Esistono diverse centinaia di associazioni in Italia, il cui scopo è quello di aiutare i cittadini a combattere le intimidazioni mafiose attraverso la creazione di una rete di sostegno che comprende non soltanto i semplici civili, ma anche coloro che sono direttamente coinvolti nella lotta contro la mafia, come ad esempio i membri della magistratura e della polizia.
In Francia, alcune associazioni si impegnano ad affermare l’esistenza di problemi simili al fenomeno della mafia italiana. Tuttavia, alcune sono riluttanti a parlare di “mafia”, ritenendo che questo termine sia troppo legato alla realtà italiana, o addirittura siciliana, per essere evocativo di una problematica nella quale alcuni cittadini francesi potrebbero non sentirsi pienamente coinvolti. Si presentano come associazioni che lottano contro la corruzione in generale. Dal 2019, sono solamente due le associazioni che in Corsica non esitano invece a mantenere il termine “mafia” nel titolo della loro lotta, inteso come un concetto che si applica a livello transnazionale (Collettivi Maxime Susini & Maffia Nò a vita iè).
Oltre all’impegno associativo, a livello legislativo anche l’Italia è molto avanti: il Paese possiede infatti un corpo di leggi antimafia efficaci, tra cui la legge del 1996 che consente il riutilizzo sociale dei beni confiscati. Se da una parte questa legge ha dato visibilità alla lotta contro il crimine ed ha reso i cittadini italiani consapevoli che la criminalità non è fonte di guadagno, creando un circolo virtuoso in cui il lavoro legale viene valorizzato, dall’altra è necessario comunque comprendere che la sua creazione è stata preceduta da una lunga battaglia legislativa dovuta all’emergenza della situazione mafia: in Italia, infatti, gran parte dei progressi legislativi sono stati fatti nell’ambito della prevenzione e, ahimè, più spesso in quello della reazione alle crisi. Uno degli esempi più noti è il doppio assassinio del deputato comunista Pio La Torre e del prefetto Carlo Alberto dalla Chiesa (1982): a seguito della loro morte lo Stato italiano adottò la legge “Rognoni-La Torre”, che condannava il solo fatto di appartenere ad un’associazione di tipo mafioso ed introduceva, in particolare, la confisca senza condanna penale del proprietario. Si tratta di un momento storico che segnò l’inizio del riconoscimento giuridico e sociale dell’esistenza della mafia.
Le leggi antimafia italiane, che furono elaborate senza ispirarsi ad un modello esistente in un altro Paese, testimoniano l’evoluzione storica della mafia. Queste iniziative legislative hanno l’enorme merito di regolare un fenomeno la cui stessa esistenza era negata anche dalle più alte sfere del potere. Grazie alla legge la società italiana ha potuto trovare, sin dall’inizio degli anni ‘80, un punto di appoggio per definire e ratificare/sancire/rendere legittima la frontiera tra mafia e non-mafia, legale e non-legale.
