Un breve ma intenso itinerario per conoscere storia, scienza ed alchimia delle arti sanitarie della Reale Casa degli Incurabili di Napoli, un complesso ospedaliero rinascimentale, edificato nel 1521, per volontà della nobildonna catalana Maria Lorenza Longo, affetta da una forma di artrite reumatoide giovanile. Ristabilita fece voto di fondare un ospedale per la cura di ammalati rifiutati da altri nosocomi.
Dopo anni di oblio è stata restaurata e riaperta di recente al pubblico, grazie ad un vitalissimo circuito di privati e associazioni, la fornitissima e caratteristica farmacia che fungeva anche da laboratorio, realizzata da Bartolomeo Vecchione [vedi purtroppo aggiornamento in fondo alla pagina!!!]. La Farmacia storica degli Incurabili è senz’altro uno tra i gioielli più preziosi del patrimonio storico-artistico napoletano, un sito da non perdere dove si fondono arte, scienza e cultura, in pieno centro città. Costruita nel XVI secolo, ampliata e decorata nelle forme attuali tra il 1740 e il 1760, ben rappresenta l’idea dell’epoca di curare anche con la bellezza.
Il complesso di Santa Maria del Popolo degli Incurabili si trova nella parte alta del Decumano superiore di Neapolis (Via Maria Longo 50), a poca distanza dal teatro romano di Nerone all’Anticaglia e dalle suore di clausura del Monastero delle Trentatrè, dal ricordo degli anni di Cristo e dal numero massimo che poteva ospitare il convento, anch’esso voluto da Maria Lorenza Requenses giunta a Napoli per seguire il marito, Giovanni Long, italianizzato Longo, funzionario di Ferdinando II d’Aragona, nel 1483.
La facciata principale dell’Ospedale, tuttora in piena attività, è caratterizzata dal grande portone in piperno. Sulla sinistra, due fontane storiche, la Cappella di Santa Maria Succurre Miseris a destra (annessa all’ospedale e sede della Compagnia dei Bianchi della Giustizia che assisteva i condannati a morte), una rampa a due scale, di cui una ellittica, mirabile esempio del barocco-roccocò napoletano con al centro un busto di Maria Longo che conduce alla Farmacia.
La Farmacia del ‘700 (sorta sull’antica spezieria alchemica del ‘500), centro di eccellenza famosa sia per la ricerca che per la produzione di erbe, è formata da un’antisala e da una grande sala di rappresentanza. I finestroni e l’arredamento dei locali con mobili, vasi, specchiere, intagli, dipinti e maioliche richiamano lo stile roccocò.
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Alle pareti dell’antisala le scaffalature sono di legno di noce intagliato, al centro troneggia il tavolo lungo cinque metri in radica di noce, opera dell’ebanista Agostino Fucito. Sulle mensole duecentoquaranta albarelli e idrie farmaceutiche, i tipici contenitori da farmacia, decorati a chiaroscuro turchino, molti dei quali con lo stemma dell’Opera Pia ospedaliera. Nelle vetrinette dorate sono conservate coppe, boccette per contenere preparati di pomate, unguenti e prodotti galenici e chimici.
Nel salone rettangolare rivestito anch’esso di un prezioso stiglio di noce, opera sempre di Agostino Fucito, diviso in scaffalature e vetrine, lampadari attribuiti a Giuseppe Massa, un busto di marmo del Reggente degli Incurabili Antonio Maggiocca che fece costruire la farmacia. I sei piani della scaffalatura sono ornati da lesene con ricchi capitelli. I vasi policromi che contenevano i farmaci (in origine ben 480) sono in gran parte di maiolica e porcellana con scene bibliche ed allegorie delle virtù e delle stagioni firmati dai maestri Lorenzo Salandra e Donato Massa, decoratore del famoso Chiostro maiolicato di Santa Chiara e risalgono al XVIII secolo. Ricchissimi i tre fondali delle vetrine di legno dorato e scolpito, sui quali sono esposti bottiglie e bicchieri di vetro di Murano e di Boemia o di artisti napoletani. In alcuni di questi si trova ancora qualche residuo di liquido medicamentoso e numerosi vasi policromi. Sul soffitto un’enorme tela della metà del Settecento di Pietro Bardellino illustra una scena della Guerra di Troia: l’eroe ritratto è Achille (o forse Menelao), ma il vero protagonista è il guerriero Macaone, esperto nell’arte della medicina, che lo soccorre per curarlo con delle erbe.
Nel vero e proprio Museo delle Arti Sanitarie, mortai ed alambicchi, farmacie portatili, antichi strumenti chirurgici, libri e disegni di anatomia che illustrano le pratiche operatorie, straordinarie vicende dell’Ospedale del reame e raccontano la storia della Scuola Medica Napoletana con sale, intitolate a luminari del panorama scientifico dell’epoca da Domenico Cotugno, al quale è stato dedicato il più grande ospedale di malattie infettive del Mezzogiorno, a Domenico Cirillo, professore di botanica e patologia medica presso lo stesso ospedale, a Giuseppe Moscati, il medico dei poveri fatto santo da papa Giovanni Paolo II nel 1987 e venerato nella chiesa del Gesù Nuovo. Il percorso si conclude con l’Orto Medico “Giardino dei Semplici”, ubicato nel chiostro più grande del complesso, in cui sono state ripiantate da poco tempo oltre cento specie di erbe medicinali. Domina il centro del Chiostro uno splendido albero della canfora, piantato nel 1525.
“In queste vecchie corsie d’ospedale – ha scritto il prof. Gennaro Rispoli, primario chirurgo, emerito studioso e direttore del Museo Arti Sanitarie – accanto ad opere d’arte si dedicarono volontari e benefattori per la cura e il recupero dei pazienti. Fiorì inoltre una cultura medica che partendo dalla lezione ippocratica e dallo sperimentalismo razionale coniugò umiltà, moderazione, rigore e intuito meritando il nome di “Scuola”.
Mario Carillo
LINK UTILE:
Histoire de la médecine: L’Hôpital des Incurables de Naples.
QUAND LA BEAUTÉ AIDAIT À SOIGNER LE CORPS ET L’ESPRIT
de Maria Franchini
Aggiornamento del 8 aprile 2019
La storica Farmacia degli incurabili chiude. L’ennesimo gioiello napoletano abbandonato.
Guardatela bene, ma solo in foto. Questa è, era, la storica Farmacia degli Incurabili: un gioiello del ‘700 napoletano nato sull’antica spezieria del ‘500, annessa al monastero e ospedale omonimo.
Guardatela bene, ma solo in foto. Perché sarà sgombrata. Dimenticate le visite guidate, le espressioni a bocca aperta dei turisti, la bellezza delle maioliche, la perizia dell’ebanista, il fascino dei vasi antichi.
Guardatela bene, ma solo in foto. Perché l’ospedale più antico d’Europa ha chiuso per pericolo di crollo. Qui si praticava da cinquecento anni la medicina, la coltivazione di piante officinali, persino la cura dell’anima nella chiesa coeva che ha il pavimento imploso.
Guardatela bene, ma solo in foto. Lei è il simbolo della desertificazione del Sud, della spoliazione umana, naturale, economica, artistica. Siamo stati condannati a questo con l’invasione del 1860: non lo dimenticate mai, non rendetevi complici del nostro annientamento……….
Da leggere qui l’articolo di Antonio Lombardi, 7 aprile 2019