Molti furono i viaggiatori che, dal Settecento in poi, quando si diffuse la moda del « Grand Tour », visitarono l’Italia, ma molto meno numerosi furono quelli che, dopo un piacevole soggiorno a Napoli, si avventurarono in Sicilia. Perciò va salutato lo sforzo di case editrici siciliane come le Edizioni Lussografica, sempre presenti alla fiera del libro di Torino, che da alcuni anni, pubblicano relazioni di viaggio rimaste ancora inedite.
Fra le novità degli anni 2012 e 2013, una raccolta di testi di viaggiatori polacchi (dal Cinquecento all’Ottocento), presentati e tradotti da una cara amica, Anna Tylusinska, professore ordinario di italianistica all’Università di Varsavia, e un mio libro, dedicato al soggiorno in Sicilia nel 1843 di Paul de Musset, fratello del più famoso Alfred de Musset.
Infatti, le edizioni Lussografica, dirette da Salvatore Granata, offrono una collana in gran parte dedicata a relazioni di viaggio in Trinacria ancora mai tradotte né pubblicate in Italia (Biblioteca di cultura mediterranea, responsabile Mario Tropea, docente ordinario dell’Università di Catania). Tra il 1997 e il 2001 erano già uscite le relazioni di tre viaggiatori tedeschi, poi, nel 2003, le Lettere scritte nel mio viaggio d’Italia e di Sicilia di Bartolomeo Gamba (a cura di Lisa Cerruti), seguite, nel 2005, dai Ricordi della Sicilia del francese Auguste de Forbin (a cura di Rita Verdirame). Fu salutata con piacere la ripresa, nel 2012, di questo genere di pubblicazione con i viaggiatori polacchi. Auguriamoci che la serie di testi possa ampliarsi. Perché se le relazioni di famosi viaggiatori francesi quali l’abate di Saint-Non o Alexandre Dumas hanno subito conosciuto traduzioni e ripubblicazioni, numerose rimangono le relazioni simpatiche, appassionanti o semplicemente originali che ancora meriterebbero di essere accessibili in traduzione italiana. Penso, per l’Ottocento, al libro del celebre architetto Viollet-le-Duc, alle pagine di Louise Colet (l’amica di Flaubert), o a personalità meno conosciute ma interessanti quali il medico Giraudeau o il giovane e spericolato globe trotter Victor Lottin de Laval, amatore di fossili e di avventure.
Il libro or ora uscito dai tipi delle Edizioni Lussografica, Paul de Musset, Viaggio in Sicilia, è una piccola trilogia di 163 pagine complessive (Introduzione e bibliografia comprese) articolata in tre parti. La prima è la traduzione in italiano dei capitoli dedicati alla Sicilia del copioso volume Voyage pittoresque en Italie, uscito nel 1855. La seconda offre un campionario di situazioni e opinioni presenti nella prima versione del medesimo libro, Course en voiturin, del 1845. Infine la terza parte è un’intera lunga novella ambientata nella Sicilia dell’epoca, Il mezzo matto (da Nouvelles italiennes et siciliennes), dove la dimensione sociopolitica, poco sottolineata nei due libri di viaggio, viene illustrata dalla vicenda di un nobile proprietario agrario considerato « mezzo matto » perché desideroso di ristabilire la giustizia in una Sicilia maltrattata dall’amministrazione del Regno di Napoli. Tre momenti, tre traduttori: Ilaria Splendorini, Gabriella De Angeli e Luigi Salsi.
Paul de Musset (1804-1880) consacrò gran parte della propria vita al fratello Alfred (1810-1857), per cui nutriva un’ammirazione sconfinata e di cui scrisse la prima dettagliata (e agiografica) biografia. Purtroppo la sua carriera fu eclissata da quella dell’illustre fratello. Giornalista e critico teatrale, anche lui scrisse molto – romanzi, novelle, opere drammatiche… – e con successo, come dimostrano le due relazioni di viaggio in Italia, che dalla loro prima pubblicazione (1845) alla fine dell’800 conobbero diverse ristampe e riedizioni.
