Ma insomma che cosa ha fatto di male il socialismo? È l’obiezione che, in un’animata discussione sulla sinistra in Italia e nel mondo, mi ha fatto un’amica.
Già, che cosa ha fatto di male il socialismo? Diciamo che non lo so, proviamo a domandare in giro, premettendo che qui la classificazione socialista e comunista non è riferita a singoli partiti ma all’attuazione dell’idea socialista e comunista (teoricamente le due cose non sono la stessa) in Italia e nel mondo.
A chi chiedere? Domandiamolo ai milioni di ebrei e contadini liquidati da Stalin, nel corso delle sue riforme agrarie, domandiamolo ai polacchi che furono stretti in una tenaglia tra nazisti e sovietici agli albori della seconda guerra mondiale. A questo punto la mia amica mi bloccherebbe con uno stop che non ammetterebbe repliche: “Tu mi parli di Stalin, ma lui era un falso comunista, uno che aveva il culto della personalità, non è un esempio di socialismo!” E va bene, allora domandiamolo a Mao Tze Dong, autore di leggi liberticide, di autentici massacri di oppositori, chiediamolo ai suoi eredi tutti nominati dall’assemblea del popolo, un “bell’esempio” di quel mostro che è il collettivismo, stella polare di ogni buon comunista. Attenzione rifletteteci il collettivismo non è democrazia. Gli eredi di Mao sono quelli che imponevano il figlio unico per legge, quelli che nella piazza Tienanmen sparavano con le mitragliatrici anticarro contro gli studenti che chiedevano libertà e futuro. Erano quelli che, per non gravare sul popolo, ai familiari dei condannati a morte (spesso dissidenti politici) facevano pagare il prezzo delle pallottole per l’esecuzione.
Cari comunisti, ho capito, la Cina non vi convince. Parliamo allora di Cuba. Che Guevara sulle magliette e finanche sulle sigarette, Fidel, ah Fidel…, lui si, peccato che Fidel faceva deportare i gay in carcere come il povero Reinaldo Arenas, poeta e scrittore torturato e costretto al suicidio dal regime castrista e che dire degli occhi chiusi sullo sfruttamento sessuale dei minori, abbandonati da un regime incapace di aiutare i poveri preferendo lasciarli alle voglie non sempre sane dei turisti?
Forse vi piace di più l’attualità, un bel Maduro, comunista a 18 carati, che domina il Venezuela. Le sue guardie del popolo si distinguono per le violenze sessuali contro le donne dell’opposizione, i suoi squadroni della morte liquidano senza pietà giornalisti e contestatori. La libertà in quel paese come anche l’eguaglianza sono un ricordo lontano.
Un bellissimo film: “Urla del silenzio”. Ci ha raccontato che meraviglia era il comunismo di Pol Pot nella Cambogia liberata dall’influenza « amerikana ». Anni di orrore con intere strade e giungle infestate da milioni di cadaveri che ancora oggi sono rimasti senza un nome. Deportazioni in campagna per lavorare la terra e non importa se tu sei un ingegnere, un insegnante, un commerciante, un intero popolo fu costretto a non istruirsi più e a diventare contadino, che male fa? Siamo tutti uguali no? Basta non avere dei pensieri propri, a pensare ci pensavano (bel gioco di parole) i khmer rossi (ancora collettivismo) e il loro magico leader.
Tornando nella nostra Europa, un altro bellissimo film: “La vita degli altri” ci ha spiegato che bel modellino di collettivismo socialista era la Germania dell’est. La gente per poter avere speranza di vivere, mangiare e di starsene tranquilli era costretta a fare la spia denunciando amici e vicini, a volte parenti, qualora questi avessero osato dissentire verso il regime o l’idea socialista. Atleti costretti a usare il doping per mantenere alta la bandiera socialista, contro gli odiati paesi democratici, ragazze che si vendevano per un paio di calze ai pochi turisti occidentali e tanta gente che avrebbe voluto fuggire nel vicino ovest e che a volte nel tentativo di farlo ci rimetteva la vita.
Già che cosa vi ha fatto di male il socialismo? Domandiamolo agli ungheresi che per liberarsi dal giogo socialista e sovietico furono schiacciati dai carri armati dell’Armata Rossa nel silenzio assordante dei tanti partiti comunisti occidentali, che da quei galantuomini erano prezzolati. Potremmo chiederlo ai cecoslovacchi che una decina di anni dopo, per aver osato pensare che si poteva essere liberi, si trovarono nella identica situazione degli ungheresi. Il sacrificio di Jan Palach, che si diede fuoco per protesta nella piazza di San Venceslao, grida ancora vendetta, la sua morte passò nella totale indifferenza degli intellettuali comunisti in occidente che erano (un po’ lo sono ancora oggi) egemonici nel panorama culturale dei loro paesi.
