Poesia con Marco Pelliccioli: ‘Nel concerto del tempo’

Per Missione Poesia, proponiamo un’analisi della poetica di Nel concerto del tempo di Marco Pelliccioli (Specchio Mondadori 2024). È un libro che sembra ispirato a un’opera lirica, dove nelle partiture musicali si alternano melodie composte con differenti cifre stilistiche, che relazionano la Storia con il vissuto del quotidiano, gli accadimenti con i personaggi più vicini al poeta, congedando una sinfonia di vita e umanità intorno a un destino comune.

***

Marco Pelliccioli (Bergamo, 1982) vive tra Monza e Milano. Ha pubblicato C’è Nunzia in cortile (LietoColle, 2014), L’orfano (LietoColle-Pordenonelegge, 2016), L’inganno della superficie (Stampa2009, 2019) e la plaquette Il sogno del pesce gatto (Stampa2009, 2023). Del 2015 è il romanzo A due passi dal treno (Eclissi), segnalato dal Premio Calvino. Scrive racconti per ragazzi (Gallucci, Einaudi) ed è presente in Giovane poesia italiana (Pordenonelegge, 2020), un’antologia tradotta anche all’estero. L’ultimo libro di poesie porta il titolo Nel concerto del tempo (Oscar Mondadori, 2024)

Non conosco Marco Pelliccioli personalmente, ma solo attraverso la sua scrittura. Il libro di cui parleremo in questo articolo ha avuto una menzione al Premio di Poesia Camaiore – Francesco Belluomini 2024, Premio per il quale sono in giuria e, già in occasione dell’invio delle opere da parte delle Case Editrici ai giurati, ho avuto l’occasione di leggerlo. Spesso dalla lettura di un libro, specie di poesia, si apprende molto della personalità del suo autore. Questo libro, Nel concerto del tempo, si preannuncia, a mio avviso, come una sorta di documento identitario di Pelliccioli, consegnandoci molto del suo quotidiano, presente e passato, delle sue esperienze in relazione alla Storia dei tempi in cui viviamo, nonché alle reazioni interiori che ne derivano, rivelandosi con una profondità e sensibilità d’animo tali che ce lo rendono immediatamente vicino. Incontrerò Marco personalmente il 19 febbraio a Bologna, alla rassegna Un thè con la poesia, organizzata dalla mia associazione presso il Grand Hotel Majestic.

Nel concerto del tempo

Se pensiamo a questo ultimo libro di Marco Pelliccioli, Nel concerto del tempo, come a un libro che, prendendo spunto già dal titolo, si suddivise in partiture musicali, ecco che possiamo anche immaginarci un’alternanza e una varietà di melodie, quindi di stili, che tuttavia contribuiscono alla riuscita e alla compattezza dell’opera. Vedremo, infatti, come l’autore abbia volutamente utilizzato modalità diverse di scrittura a seconda dell’argomento trattato, e come tutto si amalgami perfettamente, sino a diventare una sinfonia lirica, dove corde e fiati e tamburi hanno un loro senso, sia individualmente che nel complesso dell’esecuzione orchestrale, ovvero nella stesura del libro stesso. La prima cosa che colpisce subito, alla lettura dei testi, è senz’altro l’uso di una figura diversa dal poeta che funge da narratore esterno. Un escamotage che in prosa si usa molto, in poesia un po’ meno. Eppure qui, in questi componimenti, il narratore sembra quasi indispensabile, insostituibile, una figura familiare e amica che accogliamo come un accompagnatore nel cammino di scorrimento delle poesie, come una sorta di aedo che si fa cronista, interprete, testimone dei fatti della vita, siano essi personali oppure no, rispetto all’esistenza del poeta stesso.

Il primo passo per l’autore deve essere stato, quindi, quello di creare lo stile adatto alle fasi del racconto (come sapete mi piace molto la poesia che racconta): più corale, quasi epico nelle parti dove l’intreccio degli accadimenti storici del ‘900 e i momenti vissuti in famiglia risulta molto evidente, con un segno metrico dal ritmo fluido ma singhiozzante graficamente: mia madre/pulisce la cucina, l’Angiolina/rammenda un’altra toppa…; più narrativo e lirico nella parte che descrive i luoghi lombardi con accenni anche alla lingua dialettale: Non così lontano si racconta, poi, di un altro sortilegio, la Porta del Diàol, di giorno demolita, all’alba ancora in piedi, per non parlar del medico fuggito, dal riposo eterno, in cerca di un riparo sull’albero in piazza: o della donna del tombino, stregona o puttana?; più contemporaneo e attuale in altre sezioni, con termini e immagini derivati anche dal mondo social, dai nuovi linguaggi, ma non solo: Uno smartphone quattro luci/prodotti da make-up/istruzione e tutto poi diventa/spettacolo da star […]; o, ancora, quasi onirico, in quella sorta di leggenda che pesca del fiabesco immerso nella modernità, in quella storia che racconta Il sogno del pesce gatto: i fari ti tolgono la vista/mentre passeggi col tuo ombrello decorato/tour eiffel. ti hanno detto che l’indaco/è il colore della neve, ma per vivere, a volte,/basta un pesce gatto.

