza
non di questo mondo.
[…]
***
Gesù non devo dirti niente
Gesù non devo dirti niente
volevo solo far cantare
il nome
e che il suono
evocasse lo splendore
del volto
e vibrasse
la potenza del cuore
e la musica
delle sante sillabe
scardinasse la pagina
scrivendo l’universo
tu vero autore
Bologna, ottobre 2024
Cinzia Demi
P.S.:
“MISSIONE POESIE” è una rubrica culturale di poesia italiana contemporanea, curata da Cinzia Demi, per il nostro sito Altritaliani di Parigi. Altri contributi e autori qui: https://altritaliani.net/category/libri-e-letteratura/missione-poesia/