Da estimatori del cinema di Matteo Garrone e del suo “Io, capitano” siamo certo dispiaciuti. Da amanti del grande cinema siamo felici per la vittoria dell’Oscar ai film internazionali per The Zone of Interest (La zona d’interesse) del londinese Jonathan Glazer.
Le altre opere che compongono la cinquina dei film nominati, tutte eccellenti sono: oltre a Io Capitano, Perfect Days di Wim Wenders (Giappone); Society of the Snow (La società della neve) di Juan Antonio Bajona (Spagna) passato a Venezia lo scorso anno; The Teachers’ Lounge (La sala professori) di Ilker Catak (Germania), regista di origine turca.
La zona di interesse è dunque un capolavoro. Macchina ferma e colori a tutto schermo, prolungati fino allo sfinimento. Musica estenuante: raccontare l’orrore con la apparente armonia di una famiglia è davvero l’innovata visione dell’Olocausto mediante un cinema asciutto pulito ma stracolmo delle lordure che solo individui immondi (“bastardi senza gloria” per citare Tarantino) hanno saputo realizzare.
Il film di Jonathan Glazer o quello di Wim Wenders Perfect Days, o il recente film di Kaurismaki (Foglie al vento) non sono realizzati per condiscendere il pubblico, non devono piacere o essere gradevoli nel giudizio comune. L’opera d’arte è tale per linguaggio, per aver osato, per definizione concettuale, e dunque lasciare un segno nel mondo contemporaneo.
Ogni persona con un pizzico di umanità non può non restare sconvolto da La zona d’interesse, un film crudele, irritante, eppure geniale. Lunghe pause di schermo buio, rumori e cinguetti “accolgono” lo spettatore e talvolta schermo rosso (come il colore di un fiore, come del sangue.) Anche il sonoro è sgradevole, appunto. Tutto è organico al concetto: infastidire lo spettatore, porre distanza e barriere da quell’orrore. Questo lo deduciamo dopo averlo visto, 105 minuti di tunnel nel mondo orribile da Hans e Gretel (enunciato nella sceneggiatura), fino ai colori più nitidi del finale, nel museo della Shoa: immagini quasi rilassanti perché “finalmente” la storia si è consumata.
L’autore inglese riprende il romanzo di Martin Amis, sceneggiandolo oltremodo di “normalità”. Rudolf Höss è il direttore del campo di sterminio di Auschwitz, e con la sua giovane famiglia vive in una villa con giardino. Ma la villa è solo al di là di un muro a ridosso del campo stesso, da dove urla e spari ne connotano la terribile realtà. Una famiglia qualunque: lui va al lavoro, lei cura il giardino e i figli giocano in piscina, mentre inservienti governano le faccende domestiche. La promozione di Rudolf per “gli obiettivi raggiunti” come nel moderno linguaggio aziendale. La soluzione finale. Ennesima ricostruzione della banalità del male, nella sensazionale “separazione fra percezione soggettiva e realtà oggettiva.”
Qui siamo alla negazione del male, nella resa quotidiana di una famiglia borghese. Scrive altrove lo scrittore israeliano David Grossman: “Probabilmente dovevamo attraversare l’inferno per arrivare ad un punto dal quale si può vedere, in una giornata limpida, il limite estremo del paradiso”.
Armando Lostaglio
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P.S.: Aggiungiamo i nostri Complimenti a Justine Triet e Arthur Harari vincitori #Oscars2024 per la migliore sceneggiatura originale del film ‘Anatomia di una caduta’ ! Un film francese da non perdere ! Anche quello eccellente!
Grazie!
A caldo. La cosa più angosciante del film » La zona d’interesse » sono i fiori, che sembrano carnivori. Angosciante è la musica. Angoscianti sono la bellezza del lago, del bosco di betulle, dei caprioli e persino dei bambini. Angosciante è il fiume, e paradossalmente l’angoscia si attenua quando nelle sue acque inizia a scorrere la cenere che arriva dai forni che fumano poco distanti dal paradiso falso e criminale costruito appena a lato di Auschwitz, per ospitare tra gli agi la famiglia del comandante del campo di sterminio. Quella cenere è la verità. Ma com’è possibile che chi compie il male assoluto possegga quel desiderio di pace, di bellezza e di normalità di cui priva le altre persone? Il male è davvero quanto di più banale possa produrre la mente umana, tanto più spaventoso proprio perché atrocemente e totalmente banale.