Tali iniziative costituiscono un utilissimo esempio per gli altri Paesi che, confrontati a problemi simili, possono vederlo come un percorso da seguire, come dimostrato dalla vittoria dell’associazione francese Crim’HALT, nata nel 2014, che propone riflessioni cittadine sulla criminalità organizzata, largamente ispirate al modello italiano. Fabrice Rizzoli, cofondatore dell’associazione che, insieme a Mario Vaudano, il «presidente di onore» di Crim’HALT, ha permesso la votazione di questa legge, spiega:
« Dall’8 aprile 2021, la Francia dispone di una legge per mettere i beni immobili confiscati a disposizione delle associazioni di interesse generale, delle fondazioni di utilità sociale e degli operatori dei alloggi sociali. Con questa legge, la casa del narcotrafficante potrà diventare un alloggio d’emergenza per persone svantaggiate, l’appartamento del corrotto verrà messo a disposizione di una ONG. In qualità di cofondatore di Crim’HALT, siamo orgogliosi di questa vittoria! La riutilizzazione dei beni confiscati a fini sociali rimedia ai danni causati dai criminali sul territorio: e quando si ripara il territorio, si riparano gli uomini e le donne che ci vivono. Questo l’ho imparato in Italia e ho voluto trasmettere le mie esperienze in Italia e mostrare ai Francesi che funziona. »
Nonostante questa sua convinzione, non è stato un percorso semplice ed è servito un enorme lavoro per convincere il legislatore, come ci spiega ancora Fabrice Rizzoli:
« Tutto ha inizio nel dicembre 2009, con un freddo glaciale, a Bruxelles, dove una manciata di militanti antimafia di FLARE (Freedom Legality And Right in Europe), proiezione europea di Libera, giocavano a Confiscopolis davanti al Consiglio dei Ministri dell’Unione Europea. L’obiettivo era convincere che la confisca non basta, che bisogna applicare il riutilizzo sociale dei beni confiscati in tutti i Paesi d’Europa, come già accadeva in Italia. Per 11 anni FLARE (2009-2014), e poi Crim’HALT, sostenute da associazioni francesi come Libera Francia, Anticor, Altritaliani e FocusIn, hanno sensibilizzato l’opinione pubblica riguardo all’importanza di una legge che coinvolga i cittadini nella lotta al crimine organizzato: sensibilizzazione all’interno dei partiti politici, conferenze, comunicazione anche in televisione, dove mostravo fieramente i prodotti di Libera Terra. Dal 2010, ho percorso le terre liberate dalla mafia in tutta Italia. In mezzo alle cooperative di Libera ed altri, ho capito che il riutilizzo sociale dei beni confiscati è l’arma migliore contro la mafia perché permette il cambiamento di mentalità! Ad esempio, a Corleone coltivare la terra su appezzamenti che appartengono ancora a famiglie mafiose è l’unico modo di ridurre il consenso sociale dei clan. Non sono l’unico a voler convincere.
Nel 2012, a Parigi, due giovani donne diedero vita a un concept store, Ethicando, nel quale si degustavano i prodotti di cooperative come Libera Terra, Goel ecc., coltivati nei territori liberati dalla mafia. Ethicando e FLARE France fecero dunque “Antimafia con la pancia”: un progetto di un’efficacia impressionante per convincere cittadini, giornalisti, partiti politici e qualche magistrato. Contemporaneamente, la Commissione del Parlamento Europeo CRIM impose la raccomandazione di “riutilizzo sociale dei beni confiscati”, che venne integrata nella Direttiva 2014/42.
L’input dell’UE ci aiutò a far votare un primo articolo di legge nel 2016, che venne però bloccato dal Consiglio Costituzionale… Crim’HALT ripartì dunque all’attacco. Nel 2018, decidiamo di elaborare un progetto europeo Erasmus+ che ci portò a Casal di Principe con il Comitato Don Diana nel 2019, ma anche alla Valle del Marro a Polistena nel 2020. Ogni volta, una ventina di cittadini francesi (militanti associativi, giornalisti, imprenditori sociali) furono educati all’Antimafia sociale. Mi ricordo ancora della giornalista corsa che piangeva davanti alle foto delle numerose vittime innocenti nella Casa Don Diana, un bene confiscato a un sicario dei Casalesi. Questa formazione UE ha aiutato Crim’Halt a «federare» molti altri attori dell’economia sociale e solidale. Dopo l’ennesima battaglia legislativa, nel 2021, Crim’HALT riesce ad imporre il riutilizzo sociale nella legge francese. Comincia cosi un’altra sfida, applicare la legge, ma ora può nascere una rete di collaborazione transnazionale proprio dei beni confiscati in Europa».
Fabrice Rizzoli, co-fondatore de Crim’HALT, &
Bérengère Denizeau,
doctorante en «juri-traductologie», sur l’intraduisibilité des textes législatifs italiens antimafias.
************************************************************************
APPROFONDIMENTI:
Sito di Crim’HALT e Pagina Facebook
MAFIE. Ora anche la Francia ha una legge per l’uso sociale dei beni confiscati alla mafia: “L’Italia ci ha insegnato che così si cambia la mentalità”
(Il Fatto quotidiano 18 aprile 2021)
Une victoire pour l’association Crim’HALT qui plaide depuis des années pour une loi sur l’usage social des biens mal acquis
(Crim’HALT du 1er avril 2021)