Innanzi ai recenti episodi di terrorismo, appare inevitabile parlare di guerra. L’occidente sconta le sue difficoltà nel gestire il fenomeno del radicalismo islamico e la stessa religione coranica rende difficile una possibilità di dialogo. Esiste oggi un’emergenza che spinge a mettere al centro dei temi del mondo la soluzione del rebus Isis.
Il folle atto terroristico di Parigi ha risvegliato in molti la coscienza del pericolo musulmano contro la nostra civiltà. La guerra che ci viene mossa non proviene dalla massa popolare degli accoliti fondamentalisti della religione islamica, siano essi sciiti o sunniti, ma dalla classe dirigente religiosa dell’Islam che ha tutto l’interesse a mantenere il popolo nell’arretratezza e nell’ignoranza per manipolarlo al fine di difendere i propri privilegi. Il popolo è il mezzo e la guida è il Corano che dà adito ad interpretazioni di parte e di convenienza.
Non dimentichiamoci che la religione musulmana non ha una gerarchia definita e chiara per cui ogni gruppo può darsi le proprie guide religiose.
L’islamismo è molto complesso e non si può spiegare in poche righe. Quanto ho premesso è solo a scopo di far capire che la nostra classe politica, nella maggior parte dei casi, non si rende conto della complessità del problema e della propria incapacità di gestirlo. Molte volte gli interessi finanziari guidano i nostri politici nelle loro trattative con il mondo musulmano senza tener conto della differenza di vedute dell’altra parte e quindi delle conseguenze che ne possono derivare.
Le principali difficoltà risiedono nel carattere dell’Islam che ritiene la religione come guida politica della nazione.
Questo fattore dovrebbe essere sempre tenuto presente in ogni relazione con il mondo musulmano.
Nella nostra civiltà occidentale il principio di “libera religione in libero stato” è inalienabile e quindi ne dovrebbe essere tenuto conto anche nell’accoglienza dei profughi musulmani. Negli stati laici, le religioni sono una opzione degli individui e quindi la pratica di ciascuna religione non dovrebbe interferire con le regole di vita del mondo civile. Appartenere ad una qualsiasi fede non può dare il diritto di differenziarsi nei costumi e nelle abitudini di vita civile della maggioranza della popolazione. Non dovrebbe essere concessa nessuna licenza di costume a chi immigra nel mondo laico e quando l’osservanza religiosa richiede particolari pratiche, il militante dovrebbe esplicarle, se vuole, in privato senza interferenza con il resto della popolazione.
Bisogna vigilare ed esigere che la laicità dello stato rimanga integra e non soggetta a nessuna interferenza religiosa. Ogni cittadino deve ottemperare ai suoi doveri civili senza esenzioni di nessun motivo ideologico.
Chiunque non accetti il modus vivendi e il rispetto della cultura della società in cui vive, può optare per l’esilio o subire il rigore della legge dello Stato. Questa non è discriminazione, è difesa della civiltà della società di uno Stato laico e moderno.
Se avessimo agito in questo senso non avremmo oggi covi di terroristi nell’interno della nostra società e, nel contempo, avremmo potuto accogliere e aiutare meglio i profughi che fuggivano da persecuzioni, guerre, miseria e discriminazioni senza inquinare il nostro vivere civile.
È bene tener presente che permettere il mantenimento di certi comportamenti, dai quali la gente fugge, è deleterio anche per i profughi stessi che sono costretti ancora a quelle sottomissioni che credevano di aver lasciato nel loro paese di origine.
Il terrorismo perpetrato contro la nostra società è un atto di una guerra cominciata già molti anni fa, nelle colonie, che la nostra società non ha saputo gestire. È un’invasione di rivincita, con l’intento di assoggettare tutte le nazioni del mondo alla legge coranica, la sola ritenuta giusta dal mondo islamico perché rivelata a Maometto da Dio stesso.
In fondo anche l’Ebraismo, da cui deriva il Cristianesimo, non era tanto diverso nella sostanza, ma a differenza dell’Islamismo, si è evoluto e si è adeguato allo sviluppo laico delle società in cui è praticato.
Quindi non dimentichiamoci che anche noi abbiamo benedetto le crociate, una specie di jihād o guerra santa, che abbiamo perseguitato scienziati e sottomesso popoli per convenienza delle nostre classi dirigenti religiose. Fortunatamente l’interpretazione del Vangelo ci ha poi indirizzati verso una filosofia più umana e sociale fino allo sviluppo della moderna società.
Ora l’ISIS, o Stato Islamico, sta terrorizzando il mondo, e l’occidente non sa come rispondere. Le bombe non fermeranno questi terroristi a meno che non si riesca con queste a estirparli tutti o a ridurli in condizioni di non poter più combattere con almeno una minima efficacia. Il loro credo li spinge fino al sacrificio della vita convinti di essere poi premiati in paradiso. Siccome il Corano, da dove prendono la loro ispirazione dà adito a diverse interpretazioni, bisognerebbe che una corrente del loro stesso gruppo portasse in discussione l’attuale atteggiamento inducendoli a cambiare leader e moderare l’offensiva, tramutandola in atteggiamento difensivo. Ma come penetrare tale gruppo isolato completamente dal mondo?
Io credo che l’unica soluzione sia di metterli completamente in isolamento come in un assedio, distruggere il loro arsenale bellico, cercare la collaborazione dell’opposizione sciita e ripulire nel mondo esterno i focolai da loro istigati. Non sottovalutando però la loro abile capacità di comunicare con la moderna tecnologia. Altro che diritti umani e sanzioni alla Russia. Approfittiamo della rivalità tra sunniti e sciiti e se il problema si risolverà cerchiamo di capire meglio quel mondo e di non fare gli stessi sbagli che ci hanno portato all’attuale situazione.
Daniele Bertozzi