Recenti immagini di Milano hanno evocato al nostro Armando Lostaglio questa breve intersezione di una Milano alquanto vitale e meridionale, nel secolo scorso. Il dopoguerra è un periodo interessante della storia italiana. Quello della rinascita, del boom economico, del contrasto però tra centro città e periferie, dell’emigrazione di massa dal Sud alle città del “triangolo industriale” (Milano, Torino, Genova), con l’ibridazione della cultura popolare del Nord e quella del Sud.
*****
La storia della canzone comica, e quindi del teatro-canzone, fa di Giorgio Gaber ed Enzo Jannacci i profeti popolari nella cui “straziante malinconia naufragavamo un po’ tutti voluttuosamente.”
Le radici dell’arte di Jannacci e Gaber affondano nella grande tradizione comica della canzone italiana, che dalla “macchietta” di Nicola Maldacea a Petrolini a Rascel, approda a Carosone e Buscaglione, quando siamo negli anni ’50.
Proprio su questa linea, Jannacci è il primo a fondere organicamente nella sua poetica sia il comico che il patetico, umorismo e critica sociale. “Andava a Rogoredo” è una smarrita canzone d’amore, ma è soprattutto un ritratto “dal basso” della Milano del boom economico.
Le trattorie e le cantine esponevano Vini di Trani e Barletta e non mancavano i vini dal Vulture, da Rionero e Barile, data la forte domanda nelle vendite: una tradizione commerciale che veniva dalla fine dell’800. La canzone di Gaber “Trani a gogò” rimane l’emblema di un periodo storico che legge l’altra faccia del boom anni ’50 – ’60, che si affogava nel vino. Milano ne rappresenta la capitale, vertice del triangolo industriale che vede anche Torino e Genova protagoniste del fenomeno migratorio, borghi e città del sud si svuotarono.
Gaber Jannacci Dario Fo Gianni Brera, e ancora Beppe Viola e Celentano con il suo Clan furono i cantori mitici di un sottoproletariato del quotidiano senza storia, con le storie tutte uguali: condomini di lamiera, treni pendolari nelle albe nebbiose, e vie Gluck di periferia.
Le canzoni della mala di Fiorenzo Carpi e Gino Negri per la voce accattivante di una esordiente Ornella Vanoni a suggellarne le varie stratificazioni sociali.
Strehler e il teatro colto e trasgressivo, radicato nel tessuto socio-politico.
Tra i film che meglio lo hanno narrato, eredi a colori di “Rocco e i suoi fratelli” di Visconti (1960), è “Romanzo popolare” di Mario Monicelli, con un immenso Ugo Tognazzi, affiancato da Ornella Muti e Michele Placido. Era il 1974. E qualche anno prima, 1971, “La classe operaia va in paradiso” di Elio Petri, con un ineguagliabile Gian Maria Volontè.
La lingua parlata di Jannacci, che nel film di Monicelli canta la struggente “Vincenzina”, non è un semplice strumento di comunicazione: è la materia di cui sono fatti i suoi personaggi. Come in “Prendeva il treno” e “El portava i scarp del tenis”. Capolavori senza tempo. Una città livida e viva.
Armando Lostaglio
(ndr. LINK INTERNO. L’evoluzione del costume italiano, negli anni Sessanta passò anche attraverso l’uso dell’italiano : La linea verde nelle canzoni con gli esempi di Celentano e Gaber)