«Il Piave mormorava, calmo e placido, al passaggio dei primi fanti il 24 maggio». Un secolo fa il 24 maggio 1915, l’Italia entrava in guerra contro gli Imperi centrali, gettandosi nella Prima Guerra Mondiale dieci mesi dopo l’inizio delle ostilità in Europa. Nel 1918, a guerra finita, un poeta e musicista napoletano, Giovanni Gaeta, più noto con lo pseudonimo di E. A. Mario, trasformò quel momento nella «Leggenda del Piave», una canzone destinata a entrare nella memoria collettiva degli italiani.
È la più famosa canzone patriottica del Primo conflitto mondiale. Composta da Ermete Giovanni Gaeta, scrittore di canzoni napoletane, e pubblicata nel 1918, ha un ritmo facile ed incalzante e, tutto sommato, introduce un nuovo personaggio nella vicenda della Grande Guerra, lui, il fiume che, dalle Alpi Carniche in provincia di Belluno arriva, dopo aver attraversato tutto il Veneto, nel Mar Adriatico a nord-est di Venezia.
Nella cosiddetta sua Leggenda trionfa la retorica patriottica, quando, contravvenendo al suo turbolento percorso (sono note infatti le sue inondazioni fin dall’antichità), viene immaginato “calmo e placido”, quando l’attraversano i fanti, il 24 maggio.
La giornata sarà ora festeggiata con una staffetta militare nei luoghi che ha visto il passaggio dell’esercito italiano.
Il Piave è presentato come avesse una sua voce di persona umana, a commento di tutta la vicenda. Gli fanno da comprimari i fanti, dapprima “muti e silenziosi”, mentre lui “tripudia” e sembra mormorare : “Non passa lo straniero”, poi dopo Caporetto, singhiozza “sommesso e triste”, ed infine comanda : “Indietro va’ straniero!”
Le parole si riferiscono a quando gli Austriaci si preparavano ad attaccare gli Italiani, ma il fiume straripò e li fermò. Gli italiani si riorganizzarono tra il 2 ed il 6 luglio del 1918 e ci fu la battaglia del solstizio nella quale morirono 84.600 militari italiani e 149.000 austro-ungarici. Nella battaglia decisiva di Vittorio Veneto, la vittoria sciolse le ali al vento.
Le onde, come le forze di una creatura vivente che aveva lottato, allora s’acquietarono, sconfitti i torvi imperi, e tutto tornò a posto. La scena evocata appare abbastanza semplice, ma non fu così. La guerra fu molto cruenta ed ebbe momenti alterni di sconfitte e di depistaggi.
Il vate Gabriele D’annunzio, ad onore della leggenda che allora era sorta, volle che fosse cambiato il genere del fiume che era femminile e per celebrare la sua maschia potenza lo trasformò in maschile, mentre il suo nome femminile trova riscontro in alcuni rapporti del generale Cadorna e non pochi anziani ancora, seguendo la tradizione, lo chiamano al femminile.
Il fiume attraversa tutta la pianura veneta ed è legato dunque ai ricordi drammatici della Grande Guerra, un po’ come altri fiumi italiani hanno contrassegnato momenti significativi della leggenda e della storia delle origini italiane: il Tevere per l’epopea di Enea nel Lazio, il Po per l’insediamento dei Padani.
Nel corso del I conflitto mondiale la parte meridionale del fiume Piave divenne una linea strategica fondamentale a partire dal novembre del 1917, in corrispondenza della ritirata avvenuta in seguito alla disfatta di Caporetto. Dopo il passaggio sulla riva destra degli armati italiani e la distruzione dei ponti, di cui documentano i combattenti scrittori come Paolo Monelli nel suo testo: “Le scarpe al sole” , il fiume divenne la linea di difesa contro le truppe austro-ungariche che non riuscirono mai ad attestarsi stabilmente oltre la sponda destra del fiume, pur varcandola in vari punti, in particolare verso Meolo.
Gaetanina Sicari Ruffo
La Leggenda del Piave (Canzone del Piave). Di Ermete Giovanni Gaeta (noto con lo pseudonimo di E.A. Mario), cantata dal tenore Giovanni Martinelli nel 1918.
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