Tra le più antiche campagne sopra il mare del Ponente ligure, a San Bartolomeo, vive Alice con i suoi genitori, un padre-guida che adora e una madre severa e un po’ difficile, che il più delle volte le dà della bambina selvaggia. Il giorno del suo decimo compleanno è primavera, il padre regala ad Alice uno zaino vecchio e malconcio e la porta a fare un giro nei boschi. Ed è qui, tra i sentieri che risalgono una costa a picco sul grande blu, che incomincia la storia di Alice.
La ritroviamo nel romanzo Non tutti gli alberi, scritto dal giovane autore sanremese Gianmarco Parodi, recentemente pubblicato da Piemme e arrivato finalista allo scorso Premio Calvino. Un romanzo coinvolgente che si percorre come un sentiero: camminandoci dentro. Il passo più o meno pesante a seconda del terreno che ci troviamo sotto i piedi, della fatica, del dolore anche, sprofondiamo e risaliamo con il sorriso o con la tristezza, a seconda di dove si posano gli occhi, a seconda del vento che respira largo, della pioggia che batte forte, del fuoco che incendia.
Durante quella gita nel bosco, Alice imparerà molte cose, in particolare imparerà a seguire le tracce, e quella camminata diventerà un apprendimento cruciale che la bambina dovrà conservare e ripescare dalla memoria corporea per affrontare altri cammini e altri sentieri.
Poi arriva l’estate, caldissima, alla televisione passano le notizie di centinaia di migranti che riprendono ad attraversare il confine, suo padre deve partire per la Francia, dove lavorerà come taglialegna e Alice rimane a casa con una madre che alterna crisi depressive a squarci violenti. Il padre le ha lasciato il compito di fare la guardia all’ortogiardino dietro casa, e Alice passa le giornate a chattare con lui sul computer e a imbrattarsi di polvere e pulci in questo spazio ricolmo di piante e fiori, vagando tra i fichi e le magnolie. Accanto all’ortogiardino, dalle serre di Guido, il vicino di casa, si alzano nubi di diserbanti che quest’ultimo, ricoperto da una tuta bianca, spruzza attraverso un secchio che tiene sulle spalle. Al centro di quello che è il regno di papà si trova la buca del fuoco, nella quale, ogni volta che il papà accendeva un fuoco Alice doveva buttare qualcosa di cui voleva sbarazzarsi, un oggetto o un pensiero scritto su un foglietto che poi gettava tra le fiamme e guardava disfarsi in un attimo.
Mentre l’estate di Alice culmina nel rogo dell’ortogiardino, dalla Francia arriva una notizia terribile. E qui le stagioni che si susseguono nel romanzo sono quelle buie dell’autunno e dell’inverno, un buio fitto che avvolgerà Alice e che la porterà a fuggire alla ricerca disperata del padre. Zaino in spalla, accompagnata dall’amico Pino, Alice percorrerà a piedi l’estremo ponente ligure fino alla vallée de la Roya, varcando il confine con la Francia e incappando in avventure che questa volta non saranno solo una camminata nel bosco, ma si trasformeranno in una vera e propria quête alla quale il lettore stesso non potrà fare a meno di partecipare.
Il romanzo di Parodi è innanzitutto un romanzo degli elementi, nel quale terra, aria, acqua e fuoco sono i punti cardinali attorno ai quali è costruita la narrazione. Alice è sicuramente il personaggio che più di tutti si muove tra questi elementi, li sperimenta, non li conosce e si spaventa, ma qualche cosa in lei, anche grazie agli insegnamenti del padre e con l’aiuto dell’amico, la porta in qualche modo a sapere cosa fare e, sfruttando l’antica arte della geomazia, ovvero ascoltando la voce della Terra[1],riesce a cavarsela nel suo viaggio.
Tra tutti gli elementi, però, ce n’è uno che forse risalta più degli altri: il fuoco. Dalla buca del fuoco al centro dell’ortogiardino, nella quale lei e il padre bruciavano i pensieri o i piccoli oggetti dei quali volevano sbarazzarsi, il fuoco diventa una sorta di piccolo rituale magico che accompagnerà Alice stagione dopo stagione, ma, allo stesso tempo, da rituale salvifico, si trasformerà anche in simbolo di morte e distruzione.
Così come il fuoco rigenera il bosco ed in molti ambienti è un normale fattore ecologico[2] con il quale le piante convivono da 400 milioni di anni, quando la vegetazione è lasciata proliferare, gli abitati sono troppo vicini o si impiantano boschi di monoculture, il fuoco può diventare, soprattutto associato al cambiamento climatico che vede l’innalzarsi delle temperature, un fattore di distruzione. Tuttavia, anche nel caso della distruzione, la reazione di alcuni alberi può essere sorprendente, così come la reazione delle persone al passaggio di un dolore bruciante può sorprenderci per la capacità che si ha di rigenerare e di rinascere.