Analizziamo ora alcuni aspetti del libro, più approfonditamente, per quanto riguarda i contenuti. I testi che raccontano i fatti storici, ad esempio, anche se questi in realtà, come già detto, si intrecciano immancabilmente con i fatti del quotidiano, partono dal crollo del muro di Berlino del 1989, sviluppandosi nella poesia d’apertura del libro che descrive un quadro familiare i cui componenti, intenti alle proprie faccende, accolgono la notizia che improvvisamente diventa di dominio pubblico, si diffonde da un focolare all’altro e, senza bisogno di inventarsi nulla, la realtà diventa una meteora che si affaccia sulla scena, giocando a confondere il ruolo pubblico e privato della Storia, laddove ogni singolo protagonista ne diventa parte attiva e integrante: Tra quei cocci, ora, che il notiziario / ha portato in casa, ci muoviamo/ incerti, noi, senza più/ confini, siamo/ un’unica materia.

Il secondo episodio riprodotto riprende il tragico avvenimento dell’11 settembre 2001, ovvero la distruzione delle Torri Gemelle da parte di un Boeing. Anche in questo caso la notizia piomba nelle case e nel mondo, mentre ognuno è intento alle proprie cose, come la costruzione di un archivio. Resta il vento/spaventato alla finestra e il padre che perde la parola fino al giorno seguente. Poi ancora altri fatti che culminano con il piccolo Ailan trovato morto sulla spiaggia o la giovane iraniana Mina uccisa perché non portava il velo islamico. E tutto s’intreccia con la vita che scorre camminando per strada, prendendo un caffè, incapaci tutti noi, forse anche solo di farci delle domande.

Da un’epoca a un’altra, in questo concerto che suona – o che ascolta – il tempo ci ritroviamo in anni più recenti rispetto ai fatti suddetti. Siamo già nel 2020 e oltre; la lingua – come sopra detto – è mutata e le tematiche sono d’attualità: un’influencer modernissima, il lavoro terziario, l’adorazione per i social, per il mondo dell’immagine, e la necessità di sentirsi al centro di tutto questo, di essere ammirati.

Siamo in una realtà virtuale dove predomina la sola idea di un nuovo tipo di identità, che si perde nel momento della disconnessione, che rende tutto visibile in diretta, ma che risulta altrettanto inutile, e quanto mai anonima. Identità e condizione che si ritrovano anche nella sezione fiabesca del sogno del pesce gatto: dove sono l’eroe o l’eroina che cercano salvezza? Dove si percorre quel cammino iniziatico che conduce alla crescita interiore? Dove si nasconde l’aiutante magico che soccorre gli eroi? Qui è tutto racchiuso in un grande contenitore riempito di rampicanti, viandanti, gru, cani, persino mammut, riempito di creature che vivono in un mondo notturno, pieno di insidie, pronte a trasformarsi in mendicanti o barboni, col solo desiderio di poter respirare dopo aver perso ogni cosa: una poesia epica ed etica emerge da questi versi, quasi una consegna d’amore alla terra che tutti accoglierà prima o poi: io resto, amore,/come radici che non sanno/abitare altrove… mentre si avvia la sezione Nell’aria leggera nella quale ritornano le figure dell’inizio del libro, specie quella paterna che, insieme al poeta stesso, o meglio alla figura del narratore,  tendono a raccogliere anche una sorta di eredità che conduce alla vita e ai suoi cicli naturali, un’eredità da condividere con tutto il mondo animale e vegetale: Eppure, anche l’insetto più nascosto sa che le foglie/sono fatte per cadere/come i fiori delle surfinie rosa://è il ciclo della vita,/splendido e crudele, fragile ed eterno//in questo lieve canto/che smemora ogni pena.

Ma c’è un personaggio, una figura protagonista di primaria importanza che percorre tutto il libro di Pelliccioli, una figura presente sia nella vita, nei momenti più significativi del poeta, che dopo la sua scomparsa, a cui viene affidato il compito di tenere le fila di quel mondo piccolo – per dirla con Guareschi – dove la Storia si incontra con la letteratura – le mura del passaggio di Lucia e Agnese descritto dal Manzoni – o con quella tribù di vetrai, sarti, maghe che si connettono a loro volta con la natura o con mondo dei morti ma, soprattutto, con quello dei vivi, con quello del lavoro, della gente operosa che produce e che resiste ai passaggi furiosi di quella stessa Storia. Angelina, nonna Angelina, è lei la figura a cui rivolgere un ultimo sguardo, prima che se ne vada per sempre, è lei la figura dalla quale ricevere un lascito di speranza: Penso a lei, all’Angiolina,/le mani storte nelle mie; il respiro corto, lei che affonda/nell’abisso e cerca invano/di stringersi alla barca […] Nell’ora del trapasso/sono io l’ultimo sguardo/lei la mani storte/che ora vanno chissà dove/mi chiedo, con dignità,/io credo, e se piango/è solo per amarti, spalancare/la porta del frutteto/la polpa della mela//che ancora grattugiavi. […] Ma quella barca è anche quella della vita a cui tutti ci aggrappiamo, profughi di un destino che a volte non dà voce, ma del quale si può tentare di raccoglierne anche i più piccoli semi, per provare a farne frutti.

