Giovedì 3 febbraio, Sergio Mattarella, Presidente della Repubblica italiana, appena riconfermato dopo il precedente settennato, immediatamente dopo la propria (rie)elezione, ha prestato il giuramento di rito e a seguire ha pronunciato il proprio discorso dinanzi al parlamento riunito in seduta comune. Si potrebbe pensare a questo discorso come al primo di una lunga serie. Ebbene, la risposta è no. Questo discorso rimarrà in ogni caso l’ultimo del Presidente dinanzi alle Camere per tutta la durata del suo mandato, ovvero i sette anni previsti.
La Costituzione, infatti, prevede che il Presidente possa inviare messaggi alle Camere, ma non lo autorizza a prendere la parola davanti alle stesse. Il Presidente può pertanto pronunciare discorsi dinanzi a qualunque altro uditorio, può utilizzare il mezzo televisivo, come fa in occasione degli auguri per il nuovo anno, e come ha fatto allorché abbia ritenuto che vi fossero occasioni straordinarie. Lo fece Pertini quando volle denunciare a reti unificate il ritardo degli interventi in occasione del terremoto in Irpinia e lo fece Scalfaro, che interruppe addirittura la trasmissione di una partita di calcio, con il celebre discorso: “Io non ci sto! “ ( a proposito dell’utilizzo dei fondi del Sisde quando era Ministro dell’Interno), per la gioia, si fa per dire, dei tifosi del Cagliari, che stavano assistendo alla performance della propria squadra in Coppa Uefa (del resto Scalfaro non era certo un appassionato del Footbol, visto che non solo non volle andare a vedere la finale del Mondiale tra Italia e Brasile, a differenza del Pertini del 1982, ma ritenne anche di non ricevere al Quirinale la Nazionale sconfitta , come aveva fatto Saragat che aveva ricevuto con tutti gli onori la Nazionale reduce dal Mondiale in Messico nel 1970).
Ma perché il Presidente della Repubblica italiana non può prendere la parola davanti alle Camere ma può solo inviare alle stesse messaggi scritti?
La risposta si trova nella Storia…francese.
Dopo la sconfitta francese nella guerra franco-prussiana e la fine del Secondo Impero di Napoleone III, in Francia le elezioni erano state vinte dai monarchici i quali desideravano restaurare la monarchia ma avevano problemi nella scelta del re (vedi il mio precedente articolo).
Nel contempo era stato eletto in via del tutto provvisoria Capo dello Stato Adolphe Thiers, celebre politico che aveva svolto un ruolo molto importante durante la monarchia orleanista (1830-1848). Anche per questo nessuno sospettava che Thiers potesse coltivare simpatie repubblicane. I monarchici rimasero pertanto stupefatti quando in modo del tutto inaspettato, questi, in un giorno di novembre del 1872, si pronunciò per la Repubblica.
I monarchici erano furibondi e allo stesso tempo spaventati. Infatti temevano Thiers. Lo temevano per la sua popolarità e perché sapevano che Thiers era un oratore formidabile. C’era un singolare contrasto tra l’aspetto insignificante di questo personaggio, bruttarello, con una statura che superava a malapena il metro e cinquanta, ma dotato di una voce tonante e della capacità di infiammare le platee. I monarchici avevano paura che, grazie alle sue doti, Thiers riuscisse a convincere buona parte dei deputati per la Repubblica.
Decisero pertanto di passare all’azione. Votarono una legge che impediva al Capo dello Stato di prendere la parola davanti ai deputati. Il Capo dello Stato avrebbe potuto solo inviare messaggi scritti. Se si fosse avvalso di tale facoltà, una volta data lettura del messaggio, la faccenda doveva poi finire lì, era vietata qualunque discussione a seguire.
Questa regola rimase in vigore per tutta la Terza Repubblica francese e venne trascritta anche nelle Costituzioni della Quarta e della Quinta. I Costituenti italiani del 1948 si ispirarono a molti istituti costituzionali del vicino d’Oltralpe e riportarono la disposizione secondo cui il Capo dello Stato può comunicare con il parlamento solo per via di messaggi scritti anche nella Costituzione della Repubblica italiana.
Mentre però in Italia il principio è rimasto in piedi fino ad oggi, in Francia le cose non sono andate così. Sarkozy, infatti, a differenza dei suoi predecessori, si mostrò insofferente della limitazione impostagli e, alla fine, nel 2008, riuscì a far modificare la Costituzione, così stabilendosi che il Presidente potesse prendere la parola dinanzi a tutti i parlamentari riuniti per l’occasione. Della modifica ne hanno approfittato sia Sarkozy che Holland e soprattutto Macron.
In effetti oggi pochi sanno, ed è anche difficile immaginarlo, che Mattarella non ha mai preso la parola dinanzi alla Camera e al Senato nel suo primo settennato, e neppure lo farà nel corso del suo secondo mandato, in ragione di una regola voluta dai monarchici francesi nella prima metà degli anni Settanta dell’Ottocento per mettere a tacere un uomo di cui temevano la potente vis oratoria.
Stefano Emanuele Pizzorno
*Stefano Pizzorno con l’opera: “Genealogia della Costituzione, personaggi ed istituti” (ed. Passigli, prefazione Mario Segni) ha descritto la vicenda che ha dato origine al principio della comunicazione da parte del Capo dello Stato solo mediante messaggi scritti, raccontando come molti istituti presenti nella Costituzione italiana abbiano un’origine per certi versi singolare.
Una seconda rettifica: contrariamente a quanto scritto, Scalfaro ha assistito alla finale Brasile-Italia del 1994.
Tutto questo è vero, ma la prassi è cambiata da tempo.
Ci sono già state numerose eccezioni alla regola, con interventi del capo dello Stato di fronte alle camere riunite, anche nel corso della legislatura. Alcuni esempi:
Il discorso di Gronchi per il centenario dell’unità (1961), quello di Saragat per il centenario della presa di Roma (1970), quello di Napolitano per il 150° dell’unità (2011) ecc. ecc.
Quindi non siamo più ai tempi di Adolphe Thiers!