Già gli intellettuali di sinistra, quelli che “mettevano in croce » Pasolini che osava sfidarli con la sua libertà e la sua coerenza. La sinistra italiana che, dal dopoguerra, ha avuto pieni poteri sulla nostra cultura, non c’è, ancora oggi, università che non sia sotto il suo giogo, la ricerca è roba loro, ma a lor signori spesso fa difetto proprio l’onestà (intellettuale). A Moravia fu interdetto di tradurre “Il dottor Zivago”, pena la mancata pubblicazione dei suoi libri nell’Unione Sovietica e poi al PCI quel libro non andava bene, inutile dire che il grande scrittore autore della Noia, non reagì in nessun modo a questa imposizione, è proprio il caso di dire: « Zitti e Mosca ». Per questo I dissidenti erano liquidati da noi come traditori, considerati pericolosi e moralmente emarginati (detto di Pasolini), ricordiamo il gruppo del Manifesto che fu cacciato dal partito senza pietà perché non si era piegato al centralismo democratico (ahi ahi, ancora il collettivismo). Berlinguer, che pure aveva riconosciuto la supremazia morale e politica della Nato rispetto al Patto di Varsavia, continuò sempre ad invitare ai suoi congressi delegazioni di partiti comunisti come quello sovietico, bulgaro, ma anche nord coreano, chiudendo due occhi su tutti i crimini che in quei paesi avvenivano. Già, gli intellettuali di sinistra, quelli che per decenni dal dopoguerra non dissero nulla sul massacro di Porzius quando i partigiani comunisti sterminarono altri partigiani colpevoli solo di non esserlo, oppure sulle Foibe, quando il PCI per anni cerco l’oblio per i massacri di italiani perpetrati dalle truppe del socialista Tito, eroe jugoslavo e riferimento della sinistra nostrana.
Ricordo ancora ai festival dell’Unità l’allegra diffusione di opuscoli sulla grandezza del sole socialista (Nikita Mikhalkov, lo definirà, al cinema, come un Sole ingannatore), gli opuscoli sulle glorie di Kim Il Soong il leader della Nord Corea andavano a ruba (io li conservo ancora), devo aggiungere qualcosa? Va bene cosi, grazie.
Oggi la sinistra italiana, ha tolto dalle sue denominazioni l’aggettivo socialista o comunista (non dappertutto, in Francia si persevera con il PS, Partito Socialista o il PCF, Partito Comunista Francese, anche se più nessuno li vota), anche l’estrema sinistra più pudicamente preferisce aggettivi o termini più vaghi, « Popolare », « Possibile », « Liberi e Uguali », ma tranne radi casi, gli eredi di quei partiti anche se non l’ammettono e non l’ammetteranno mai, continuano in sostanza a sentirsi socialisti e comunisti, proprio non ce la fanno a riconoscere la realtà delle cose. Da noi gli eredi del PCI si erano emancipati dal socialismo in un graduale e sofferto percorso, passando dall’essere il Partito Democratico di Sinistra a Democratici di Sinistra fino a Veltroni che finalmente riuscì ad ammettere che l’ideale socialista era un vero fallimento che aveva generato solo mostri.
Nacque così l’attuale PD, Partito Democratico, dove il vero passaggio di qualità era stato l’abbandono definitivo dell’aggettivo qualificativo “socialista” per quello “democratico”. Un salto di qualità non indifferente, uno strappo che nemmeno un politico innovativo, a suo modo, come Berlinguer era riuscito a realizzare. Per lui, già passare da comunisti a socialdemocratici era vissuto come un’inaccettabile sconfitta. Veltroni fece più di lui sottraendo a democratico il “social”, una vera rivoluzione che fu continuata con slancio e passione da Renzi, che tuttavia dovette fare i conti con un partito che era pronto solo formalmente al grande passo e che sempre più si arroccava nel suo fondamentalismo ormai privo di ideologia e finanche d’idee ma sempre più religioso. Un fondamentalismo che di fatto ha spinto quel partito fuori dalla realtà e nelle esili braccia dell’estrema sinistra. A questa nostalgia si aggiungono gli interessi di chi domina ancora alcuni settori dello Stato nel nome della vecchia sinistra, dalla magistratura, alla burocrazia, nelle scuole, università e ricerca dove hanno potere finanche quelli dell’estrema sinistra, dai sindacati a tutta la filiera delle cooperative. Uomini e donne di potere che hanno capito che al rinnovamento delle idee e della denominazione del partito sarebbe seguito un ricambio di uomini. E certo si sa: “Comandare è meglio che fottere” e cosi i vecchi elefanti, nel nome dei loro interessi privati, con i loro portaborse in carriera, questo non potevano permetterlo.
