L’inevitabile trionfo della destra in Francia alle Europee.

Il voto delle Europee è andato come è andato e tutto sommato sembra confermata la coalizione Ursula anche per questa legislatura. Eppure, di scossoni in diversi Paesi europei ve ne sono stati. Ci soffermiamo sull’autentico trionfo della destra lepenista in Francia che stacca di 17 punti percentuali il partito del Presidente Macron.

Come si è arrivati a una vittoria simile, che peraltro era già nell’aria da mesi? Chi sono i responsabili di una tale debacle della repubblica? Chi o cosa ha portato milioni di francesi ad affidarsi a Marine Le Pen e soci, ancora temutissimi dagli elettori nelle ultime presidenziali ?

I francesi hanno scelto chi, con meno ipocrisia e meno politichese, è andato dritto nei sentimenti di una cittadinanza in sofferenza e ha capito il malessere profondo di molti francesi. È l’ora della verità, di dirsi le cose come stanno, senza più inutili panegirici, i fatti sono fatti e non si può e non si deve fare finta di niente.

A Bardella la vittoria è stata consegnata da un Presidente, senza maggioranza, che negli ultimi anni ha vissuto di ambiguità, di affermazioni che si contraddicevano, di mancate risposte sui temi più sentiti dal corpo elettorale in una Francia che, anno dopo anno, è apparsa sempre più svilita in una devastante crisi d’identità, divisa e provata dal terrorismo fondamentalista, da anni di scioperi e scontri di piazza, mentre all’immobilismo governativo faceva da controaltare una sinistra intenta ad occuparsi più di questioni di genere o dando spazio a fenomeni effimeri e vuoti come il “Cancel Culture”. Mancate risposte anche a un paese travolto dalla crisi economica che non è un’astrazione ma la realtà, con la crescita della povertà, con un disagio giovanile sempre più diffuso e che si esprime spesso in una solitaria emarginazione, in assenza di riferimenti culturali e politici forti, con violenza e aggressività.

Oggi la sinistra francese sostiene con superficialità che uno dei motivi principali, non il solo, della sconfitta di Macron sia nei propositi “bellici” del presidente. Questa ipotesi sa di foglia di fico per coprire più gravi responsabilità di Macron ma anche dell’intero sistema partitico francese. Anche i meno attenti sanno che la proposta di Macron all’Europa era di inviare truppe non per attaccare la Russia ma per proteggere semmai la libertà dell’Ucraina e dell’Europa intera e che questa ipotesi non necessariamente porterebbe ad una terza guerra mondiale.

Macron non è scevro da responsabilità. Si è trovato bloccato nelle sue ambiguità, acuite dall’ultima elezione politica francese, quando il Presidente si è visto privo di una maggioranza, in una società quella francese divisa che chiedeva scelte radicali dopo anni di caos tra infiniti scioperi, in un contesto economico sempre più difficile, con il costo della vita che sale e i redditi che scendono, al cospetto di una crisi che riguarda tutti i settori della vita pubblica, dalla sanità alla scuola, con riforme mancate e altre riuscite, ad esempio quella sulle pensioni, ma solo a costo di conflitti sociali durissimi.

Jordan Bardella

La Francia è un Paese diviso, in cui ogni categoria è una lobby, con sindacati privi di visione, privi di un sentimento di solidarietà che vada al di là della semplice categoria di appartenenza tanto che spesso le azioni di lotta e rivendicazione vanno a colpire direttamente l’insieme della popolazione e non certo i ceti padronali. È quanto avvenuto con gli scorsi lunghissimi scioperi nei trasporti che hanno sfavorito le categorie più deboli, le persone più fragili.

La Francia ormai da anni non riesce più ad avere, se mai li ha avuti, dei valori condivisi. In Italia qualunque partito di destra o sinistra sente di appartenere a una patria comune (paradossalmente, noi non abbiamo una solidissima identità nazionale). In Francia questa casa comune, questo elemento patriottico non è motivo di solidarietà ma di divisione, qui il patriottismo è ancora considerato un valore di destra, in alcuni settori politici è vista con disprezzo, alla patria francese si cerca di opporne una, universalista. Il che ha anche senso ma solo a costo che si abbia coscienza che tali valori sono frutto dell’identità culturale francese che è stata in grado di contribuire sostanziosamente alla nostra civiltà occidentale. Tali valori andrebbero nutriti, coltivati e valorizzati. Avere coscienza e fierezza della propria storia, l’illuminismo, la rivoluzione, la grandezza e la modernità di Napoleone e dei suoi codici, ne sono patrimonio, così come le arti e la cultura: Hugo, Zola, Proust…, e la poesia e la pittura e quanto altro è luce della nostra civiltà occidentale. Infine, i principi base della società, in primis la laicità che ancora alcuni anni fa era un caposaldo del vivere insieme della pur cattolica Francia.

