Anch’io ho una storia di tolleranza-intolleranza che può essere attuale. Quella volta che Italo Falcomatà [[Italo Falcomatà (Reggio Calabria 1943 – 2001) è stato un politico e docente universitario italiano. Dal 1993 al 2001 fu sindaco di Reggio Calabria, colui che diede inizio alla cosiddetta “Primavera di Reggio”.]] mi salvò dalla fatwa che pendeva sul capo dello scrittore Salman Rushdie, può essere un commento, accorato, al terribile misfatto di Parigi. Esso è un misfatto di sangue e di ideali.
Ma dunque sempre sul confine della libertà di espressione, mi ero riproposta di parlare di Rushdie, per i cui Versetti satanici, era stata lanciata una terribile fatwa.
Lo feci, un po’ contando sulla perifericità della mia condizione, devo confessare, ad un’emittente locale, presso cui mi ostinavo a parlare di libri. Ho avuto sempre una passione per gli eretici, libri o idee che siano, tanto che anni dopo, ritentai l’impresa leggendo a tappe Gomorra dato che anche Saviano era stato colpito da un’altra fatwa.
Non avevo finito di registrare che ecco squilla il telefono ed una voce minacciosa chiede di me. Il tecnico, sempre lo stesso in anni di collaborazione, poverino, che mi aveva saggiamente ammonito che tanto di libri nessuno si interessava, immediatamente mi passò l’interlocutore che subito con voce arcana dice: “Offendete il profeta!”.
Devo ammettere che ho avuto paura e che, tra le procedure che dovetti affrontare per informare della cosa, ne parlai con Italo Falcomatà. Tra le sue doti, il sindaco indimenticato di Reggio Calabria, aveva quella di conoscere il territorio, non solo geograficamente ma umanamente, sicchè conosceva anche la comunità islamica reggina, era vicino a loro. Favorì un incontro con il portavoce. Il dialogo vinse la fatwa.
Sì, nell’orrore dell’episodio di oggi, concordo con quanti sostengono che bisogna lavorare con l’Islam moderato, non isolarlo ma riprendere il cammino del dialogo, mentre affermiamo che siamo tutti Charlie. L’interrogativo che si pone è: come?
Ed ecco che curiosamente noi abbiamo una risposta, intendo noi in Calabria. C’è la stessa situazione, profeticamente annunciata, prolungata, per così dire ad oggi, ne “LA CANZONE D’ASPROMONTE”. La canzone di gesta sorta in ambito normanno di cui mi sono occupata da un ventennio.
Lì, la minaccia dell’Islam è non interna come è oggi, bensì esterna.
I saraceni, gli arabi, forti della loro religione guerriera, vengono dal mare, fiutando la debolezza della nostra realtà e la condizione aperta del territorio. Il re dei Saraceni manda come esploratore Balante a studiare la reale condizione del territorio. Gli eserciti cristiani da tutte le zone dell’impero Carolingio si riuniscono in Aspromonte.
È il primo dato che la Canzone propone, l’unità contro il frammentismo attuale. Balante viene ricevuto da Namo di Baviera che anzichè ostacolarlo, lo mette a contatto diretto con la civiltà occidentale e con il suo dato fondamentale, la cortesia. Balante ne è conquistato e torna a riferire che la civiltà europea è invincibile perchè fondata su un principio molto più alto.
Il dialogo ed il confronto tra civiltà non è solo in termini di contrapposizione ma di integrazioni.
I principi illuministici della libertà, della tolleranza, dell’uguaglianza possono e debbono essere integrati con quelli umani di altre religioni, come l’aiuto reciproco che è molto sentito nell’Islam e che da noi è trascurato per via dell’idolatria del denaro.
L’altro dato della Canzone è estremamente significativo: La montagna dell’Aspromonte rappresenta la forza dei principi. Namo di Baviera la esplora scoprendone l’insormontabile baluardo che offre contro ogni invasione materiale o ideologica che sia.
E’ una metafora certo, ma dal sapore ancora di ulteriore profezia.
Carmelina Sicari