I Bronzi di Riace trasformati in squallide icone trash da un reporter (francese): come non sottolineare il desiderio di stupire e ridicolizzare sempre, vizio tipico del nostro tempo, senza curarsi dei valori immortali?
I giornali segnalano in questi ultimi giorni due notizie bizzarre ed in un certo senso grottesche che mi hanno immediatamente richiamato alla memoria “I giganti della montagna” di Pirandello, associazione ardita, certo, ma consona.
Lì, ne “I giganti”, Pirandello immagina che nell’evoluzione sia subentrata agli uomini, una stirpe di giganti, una degenerazione dell’umanità, esseri giganteschi, materiali, avidi, legati alla terra, come i giganti che diedero la scalata all’Olimpo per scacciarne gli dei. Sono così materiali che quando incontrano Ilse, la bellezza, non ne comprendono il senso e la uccidono. Ma quando Ilse scompare, il mondo, preda della violenza, della materialità, non può che precipitare nell’autodistruzione.
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Ora le due notizie apparse sui giornali riguardavano proprio l’uccisione delle bellezza.
La prima diceva dei Bronzi di Riace del Museo della Magna Grecia di Reggio Calabria, coperti di veli e di oscene contaminazioni senza senso e l’altra che Gandhi, il profeta della non violenza, disprezzava gli “intoccabili”, appartenenti alle caste inferiori.
Due notizie diffuse da un fotografo con immagini oscene e tremende e da una scrittrice indiana al solo scopo di produrre, come si diceva nella poetica barocca, meraviglia: “Chi non riesce a stupir vada alla striglia”.
La bellezza dell’idea, la non violenza, e la bellezza tout court dissacrate, messe in ridicolo in nome del realismo, di una demistificazione improbabile con cui l’uomo contemporaneo intende stuprare la bellezza, toglierla di torno, ridurre ad minimum, anzi ad nihil, la realtà.
Togliere dal mondo la bellezza significa però, come nella profezia pirandelliana, solo condannarsi alla violenza autodistruttiva.
Immaginate il sorriso della Gioconda offuscato, incapace di produrre l’effetto catartico che ha sullo spettatore, l’indefinita allusione ad altro, ad un altrove che chi guarda ha forse dimenticato.
La bellezza che, come diceva il grande poeta Keats, è for ever, per sempre, ti immette nella dimensione dell’eternità, ti spinge oltre il presente ed il “particulare”, ti indica la natura profonda della condizione umana. Deturpare tutto questo significa collocarsi in una dimensione subumana e perciò estremamente pericolosa.
Giustamente, nel commentare la letteratura latina, il grande critico Paratore usò, a proposito di Giovenale, che guardava esclusivamente ai vizi dei Cesari, un’espressione particolarmente pregnante: « Descrive i grandi uomini con l’occhio del maggiordomo che, vedendo in mutande i personaggi, non ne vede mai alcuna grandezza« .
Volgarizzare per abolire ciò che è bello può costituire meraviglia, ma non può renderci migliori.
Carmelina Sicari
La bellezza deturpata e la profezia di Pirandello ne “I giganti”.
Volevo ringraziare per questo articolo che nella sua chiarezza dà la dimensione della « caduta » che l’essere umano sta vivendo, non è certo una umanità in evoluzione quella che produce brutture, odio, che uccide la bellezza così come dice l’articolo.
Mi sono permessa di metterlo sulla pagina di facebook dell’Associazione di cui sono il presidente: Ars Faber, per stimolare il pensare di come stiamo percorrendo una strada distruttiva.
Buon cammino a lei Carmelina
Eliana de Rienzo