Il popolo francese sente di aver perso negli anni questa narrazione. La Francia è stata flagellata per decenni da una cultura mediatica, mi duole dirlo spesso sollecitata dalla superficialità e a volta dall’opportunismo di alcuni settori della sinistra specie i più estremi, che sviliva i meriti francesi, incolpandola di ogni male a partire dal colonialismo, anche a costo di dimenticare la Storia e i suoi contesti. Ci si è sentiti traditi. Si può sostenere la laicità e poi assistere allo sgozzamento del Professore Samuel Paty, colpevole solo di aver tenuto una lezione sull’umorismo, la satira e la religione musulmana? In un paese che nel solo 2024 ad oggi ha avuto nelle scuole tremila attacchi alla laicità? Ebbene a Paty, la bandiera della laicità in Francia, solo il suo istituto gli è stato dedicato, là dove in ogni città, in ogni comune, in ogni villaggio ci vorrebbe una scuola a suo nome a perenne ricordo del suo martirio nel nome della laicità e dell’identità francese.

Si può difendere l’identità francese e poi sostenere come ha sostenuto Macron che la Francia non ha un’identità ma tante identità? Quale integrazione ci può essere o richiedere se stesso la Francia denuncia di non avere identità; e poi come si fa a sostenere il proprio ruolo storico quando si deve festeggiare, come è successo tempo fa, Napoleone Bonaparte, una delle figure della grandeur francese, un’icona della patria francese, apprezzata e riconosciuta in tutto il mondo, quasi di nascosto per non irritare le vestali della cultura woke e del “Cancel culture” che senza alcuna conoscenza della storia hanno deciso che Napoleone era schiavista e colonizzatore.
Lo stesso anno si è viceversa messa tra i grandi della Francia Josephine Baker, nulla questio, benissimo, è giusto, anche se molti hanno ironizzato sul fatto che lei era politically correct e inoltre anche nera.

I francesi si sentono spaesati, avvertono come se le loro istituzioni e i loro partiti, eccetto le Rassemblement National, nutrissero un senso di vergogna verso il proprio passato, una cosa inaudita. Nessuno può governare un Paese senza amarlo e rispettarlo. Viceversa loro si sentono privati del riconoscimento della loro grandezza e dei loro meriti nella civiltà occidentale, avvertono le minacce interne ed esterne a un modello di vita e di libertà, che è il nostro,  a stili di vita e modelli politici di società democratiche sempre più minacciate, in questo terzo millennio, dall’autoritarismo di dittature come quella russa o cinese, aggredite ferocemente dal fondamentalismo islamico in Francia come in Israele, e a questo proposito è bene dire che non è solo il sionismo che disturba le società musulmane del Medioriente e nemmeno il fatto che gli israeliani siano ebrei, l’attacco ad Israele è un attacco ad un avamposto occidentale che si trova nel cuore delle comunità musulmane.

Anche su questo Macron è stato ambiguo. Non è un caso, del resto, che quotidianamente le comunità ebraiche in Francia sono oggetto di aggressioni e intimidazioni da parte della crescente comunità musulmana.

Sia chiaro, non tutti i musulmani sono fondamentalisti, è il caso di dire grazie a Dio, ma è anche vero che per i 130 ragazzi massacrati al Bataclan non c’è stata alcuna manifestazione, neppure spontanea, della comunità musulmana di Parigi a sostegno della Francia ferita e dei suoi valori. Come dire che i fondamentalisti ammazzano e gli altri musulmani se ne stanno buoni in silenzio a guardare altrove.

Così come all’indomani del terribile attacco terroristico di Hamas, i palestinesi e in generale la comunità musulmana internazionale non hanno sentito alcuna necessità di manifestare contro tale violenza, contro la decapitazione di bambini, le violenze carnali di donne e adolescenti, non c’è stato un solo sussulto di indignazione, da quel mondo. Non un musulmano si è alzato per dire: sono contro il terrorismo. Anzi i musulmani in Francia e in America, marginalmente in altri paesi, caldeggiati da una sinistra sempre più illiberale e indottrinata alla meglio, hanno dato vita a violente manifestazioni nelle Università a sostegno dei palestinesi arrivando a picchettaggi per impedire ai giovani ebrei di seguire i corsi universitari. Un tempo queste pratiche si credeva appartenessero solo ai nazisti, ma si vede che la Storia è cambiata.

A proposito di disordini, la Francia ha subito, sotto la presidenza Macron, gli allucinanti undici mesi di “Gilets jaunes” con settimanali saccheggi, scontri nel cuore di Parigi, con roghi che venivano accesi anche a semplici case di privati, il tutto con una polizia super equipaggiata per quanto sostanzialmente imbelle.

Il popolo francese si è sentito tradito anche sul piano della sicurezza. Si può garantire l’ordine e la pacifica convivenza e allo stesso tempo chiedere e ottenere, senza nessuna obiezione un minuto di silenzio all’Assemblée Nationale per un delinquente che a Nanterre ha rubato un’auto ed è rimasto ucciso nel tentativo di scappare alla polizia? Si può avere certo un’umana pietà, si può e si deve sicuramente indagare sulle circostanze della sua uccisione, ma un minuto di silenzio…come fosse morto un eroe, uno statista, una figura che ha illuminato il Paese, francamente no.

