Giovedi 15 maggio prima assoluta a Bruxelles del nuovo film di Mario Brenta e Karine de Villers “Corps à Corps” (CORPOaCORPO), dedicato al teatro di Pippo Delbono, con Pippo Delbono e gli Attori della sua Compagnia. Girato nel corso dell’allestimento del suo spettacolo: “Orchidee”. L’ambiguità del cinema e del teatro giocata tra improvvisazione ed emozione.
Il nuovo lungometraggio della coppia Brenta e de Villiers viene presentato a Bruxelles, terra natia di Karine de Villers, in questi giorni.
Un film che va al di là della rappresentazione teatrale di “Orchidee” di Pippo Delbono, che tanti favori ha riscosso in Italia e all’estero. Devo dire che normalmente non amo il cinema che tratta di teatro. Troppo spesso autori anche celebri e di valore indubbio, si sono limitati ad un lavoro riproduttivo e quindi inevitabilmente limitativo della rappresentazione. Ma in questo caso il lavoro fatto da Brenta e De Villers non solo mi convince, ma mi seduce.
Non c’è la preoccupazione di seguire il filo tematico, originario dell’opera teatrale, che va detto non segue una trama, ma gioca sull’improvvosazione tra attori professionisti ed altri no. Gli altri provengono da situazioni sociali ed umane estremamente diverse e spesso difficili. Se ne ricava un tessuto di racconti dove c’è di tutto, dall’illusione della vita, alla morte, dal rapporto con la madre, a cui Delbono dedica il lavoro, alle pulsioni culturali e primordiali per un’operazione dove davvero gli attori diventano interpreti di se stessi, usando gli spazi e i costumi secondo delle intuizioni assolutamente intime e personali pur sempre sotto il vaglio direttivo di Delbono.
Su questa ambiguità, da cui il nome “Orchidee”, si innesca l’ambiguità cinematografica, basata, come spiega la de Villiers su un filo più emozionale che tematico. Una intuizione cinematografica intelligente e che seduce se è vero che come didatticamente insegnava Bazin, non c’è nulla di più vero e quindi falso del teatro, mentre non c’è nulla di più falso e quindi vero del cinema.
Il film ha goduto di una sua libertà assoluta, non essendo, né soggetta da una trama che non c’è nell’opera, né da influenze dello stesso Pippo Delbono. Ed è per questo che i due autori hanno potuto lavorare, “occupando” letteralmente la scena ed allargandola fino agli spalti del teatro, ai camerini, arrivando a seguire nel loro filo cognitivo le mosse degli interpreti e personaggi che a volte raccontavano e spesso si raccontavano.
E’ cosi che, uscendo da ogni schematismo teatrale o cinematografico, si è creata una spinta fusionale dei due generi, per molti aspetti antitetici, in un gioco di diegetico ed extradiegetico, che induce gli stessi spettatori a sentirsi a volte parte e a volte pubblico.
L’ambiguità, forse unico oggettivo tema conduttore, in tal senso, ha una forza rigenerativa che ha del primordiale, qualcosa che purifica, che modifica, che riaccoglie nel grembo, quasi che si potesse riavvolgere il nastro della propria esistenza per ritornare nel ventre materno.
In fondo la stessa realizzazione dello spettacolo, se si toglie una breve introduzione del Delbono che offre degli spunti, delle proposte di partenza, è uno scomporsi e ricomporsi attraverso diverse chiavi di lettura, a cui il teatro e quindi il cinema si offrono in pieno. Un lavoro di strutturazione e destrutturazione alla ricerca di cio’ che accomuna la finzione alla verità. Un po’ come il racconto dell’orchidea falsa e quella vera che Delbono offre ai suoi ospiti e da cui il titolo dell’opera.
Anche il film pone questo lavoro di scomposizione e ricomposizione. Se la regia ha visto un ruolo preponderante di Brenta, il montaggio è stato condotto essenzialmente dalla De Villiers secondo una sua percezione emozionale creando cosi un vero corpo a corpo, come dice il titolo tra le due forme di racconto.
E qui vi è l’elemento forse più qualificante ed intelligente dell’operazione, quello di aver reso filmico cio’ che filmico, a mio avviso, non è, ovvero il teatro.
E’ evidente che calandosi nell’inquadratura di Brenta noi abbiamo una visione che nella sua oggettività è pur sempre soggettiva, eppure questo limite del cinema ci permette di avere un diverso punto di osservazione e quindi di critica su quello che è il testo teatrale (non testo) di Delbono.
Si crea un dialogo con lo spettacolo e si innesca in diversi punti anche un processo immedesimativo che normalmente è inrintracciabile nel semplice spettacolo teatrale.
L’ambiguità delle situazioni e delle vicende teatrali diventa l’ambiguità del cinema e del teatro, e quest’ultima diventa l’ambiguità dei nostri tempi, dove il racconto, spesso, diventa finzione che è realtà e la realtà che è come una finzione, per giungere in fine alla percezione che tutto il nostro universo è popolato da noi che improvvisiamo sulla nostra esistenza.
Un film che cattura, che ha, nella sua alternanza emotiva, una sua gradevole leggerezza pur parlando di temi difficili, forse per molti ostici, ma che liberi da ogni sovrastruttura, sia pure essa educativa, puo’ essere illuminante ed allarmante, ponendoci domande sull’esistenza che troppo spesso restano inevase in questa società di distrazione di massa.
Anche se non si è vista “Orchidee”, l’opera di Delbono presentata in Italia e al Teatro du Rond-Point di Parigi, sarebbe bene vedere questo film, perché alla fine noi siamo convinti che questa opera sia un’altra cosa; una cosa che lavora nel profondo delle nostre coscienze assopite.
Nicola Guarino
SCHEDA TECNICA
CORPO a CORPO
Ideazione e regia di Mario Brenta e Karine de Villers
Direttore della Fotografia Mario Brenta
Montaggio Karine de Villers
Distribuzione Blue Film
Paese Italia-Belgio
Anno di produzione 2014
Durata 90’
INFORMAZIONI PRATICHE SULLA PRIMA A BRUXELLES
Cinema Flagey
Studio 5 – Vo italiana con s.t. bilingui
Dal 15 al 31 maggio 2014 e dal 20 giugno Cinema Avventura