Quella sinistra, che prometteva di cambiare il mondo, è diventata la forza più conservatrice del panorama politico italiano ed internazionale. I tentativi di chi voleva innovare la sinistra ma anche l’Italia, per parlare del nostro paese, sono stati bloccati proprio da loro. Dalla vecchia sinistra; non dalla destra e nemmeno dalla finanza o dagli eterni poteri forti, ma proprio dai conservatori della vecchia sinistra. In prima fila, contro la riforma costituzionale proposta da Renzi e i suoi, c’erano Bersani, D’Alema, l’estrema sinistra, i sindacati, l’ANPI e a seguire Berlusconi, Salvini, i grillini, e finanche Casa Pound e i fascisti. Come dire che per una volta partigiani (ANPI) e fascisti (Casa Pound) sono stati uniti nella lotta.
Personalmente, ritengo che oggi parlare di sinistra (come specularmente parlare di destra) non abbia più senso. La vera divisione è tra moderno e antico, tra progressisti e conservatori (e questa divisione è trasversale, ce ne sono a sinistra come a destra), ma dire ancora “sinistra” (nostalgia canaglia…) oggi è vago e non dice nulla.
Tiriamo le somme. I nostalgici, lasciamo perdere i loro capi che hanno interessi e sono in mala fede, in estrema difesa del loro credo, sostengono che gli esempi testé ricordati non sono da considerare e che di fatto il socialismo o il comunismo non si è mai realizzato. Allora, c’è da farsi un’altra domanda, ossia, se quello di questi supporter di Marx, Engels, Lenin, Mao ecc. ecc., non sia ormai da considerare solo una fede religiosa.
Marx è morto nel 1883. La prima apparizione del Capitale data 1867, e bene se dopo 150 e più anni, il socialismo non si è realizzato non sorge in costoro il legittimo dubbio che probabilmente quell’ideologia fosse sbagliata, fallace? Se i paesi comunisti ricordati non erano veramente comunisti, allora vuol dire che quell’ideologia era irrealizzabile, forse folle, visto anche come è andata a finire. Non sarebbe il caso per loro, da laici, tradizionalmente avversari delle religioni, di riconoscere questo fallimento come altri l’hanno riconosciuto (Renzi, Veltroni e non solo) e di guardare oltre, magari all’effettiva realtà storica che l’Italia e il mondo stanno vivendo e che in questi anni è profondamente mutata? Chiudere gli occhi e continuare a cantare “Bandiera rossa” è oggi solo un atto religioso, è come recitare l’Ave Maria, ma non ha più alcun significato politico e nemmeno emotivo, un esercizio di folclore che è fuori dal tempo. Far finta di non essere socialisti o comunisti, per poi esserlo nell’animo è un giochetto poco credibile. È come quando negli anni settanta i missini sostenevano di non essere fascisti e poi nelle loro manifestazioni gli scappava il saluto romano. Abbandonate questi ideali anacronistici, uscite una buona volta dall’equivoco, ditelo con parole nette: “Il comunismo è fallito. La lotta di classe non esiste più e il capitalismo non va demonizzato”. Sarebbe un bel passo avanti almeno sul piano della credibilità.
- Nell’immagine in evidenza: Teschi ritrovati dopo la liberazione della Cambogia dal regime di Pol Pot.
Veleno
Da buon italiano e confidando nello spirito di tolleranza degli « altritaliani », allargo il discorso sui termini virtuosi e quelli nefasti…
PROGRESSISTA, SOCIALISTA, NAZIONALSOCIALISTA, SEPARATISTA, INDIPENDENTISTA, SOVRANISTA…
Una parola che da sempre ha una vibrazione positiva è “progressista”. È gratificante dichiararsi progressisti. Paradossalmente, i progressisti si proclamano contro l’avanzata del progresso perché lo giudicano disumanizzante. Ma allora perché chiamarli progressisti? Per me è un mistero.
Un altro termine nobilitante, non qui in Nord-America ma nel vecchio continente (fino a qualche tempo fa…) è “socialista”. In Italia io non ho mai conosciuto qualcuno che si proclamasse orgogliosamente democristiano – mi riferisco a prima di Tangentopoli. Allora moltissimi si dichiaravano socialisti. Socialisti di destra, di centro, di sinistra, di estrema sinistra, socialisti moderati, socialisti riformisti, socialisti extraparlamentari, socialisti rivoluzionari. Il dichiararsi socialisti era come il dirsi a favore della maternità. Prima che l’Italia battesse il record della denatalità, con un incremento, pero’, del numero delle mamme all’interno di certe famiglie, senza padre.