Queste sono solo alcune delle responsabilità di Macron, poi ci sono responsabilità dei partiti a partire dalla France Insoumise che a forza di islamo-gauchisme è diventato un partito islamico tout court di cui Mélenchon potremmo dire è il profeta. Personalmente da vecchio uomo di sinistra ero abituato alle dure battaglie per la liberazione delle donne, per l’amore libero, per i diritti civili. Oggi i musulmani sono circa il 10% della popolazione francese e LFI, il partito di Mélenchon, ha avuto il 10,5% come dire una parte sono giovani studenti che ad ogni fine anno scolastico e universitario bloccano gli istituti e il grosso sono musulmani. Per cui i francesi laici hanno dovuto assistere nel tempo a menù scolastici halal, ai burkini sulle spiagge, alle piscine con gli orari separati tra uomini e donne perché gli uomini musulmani non vogliono contaminarsi con le donne francesi; nelle periferie dove ci sono caffè interdetti alle donne e riservati ai solo uomini. Questa è la laica Francia di Macron e della sinistra francese. Una sinistra che sa essere violentissima e che predica la Pace solo quando le conviene.

Perché non ci è stata una manifestazione della France Insoumise contro l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia? È semplice, la Russia è percepita come antiamericana e quindi gradita ai postcomunisti di quel partito che vivendo nella loro bolla non si rendono conto di essere complici dell’attacco al nostro modello di civiltà. Ergo che anche se questa sinistra si dichiara e si riempie la bocca dell’aggettivo democratico, democratica non è, e in tal senso sono rimasto colpito dal fatto che loro sono rimasti a caldo, avuti i dati elettorali, indifferenti per il successo di Bardella ma molto contenti per la sconfitta di Macron. Come dire che tra autoritari ci si arrangia il vero pericolo è la democrazia. Così per il pacifismo che demagogicamente è buono solo se mi è utile in chiave antiamericana ed ecco perché questa sinistra scende in piazza per Gaza, ma non per l’Ucraina. Tanta ipocrisia si paga anche in termini elettorali.

Raphael Glucksmann

C’è da sperare nel più moderno e progressista Glucksmann che, se non altro, ha riportato il PS francese a percentuali di tutto decoro. Sono per lui ore decisive, si tratta di resistere alla tentazione di un “Fronte Popolare” che è diviso su tutto e che rischia di essere un’ammucchiata utile solo come cartello elettorale. C’è da sperare che lui sì, non si faccia contaminare dal profeta della France Insoumise, scegliendo la via del progresso e della modernità, anche perché la Storia della Francia non termina alle ore 20 del sette luglio.

Ora è chiaro perché ha vinto Bardella e perché questa vittoria fosse inevitabile. Tuttavia, una critica va fatta anche agli elettori. In questa tornata si votava per le europee e invece i francesi in massa hanno rovesciato la loro collera non contro le istituzioni europee ma contro il proprio Presidente.  Il tracollo presidenziale ha quindi portato allo scioglimento dell’Assemblea nazionale e alla convocazione di nuove elezioni politiche per il prossimo 30 giugno con ballottaggi per il 7 luglio (poco prima delle attese e temute Olimpiadi).

Molti hanno criticato Macron anche per questa scelta che in verità appare un azzardo ma anche un atto di coraggio. La Francia viene messa davanti alle sue responsabilità, oggettivamente il paese è in un pericoloso stallo dovuto al corto circuito di un parlamento spaccato a metà tra sinistra e destra, con una sinistra che a sua volta, come spesso le accade, si è frantumata al suo interno e un Presidente costretto a fare l’Arlecchino servo di due padroni, finendo per non produrre nulla di solido per il futuro del paese, lasciando nell’alveo delle belle intenzioni ogni sua promessa e speranza.

Giustamente Macron, in un sussulto d’orgoglio, ricordando bene quale fosse il suo ruolo, ha rilanciato ai francesi la decisione, come è giusto che sia in democrazia. È possibile che questo favorisca Le Pen? Si, è possibile, ma del resto Le Pen è legittimata ampiamente dal popolo. È di destra, ma anche la Meloni in Italia lo è e non stiamo assistendo a nessun concreto pericolo di autoritarismo nel Paese almeno ad oggi. Siamo in solide democrazie e Macron sa che se Le Pen vincesse dovrebbe governare fino al 2027 data delle prossime presidenziali e per allora gli scenari potrebbero essere radicalmente modificati, magari a suo vantaggio. La storia insegna che fare l’opposizione è facilissimo, difficile è governare specie in paesi ad alto tasso di conflittualità come la Francia.

Nicola Guarino

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Nicola Guarino
Nicola Guarino, nato ad Avellino nel 1958, ma sin dall’infanzia ha vissuto a Napoli. Giornalista, già collaboratore de L'Unità e della rivista Nord/Sud, avvocato, direttore di festival cinematografici ed esperto di linguaggio cinematografico. Oggi insegna alla Sorbona presso la facoltà di lingua e letteratura, fa parte del dipartimento di filologia romanza presso l'Università di Parigi 12 a Créteil. Attualmente vive a Parigi. E’ socio fondatore di Altritaliani.

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