In una giornata di primavera ci saluta Gianmaria Testa. La sua voce calda e notturna, nella quale volano aeroplani e mongolfiere, ci lascia quasi in silenzio, come discreta è stata la sua presenza nella musica, quella colta che a Parigi sapevano apprezzare.
Era malato di tumore, come aveva ammesso un anno fa, quando spiegò a Michele Serra che non poteva più essere operato e voleva far capire al suo pubblico il perché di quella sua scomparsa, di quel silenzio che stava accompagnando gli ultimi mesi della sua carriera; un silenzio, spiegò, dovuto anche al suo pudore:
Mi mancano i concerti, mi manca moltissimo suonare e cantare. Lo faccio piano, da solo. Di notte, così non do fastidio – disse a Serra -. Penso molto alla musica e alle canzoni, ci penso continuamente. È come se mi rendessi conto solo adesso che erano parte integrante del mio vivere.
Testa è uno degli esempi di come il nostro cantautorato, talvolta, sia più apprezzato all’estero che in Patria e, infatti, la sua sua carriera principale si è sviluppata in Francia, dove il cantante era molto apprezzato. L’Olympia è stato il suo tempio elettivo, dopo aver esordito al festival musicale di Recanati, nell’eco leopardiana. Un filo ideale lo lega al cantautore anarchico Leo Ferrè come allo scrittore Erri De Luca, le note spaziano dal jazz al valzer, e le assonanze vagamente fluttuano da Paolo Conte a Capossela e Fossati.
Musicisti di alto livello lo hanno accompagnato in questo ventennio di stupore in musica, da quando la produttrice francese Nicole Courtois avverte il vigore espressivo del cantautore cuneese. E con Gianmaria Testa suoneranno nel tempo Enrico Rava e David Lewis (tromba), Jon Handelsman (sax, clarinetto), i fratelli François e Louis Moutin (contrabbasso e batteria), Leonardo Sanchez (chitarra), René Michel (fisarmonica, pianoforte), ed ancora la pianista Rita Marcotulli e Glenn Ferris (trombone) e Vincent Segal, musicisti di levatura internazionale, come unanime è stato l’apprezzamento dalla Francia alla Germania all’Austria, dall’Olanda al Belgio e poi Canada e Stati Uniti.
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Un po’ meno in Italia, non erano tantissimi a conoscerlo, (da noi se non sei televisivo non esisti); eppure chi lo ascoltava per la prima volta restava colpito dalla serenità e dalla forza dei suoi versi, dalla sua chitarra e dalla voce riguardosa e riservata. L’amore inviolato e i sognatori, pagine che riflettono nostalgie che profumano di piogge serali, quelle che osservi scendere lentamente sui vetri.
E la poetica degli ultimi, degli invisibili: e non sarà un caso che sarà don Luigi Ciotti ad officiare l’ultimo saluto ad Alba, fra le sue colline e i vitigni dove era nato 57 anni or sono, e dove aveva svolto (a Cuneo) la professione di capostazione.
Questi i suoi preziosi album: Montgolfières (1995), l’anno dopo esce Extra-Muros, nel 1999 esce Lampo e nel 2000 Il valzer di un giorno; nel 2003 pubblica Altre latitudini e nel 2006 Da questa parte del mare; quindi nel 2009 Solo dal vivo, nel 2011 esce Vitamia e tre anni or sono Men at Work. Tantissimi i concerti e rare le apparizioni televisive. Non è vastissimo il repertorio di Gianmaria Testa, ma quanto basta per restituire atmosfere in controluce, versi d’amore e dignità verso i remoti, i reietti, come pochi altri (De Andrè su tutti) hanno saputo cantare.
Armando Lostaglio