Si celebra il quattrocentesimo anniversario della morte di Carlo Gesualdo, Principe di Venosa, il sommo madrigalista, una figura di altissimo spessore culturale, nonché personalità inquietante quanto esaltante avvenuta l’8 settembre del 1613. Ha scritto alcune tra le pagine più sublimi della storia della musica, ponendosi soprattutto come l’iniziatore del canto polifonico.
“Le composizioni di Gesualdo da Venosa sono spericolate, da un punto di vista delle armonie sono modernissime. Magari il pubblico non le riconoscerà, ma può darsi che eseguirò qualche sua citazione”. E’ quanto ha recentemente dichiarato il pianista Ludovico Einaudi, impegnato in vari tour che spaziano dal jazz al jazz-rock, e non disdegna composizioni per film con colonne sonore impeccabili. Lo avevamo incontrato in una estate musicale (per Vulcanica in Basilicata) e la sua discrezione e familiarità rimangono intelligibili. Secondo la critica, la svolta musicale si avrà nel 1996 con “Le Onde”, ispirato a Virginia Woolf, dove “il momento del mare diventa simbolo della vita stessa”. E’ appunto la vita, la creatività e l’amore per la poetica che il maestro legge in Gesualdo da Venosa, di cui si celebra quest’anno il quattrocentenario dalla morte.
Anche per il maestro torinese, autore di una moderna classicità in musica, il principe dei madrigalisti rimane una figura di assoluta modernità cui attingere e far costante riferimento. La vita travagliata del principe di Venosa ha affascinato altri musicisti come Franco Battiato, e cineasti della forza di Werner Herzog e Bernardo Bertolucci. Ed artisti come Giovanni Balducci che dipinge una pala visibile nella chiesa di Santa Maria delle Grazie a Gesualdo (in provincia di Avellino). Una vita travagliata, colma di squilibri e gelosie, culminata con l’assassinio della moglie Maria D’Avalos (colta in flagranza) con l’amante Fabrizio Carafa, principe di Andria.
Eppure tanta vitalità creativa lo hanno sempre accompagnato fino alla fine, giunta come una liberazione, “in un uomo che aveva trovato nella propria infelicità – scrive Raffaele Nigro – una propulsione a creare musica sacra”.
Ed il maestro Einaudi sa farne felice ricorso e riproposizione.
Armando Lostaglio