Le sardine di Natale.

In un paese dove il 77% dei cittadini non ha più fiducia nei partiti politici, dove quasi il 50% degli abitanti non vota più da anni, dove il 42% non segue neanche più i telegiornali per non parlare dei giornali, era da aspettarsi che prima o poi nascesse un fenomeno come le Sardine.

Oggi i putibondi talk show politici se li contendono, per farne l’ennesimo ed effimero fenomeno mediatico, per ridurli all’ennesima buffoneria, loro partecipano sempre, ma chi va in video lo fa unicamente a titolo personale. In tanto, riempiono le piazze di tutt’Italia. Cercano di riappacificare il mare della politica sempre più preda di cozze che non vogliono mollare i propri scogli, di sguscianti ed imprevedibili murene, di pescecani accecati da una continua visione del sangue, i famigerati odiatori, sempre pronti a caricare i frustrati italiani contro sempre nuovi pseudo nemici: i diversi, i neri, i migranti, ma finanche le donne che pretendono maggiore rispetto dei propri diritti e poi naturalmente l’avversario politico che sempre più è additato non come appunto avversario, ma nemico, un nemico colluso ora con i banchieri, ora con le ONG, ora con la Germania, la Francia, quasi che queste ultime fossero oppressori della nostra patria e non alleati ed amici da sempre. Una banalizzazione che riduce tutti a buoni e cattivi, con i cattivi che sono sempre gli altri.

Con questo story telling di paure spesso immaginarie, da anni il paese è paralizzato, al punto che cittadini in collera sono sembrati pronti a dare le chiavi dello stesso ad una politica populista, improvvisata, incompetente e spesso infamante. Contro tutto ciò si battono le pacifiche Sardine che ora tutti (specie i diseducativi talk show politici, leggi Agorà, Carta bianca, Di Martedì, Piazza pulita ed affini) tentano di immeschinire invitandoli, non senza perfidia, a formare l’ennesimo partito. Ed invece con la loro pacifica protesta per domandare una politica competente, seria e non urlata, le Sardine sono il fenomeno italiano dell’anno 2019 giunto ormai agli sgoccioli.

Niente partito delle Sardine, loro sfuggono con ogni forza a questa prospettiva. Per loro, ma anche per molti dei loro simpatizzanti, il punto non è creare un nuovo partito, ce ne sono fin troppi, ma semmai di spingere l’attuale sistema di partiti ad avere una visione seria e concreta del futuro, di uscire dal continuo conflitto, spesso a colpi di fake news, per abbracciare una politica che sia più dialogante, più condivisa, più dignitosa e capace di parlare alla gente senza subdole manipolazioni.

Per loro il vero punto è di emarginare gli odiatori (in primis il loro campione Salvini) nel nome e nel bene del Paese, che più di odiatori ha bisogno di riforme, di un confronto e di una dialettica che finalmente abbandoni la demagogia, i facili annunci e che cerchi soluzioni reali e realistiche ai complessi problemi del paese.

Certo le Sardine hanno dei principi e dei valori che hanno portato molti a definirli, strumentalmente, di sinistra. Loro, ad esempio, credono nella partecipazione, nella solidarietà, nell’accoglienza e nell’inclusione. Sono contro a provvedimenti fascistoidi come il decreto sicurezza, sono per lo ius soli o culturae, tutti valori certo della sinistra, ma anche del mondo cattolico e finanche dell’area liberale. Sono per la Costituzione e per il suo rispetto ed è bene ricordare che questa Costituzione fu voluta e votata da forze politiche uscite dalla dittatura fascista e che erano di sinistra come di centro e finanche di destra.

Chi vuole ipocritamente che loro si facciano partito ne vuole in realtà la morte per evidenti interessi di parte. Loro resistono (Bella Ciao!) ricordando che non tocca a loro dare risposte, ma porre domande ed una domanda in particolare che hanno posto all’insieme delle forze politiche, quella di uscire dai personalismi, da un degrado politico che sembra aver dimenticato la realtà spesso drammatica del paese, scadendo in toni e forme di bassa volgarità e che hanno portato la nostra democrazia nelle misere condizioni attuali.

Siano queste forze politiche e non altre a dare risposta, anche perché chi è sceso nelle piazze (a milioni), dice basta a questo modo urlato di fare politica, basta alla sceneggiata di tutti contro tutti chiedendo invece attenzione alle esigenze di cittadini che sarebbero pronti a partecipare, magari partendo dal voto nelle elezioni, ma purché la politica, per una volta, si faccia capace di ascoltare. Si parli di lavoro, di giovani (sempre più dimenticati), di ambiente, di città più vivibili, insomma di cose concrete.

Benvenuti giovani e benvenute Sardine, la politica non sia ruffiana, non si limiti a plaudirle o peggio di chiedere a loro le soluzioni che essa stessa non è capace di trovare, la politica per una volta, dopo decenni persi in eterni e sterili conflitti, si assuma la responsabilità di cercare e di dare risposte, ma vere e concrete, senza inutili ed ulteriori baruffe, senza annunci sui social, ma nel concreto delle sedi istituzionali. La politica faccia uno sforzo e ritrovi la dignità di un tempo. Si impegni anche per il proprio rinnovamento dando magari spazio anche nel suo seno al merito, visto che l’attuale classe politica appare troppo spesso incolta, impreparata, incompetente e priva del più elementare senso dello Stato.

Nicola Guarino

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Nicola Guarino
Nicola Guarino, nato ad Avellino nel 1958, ma sin dall’infanzia ha vissuto a Napoli. Giornalista, già collaboratore de L'Unità e della rivista Nord/Sud, avvocato, direttore di festival cinematografici ed esperto di linguaggio cinematografico. Oggi insegna alla Sorbona presso la facoltà di lingua e letteratura, fa parte del dipartimento di filologia romanza presso l'Università di Parigi 12 a Créteil. Attualmente vive a Parigi. E’ socio fondatore di Altritaliani.

1 COMMENTAIRE

  1. Grazie, Nicola, di quest’analisi chiara e tanto necessaria per gli « altri italiani « , come me, che all’estero guardano all’Italia tanto amata con perenne inquietudine politica.

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