La nostra Carmelina Sicari ci accompagna verso le feste natalizie facendoci entrare nell’intimo significato di tre parole altamente evocative in questo periodo. E lo fa indicandoci quello che gioia non è perché riusciamo a meglio comprendere ciò che lo è ! I grandi maestri della letteratura ci faranno da faro in questo breve viaggio nelle parole.
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Per le feste non esplodono soltanto i mortaretti, la frenesia dei regali, la fretta animosa degli acquisti ma anche le parole.
Fra le tante insolite per la verità come auguri, lunga vita, prosperità, ce ne sono alcune che meritano riflessione e si sottraggono ad un uso frettoloso ed inconsapevole.
Gioia. La parola potrebbe essere sinonimo di festa che ricorre a iosa in tempi come quelli attuali.
Ma in un certo senso il suo reale significato è sottinteso e sommerso da realtà come doni, danze, allegria e così via, perché tutto sommato è più facile dire ciò che non è gioia.
Ci aiutano dei testi letterari:
Quello spirito guerrier ch’entro mi rugge, è il contrario della gioia per Foscolo (nel sonetto “Alla sera”)
Come dentro al tuo petto eterne risse
Ardon che tu né sai né puoi lenire,
dicono i cipressi a Carducci (in “Davanti san Guido”).
Un cuore dominato dall’inquietudine non può infatti conoscere la gioia.
D’altro canto, il termine fa la sua apparizione nell’ “Addio ai monti” di Manzoni:
Chi dava a voi tanta giocondità è per tutto; e non turba mai la gioia dei suoi figli se non per prepararne loro una più certa e più grande.
“La Gioia” è il misterioso titolo di Bernanos nella guerra tra Dio e il diavolo.
Trascorre una gioia leggiera ne “La mia sera” di Pascoli.
E dunque gioia è un termine naturalistico o religioso.
Ci aiuta a comprendere il romanzo di Elisabeth Langgässer, “Gli argonauti del Brandeburgo”: I compagni di viaggio tornati alla rispettive dimore si rimettono in viaggio ossessionati da una parola che non ricordano. Ripercorrono singolarmente le tappe dell’itinerario già fatto finché ai piedi dell’altare di una chiesa visitata trovano la scritta:
GAUDEAMUS DOMINO DEO NOSTRO.
Il richiamo alla gioia.
Dunque, la gioia ha a che fare con una dimensione interiore e spirituale. E l’esplorazione di questa dimensione è affrontata da pochi con una singolare scoperta: il creato tutto è pervaso dalla gioia. Ad essa si può accedere per gradi.
I più alti mai raggiunti sono quelli di Davide che danzava reso folle dalla gioia davanti all’arca e come dicono le agiografie di S.Giuseppe da Copertino che la gioia spingeva in alto impedendogli di restare attaccato al suolo.
Bernini nell’ “Estasi di Santa Teresa d’Avila” ha provato efficacemente a rappresentare nel sopore della santa l’immersione nell’universo della gioia.
Ma anche altri due termini “riso” e “sorriso” sono le parole della festa e se sul riso si è molto discettato dal saggio sull’Umorismo di Pirandello, sul sorriso molto meno.
Eppure, ci sono due sorrisi coperti dal mistero, quello della Gioconda e l’altro di Budda.
Che significato hanno?
Il riso può esprimere il sentimento del contrario secondo quanto afferma lo scrittore siciliano ma il sorriso ineffabile ed indecifrabile della Gioconda e del Budda?
Contiene il segreto della gioia, certo, che solo alcuni sono chiamati a decifrare.
Carmelina Sicari
LINK INTERNO: Pirandello, un profeta del nostro tempo, della stessa autrice.