La mia spiaggia, nei versi di Gabriele De Masi

Le guerre, i profughi, le tragedie, la mala sorte, le quotidiane sventure spesso non fanno altro che renderci impermeabili a quanto, quotidianamente, assistiamo con distratta attenzione.
Gli anni, le ore che viviamo, tra tanto bisogno d’umanità, ci hanno, invece, costruito una corazza di disumanizzazione.
Il lamento del bimbo, il grido sordo di chi, solo, muore, di chi implora aiuto, non giungono più al nostro ascolto di padre, fratello, amico.
Fra poco termina il telegiornale. Meno male!
Che c’è stasera?
Quiz, canzonette, avanspettacolo, magari con qualche donnina rifatta.
Mannaggia.

Tavola di Don Brown da Drowned City

La mia spiaggia

Affogo, salvami,
dammi una mano,
non ce la faccio.
S’increspa l’onda.
Il sale.

(Gabriele De Masi, dall’Irpinia)

P.S. Avremmo voluto scrivere e parlare d’altro, ma la rabbia è tanta, impotente, da non lasciarci alle spalle le settantuno vittime, di cui 16 erano minori, ingoiate, nella notte del 16 febbraio, dal Mare Nostrum. L’umana pietas si è infranta sulla spiaggia rossa di Steccato di Cutro, in Calabria, divenuta presto un cimitero.
Il Mediterraneo, non più mare, bensì un posto dove semplicemente si muore.

È stata una settimana difficile da metabolizzare per l’Italia, che ha già vissuto e talvolta causato simili tragedie. Quest’ultima, il naufragio del barcone carico di migranti, definito beffardamente “Summer Love”, finito in frantumi contro una secca, a cento metri dalla riva, pesa, ancora una volta, sulle nostre coscienze.

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1 COMMENTAIRE

  1. La tragedia di Cutro nelle « immagini » poetiche di De Masi si sviluppa in una serie di inquadrature ,in una scelta di linguaggio stringato,essenziale… » estampes » si direbbe in Francia (e il pensiero corre alle eleganti suggestioni debussyane…)..
    Il naufragio, la richiesta d’aiuto, il terrore di chi « assapora la morte »…
    Infine  » il sale » , l’elemento fisico-chimico dell’acqua marina che si fa segno e sostanza della tragedia compiuta…
    Nei cinque versi c’è ,tuttavia, e si delinea in un neppure troppo nascosto « j’accuse », la natura non di rado « engagée » della poesia demasiana…
    E il pensiero va a Marziale, ai suoi epigrammi che impietosamente e , sostanzialmente in uno stesso minimalismo di scrittura, raccontano le storture della società.
    Un De Masi epigramnmatico stavolta ?

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