Alcuni testi da: Nel concerto del tempo

LO STORPIO

In sella al suo triciclo rosso
pedalava contro la tempesta
avvolto nella giacca a vento
le gambe attorcigliate
a spingere i pedali.

Chi si affacciava non capiva
la sua corsa solitaria
ma la pioggia scrosciava,
evaporava, sulla faccia
di lui che non fugge davanti al suo dolore
ma disegna con amore un inno
alla vita lungo la salita.

*

IN SOFFITTA

I
mi chiedevi a mani nude se la vita fosse eterna
e io ti rispondevo che a volte dura a lungo
altre invero poco, altre non ha neppure inizio
(hai sentito di  una storia orribile  la madre  e poi)
eppure, eccoci ancora qui,
a pigiare i tasti e chiederci
se il dire è più dell’essere
o l’essere soltanto
è uscire alle diciotto
riprendere la prole, accendere
i fornelli; il lenzuolo

copre il volto della luna.

*

LA VITA CHE IGNORI

le foglie cadute sul prato
rilucono gialle, o roseoarancioni,
prima che il sole scompaia
nel vuoto; nascondono, sai,
la vita che ignori
mentre cammini di corsa al tuo treno
creature che, lente,
si amalgamano al passo della stagione
ne seguono il fiato, il battito, i giorni
senza scordare il vento che scuote
le chiuse persiane

i vivi mai morti, i morti non più.

*

LA BIANCA MAGNOLIA

e fiorisce di nuovo
la bianca magnolia
lontano dal male che batte nel vento
e chiude le giacche, ci lascia più soli.

fiorisce più alta a bordo strada
sovrasta ringhiere, le carte incollate
sopra il pannello,
invade la strada, intralcia

l’andare sbagliato di noi.

*

IL MALE COMUNE

Questi bidoni sul Lambro
la sera, all’ombra di nuove
vetrine allestite, mi dicono ancora
il male di chi
è rimasto a vuotarli
in riva all’estate.

E penso che, forse,
potrei essere io
uno di loro
oppure anche tu, che ti volti
distratto connesso annoiato
qui al tavolo accanto

ma in questa distanza,
amico mio caro,
non siamo lontani:

il male è un male
comune, il bene
una luna d’agosto
o quel che ne resta.
 
Bologna, febbraio 2025
Cinzia Demi

P.S.:
_cidpetit_2db8fc4034a725bd5b7594d6e8e98e000a09c538_zimbra.jpg“MISSIONE POESIE” è una rubrica culturale di poesia italiana contemporanea, curata da Cinzia Demi, per il nostro sito Altritaliani di Parigi. Altri contributi e autori qui: https://altritaliani.net/category/libri-e-letteratura/missione-poesia/

Article précédentLes Rencontres de La Libreria: Carla Cristofoli et son roman ‘Diagenesi’
Article suivantLa banalità di Trump
Cinzia Demi
Cinzia Demi (Piombino - LI), lavora e vive a Bologna, dove ha conseguito la Laurea Magistrale in Italianistica. E’ operatrice culturale, poeta, scrittrice e saggista. Dirige insieme a Giancarlo Pontiggia la Collana di poesia under 40 Kleide per le Edizioni Minerva (Bologna). Cura per Altritaliani la rubrica “Missione poesia”. Tra le pubblicazioni: Incontriamoci all’Inferno. Parodia di fatti e personaggi della Divina Commedia di Dante Alighieri (Pendragon, 2007); Il tratto che ci unisce (Prova d’Autore, 2009); Incontri e Incantamenti (Raffaelli, 2012); Ero Maddalena e Maria e Gabriele. L’accoglienza delle madri (Puntoacapo , 2013 e 2015); Nel nome del mare (Carteggi Letterari, 2017). Ha curato diverse antologie, tra cui “Ritratti di Poeta” con oltre ottanta articoli di saggistica sulla poesia contemporanea (Puntooacapo, 2019). Suoi testi sono stati tradotti in inglese, rumeno, francese. E’ caporedattore della Rivista Trimestale Menabò (Terra d’Ulivi Edizioni). Tra gli artisti con cui ha lavorato figurano: Raoul Grassilli, Ivano Marescotti, Diego Bragonzi Bignami, Daniele Marchesini. E’ curatrice di eventi culturali, il più noto è “Un thè con la poesia”, ciclo di incontri con autori di poesia contemporanea, presso il Grand Hotel Majestic di Bologna.

LAISSER UN COMMENTAIRE

S'il vous plaît entrez votre commentaire!
S'il vous plaît entrez votre nom ici

La modération des commentaires est activée. Votre commentaire peut prendre un certain temps avant d’apparaître.