Per le nostre élite intellettuali, le democrazie popolari e socialiste erano delle democrazie progressiste. E l’Europa ne era piena. I satrapi, a capo di queste « democrazie socialiste » – vedi Ceausescu, Oxa – si proclamavano orgogliosamente socialisti.
Assenti, da allora e per sempre, i « nazional-socialisti », anche se dovrebbe essere legittimo provare un sentimento patriottico e autodefinirsi nazionalisti, essendo nel contempo socialisti. Ma « nazional-socialista », parola composta, ha perso ormai il senso espresso dai due termini da cui essa è formata, sostituita dal demoniaco termine “nazista”.
In maniera non dissimile, il nome della piccola località canadese « Swastica », fondata nel 1908 con questo nome, in omaggio al simbolo solare sanscrito, di molto anteriore a Shoah e Olocausto ha perso da tempo la sua innocenza.
In Québec, le forze vive della nazione si proclamavano, ieri, separatiste. Poi il termine “separatista” perse i galloni e subentrò il termine “indipendentista”. Ma anche quest’ultimo, per l’eccessivo uso che se ne è fatto, si è logorato e ha dato così vita a “sovranità”, “sovranista”, termini che ancora oggi reggono, ma solo in Québec e non si sa ancora per quanto.
P.S.
E difatti sovranista è oggi un’ingiuria, in Europa. Io credo che in Québec, dove “nazionalismo” è un termine nobile, la connotazione positiva di “sovranismo” non tramonterà facilmente.
“Finora il socialismo ha significato ovunque il sistema del partito unico, il potere di una burocrazia vorace e incapace, l’espropriazione di tutta la proprietà privata, il terrore della Ceka e dei suoi sinonimi, la distruzione delle forze produttive, seguita dallarestaurazione e dal loro sviluppo a costo di sacrifici sproporzionati imposti alla popolazione, la violazione della libertà di coscienza e di opinione. Così è stato in URSS e nei paesi a democrazia popolare, nella Cina popolare, a Cuba…”
Andrei Sakharov. Mon pays et le monde. Paris, Édit. du seuil, 1957.
Rispondo ad entrambi. Cosi faccio prima. Gentile Katia, lei mi propone come esempi l’inghilterra, la Francia di Sarkozy, veda c’è solo un particolare che questi che lei cita, non sono paesi socialisti (per fortuna) sono paesi democratici. C’è da svecchiare? Sicuro! Ma c’è da svecchiare proprio la vecchia sinistra che grazie ad Occhetto e poi Veltroni ma anche Renzi (vi prego abbiate meno pregiudizi) era arrivata alla sua vera conquista: abbandonare il socialismo come idea sbagliata quanto non criminale per arrivare alla democrazia. Idem per Senardi, mi scusi ma anche lei mi parla di social(democrazie) di laburisti, ma che cosa hanno a che vedere oggi con il socialismo? Pensi che Berlinguer aprì le porte al populismo pur di non far diventare il PCI socialdemocratico, come alcuni nel suo partito chiedevano (ad esempio Napolitano). L’ Inghilterra è una monarchia e non ha mai conosciuto un regime socialista, idem la Germania che semmai ha conosciuto un’altra dittatura, altrettanto sanguinosa. Gli esempi non calzano, caro compagno Senardi. Il vero tema è che a me fa un po’ ridere vedere il PD fare un passo avanti e due in dietro. Vince Veltroni o l’anntipatico Renzi? Viva la democrazia, vince Bersani? Cantiamo bandiera rossa…suvvia un po’ di coraggio e lasci stare i deliri neoliberisti che con l’articolo non c’entrano niente.
Scusi, ma e’ un articolo intelligente questo? Mi sembra che lei faccia un elenco di dittature. Nella Francia di Sarkozi e’ stato introdotto il reddito minimo (misura socialista), ma governo socialista? Nella tanto liberale inghilterra il reddito minimo esiste dagli anni 9-, comunismo? Parliamo dell’accesso alla sanita’. In Italia e’ peggiorato sotto governi di destra e sinistra, parliamo di mafia, c’e’ con destra e sinistra, parliamo di evasione fiscale, c’e’ con destra e sinistra. E si svecchi un po’, qua si tratta di governare in modo civile o incivile, altro che destra e sinistra. Caro Veleno, i dittatori li sappiamo riconoscere tutti, non abbiamo bisogno di lei.
Caro Veleno, grazie per il tuo delirio neo-liberista. Aiuta a capire Renzi per il quale batte il tuo cuoricino di conservatore. Quanto alle argomentazioni, aggiungerò solo un’osservazione: socialismo significa anche socialdemocrazie nordiche, laburisti inglesi e SPD. Un caro saluto, compagno Veleno!