Oltre agli elementi, l’altro fattore centrale del romanzo è il paesaggio. Ma un paesaggio non cercato, un paesaggio che si fonde con grazia nella narrazione, che appare in piccoli dettagli floreali o botanici, o nelle pietre di una vecchia casa ereditata dagli avi che abitavano quelle terre. Un paesaggio spesso deserto, fatto di paesi arroccati vuoti, dove la corriera dorme silenziosa in attesa dell’orario scolastico. Rispetto a Tria ora (Demian Edizioni, 2010) e Cave Canem (Demian Edizioni 2020), primi due romanzi di una trilogia del fantastico che Parodi ha iniziato diversi anni fa, nei quali il paesaggio era un’ossessione che i protagonisti ricercavano con foga e nei minimi dettagli, un paesaggio ctonio che finiva sottoterra, qui i luoghi del paesaggio ligure respirano maggiormente e si aprono in uno scenario che riesce ad essere allo stesso tempo specifico e universale. Allo stesso modo, l’elemento del fantastico qui è meno marcato rispetto ai primi due romanzi e anche rispetto ad Oblio (Editrice Zona, 2011, romanzo vincitore del Premio Letterario Città di Ventimiglia), nel quale il potere di cancellare i ricordi caratterizzava un personaggio rinchiuso nel Forte dell’Annunziata, ma è comunque una condizione presente che aiuta Alice a restare ancorata, a proseguire il suo cammino.
Parodi riesce a inserirsi e anche ad omaggiare una tradizione ligure che annovera grandi autori di paesaggi (pensiamo ovviamente a Biamonti, ma anche a Marino Magliani e ai saggi di Calvino sulla visibilità) e riesce ad arricchire questa tradizione con uno sguardo nuovo, di oggi, uno sguardo che continua a percorrere le stesse mulattiere in salita, ma le percorre con gli occhi della nostra epoca. Con gli occhi di bambini che finiscono per doversela cavare da soli lasciati soli in un mondo di adulti che restano a guardare, da lontano, come fa la madre di Alice durante l’incendio dell’ortogiardino.
I quattro elementi, una forma di distruzione, il paesaggio che risuona ad ogni passo e una bambina selvatica, sono tutti elementi che fanno di questo romanzo un romanzo della nostra epoca, un’epoca di distruzione, nella quale i paesaggi dentro ai quali ci muoviamo e che respiriamo sono intossicati fino all’osso, ma anche un’epoca nella quale, a ben guardare, si possono ritrovare germogli preziosi che possono farci da guida.
Il romanzo di Parodi è un romanzo di rinascita, nel quale il germogliare salvifico della natura è il germogliare della vita universale, della Terra. Ed è anche un romanzo combustibile, secondo una qualità che Benjamin suggeriva a proposito della narrazione, ovvero ha quella capacità tutta romanzesca di far sì che ci si possa identificare con i personaggi e che attraverso questa forma di identificazione possiamo vivere la loro vita, ma soprattutto la loro morte. Farsi cenere, rintoccare la morte, ricevere e ridare eredità, è questo secondo Benjamin il compito del romanziere e «ciò che spinge continuamente il lettore verso il romanzo è la sua capacità assai misteriosa di scaldare con la morte una vita che trema di freddo.»[3].
Elisa VERONESI
[1] Un termine che riprendo dal titolo del libro di Davide Mazzocco, Geomazia, Palermo University Press, 2021, nel quale Mazzocco utilizza i quattro elementi per leggere lo stato attuale della Terra.
[2] Giorgio Vacchiano, La resilienza del bosco. Storie di foreste che cambiano il pianeta, 2021, Mondadori, Milano.
[3] Walter Benjamin, Al camino. Per il venticinquesimo anniversario di un romanzo, in Figure dell’infanzia. Educazione, letteratura, immaginario, a cura di Francesco Cappa e Martino Negri, 2012, Raffaello Cortina Editore, Milano, p.140.
Il libro:
Non tutti gli alberi
di Gianmarco Parodi
Piemme edizioni – Scheda del libro: https://www.edizpiemme.it/libri/non-tutti-gli-alberi
pp. 352 – 18,50 €
Data di uscita: aprile 2022
A Parigi, il libro è disponibile à La Libreria, rue du Fbg Poissonnière.
L’autore:
Gianmarco PARODI è nato a Sanremo, viene da studi agrari. Ha scritto alcuni romanzi di genere fantastico. Ogni sua narrazione è radicata nella terra da cui proviene, l’estremo ponente ligure. Partendo da Triora, borgo arroccato famoso per un grande processo d’inquisizione, passando per la sua città natale, fino al tormentato confine con la Francia.
Insegna tecniche della narrazione per Scuola Holden, dove si è diplomato, e per altre realtà. Conduce trekking letterari, passeggiate narrative e laboratori di scrittura online. Ha vinto alcuni premi nazionali di poesia e ha fondato il collettivo poetico “Vivaio del Verso”. Con Non tutti gli alberi, nel 2021, è arrivato finalista al Premio Calvino.