La presenza della Sicilia nei libri di viaggio di Musset non è affatto banale, per il semplice motivo che fino a una certa data la Trinacria non faceva parte delle tappe obbligate del Grand Tour, il quale, inizialmente destinato alla formazione dei giovani europei di buona famiglia, generalmente disegnava un circuito verso le radici della cultura occidentale e terminava nella penisola italiana. Comprendeva l’Inghilterra, la Scozia, l’Irlanda, la Francia, la Germania, l’Austria, la Svizzera, la Danimarca, la Svezia, e si concludeva in Italia con le città di Firenze, Roma e Napoli. Inoltre i pochi coraggiosi che si erano “arrischiati” in Sicilia ed erano andati al di là dei confini della zona di Palermo, avevano tracciato dell’isola un quadro barbaro che certo non incoraggiava i giovani viaggiatori a tentare avventure spericolate, dopo circa due anni lontano dalle famiglie e dagli amici. La novità dell’800 consistette nell’organizzazione di nuovi itinerari che varcavano ampiamente i limiti dell’Europa occidentale ed erano destinati non più solo ai giovani ma anche e soprattutto a viaggiatori curiosi e a studiosi. Così, dai primi dell’Ottocento in poi, la Sicilia, che era stata ignorata o al massimo costituiva l’ultima tappa del Grand Tour, divenne il punto di partenza o quello di arrivo del viaggio in Oriente.
Vale la pena soffermarsi sulla produzione di argomento italiano di Paul, cospicua e legata a due viaggi dell’autore nella penisola: il “giro d’Italia” nel 1843 e una missione a Venezia per conto del governo francese nel 1846. Infatti il racconto del primo viaggio, Course en voiturin (1845), fu seguito da ben tre opere di vario genere: Les nuits italiennes (1848), Livia (1853) – un lungo romanzo di cui tutta la terza parte è ambientata in Sicilia – e una raccolta di novelle, Nouvelles italiennes et siciliennes (1853). Anni dopo, oltre al secondo testo odeporico (Voyage pittoresque…), uscì un altro romanzo di ambientazione siciliana, La chèvre jaune, histoire sicilienne (1870). Il viaggio in Sicilia aveva anche fornito materia a diversi articoli per la «Revue des Deux-Mondes». È infine da segnalare che dal soggiorno a Venezia del 1846 Paul era tornato con una sua traduzione francese delle Memorie inutili di Carlo Gozzi.
Il viaggio di Paul in Italia durò quasi un anno. Partito nel dicembre del 1842, tornò nell’autunno dell’anno successivo. Una durata “normale”, allora, per un Grand Tour in Italia. A Marsiglia s’imbarcò sulla nave Pharamond che lo portò a Genova, dove soggiornò circa un mese. Da Genova, il bastimento toscano Leopoldo lo condusse a Napoli, dove si trattenne tre mesi, facendo diverse gite nella regione. L’8 aprile si imbarcò sulla nave Mongibello in direzione di Messina, per un giro della Sicilia di circa sei settimane. Tornato a Napoli, andò in diligenza per lo Stato Pontificio fino a Roma, dove rimase quaranta giorni. Poi fu la volta di Firenze, Bologna, Ferrara, Padova, Venezia. Incantato dalla città così cara al fratello avrebbe desiderato trattenervisi a lungo ma, mancandogli il denaro, fu costretto a proseguire per Milano. Dopo una visita al lago di Como, prese la via del ritorno passando per il San Gottardo, Basilea e Strasburgo. Questo l’itinerario, secondo il resoconto che ne viene fatto nella prima versione, pubblicata nel 1845 col titolo Course en voiturin (Italie et Sicile).
Negli anni 1855-1856 uscì un’altra versione molto estesa dello stesso viaggio: due grossi volumi di più di cinquecento pagine ciascuno, intitolati Voyage pittoresque en Italie. Partie septentrionale, e Voyage pittoresque en Italie (Partie méridionale) et en Sicile. Tuttavia, se la parte dedicata alla penisola italiana è stata quasi quintuplicata rispetto alla prima versione, la parte dedicata alla Sicilia rimase limitata a circa settanta pagine.
Perché questa nuova redazione così mostruosamente ampliata? Probabilmente, per motivi finanziari. Paul de Musset aveva bisogno di denaro e si adeguò alla moda delle guide turistiche, aggiungendo al suo racconto notizie relative alla storia, all’archeologia, alle opere d’arte. In breve, il genere delle due opere è del tutto diverso: la prima è essenzialmente narrativa, la seconda è destinata a futuri viaggiatori.
Tuttavia Musset non ha la pretesa di sostituire una guida turistica o un libro di storia. Riferisce anzitutto la propria esperienza e, di pagina in pagina, si mette in scena, con la sua fantasia, il suo buonumore, il piacere che prova nell’incontrare gente con cui parlare, e il suo modesto interesse per l’archeologia e l’architettura. Insomma, l’aspetto narrativo rimane prevalente. È ovvio il suo gusto di riscrivere liberamente storie che gli sono state raccontate: sia nella prima che nella seconda versione, è inserita, nella sezione siciliana, una lunga novella di venticinque pagine che occupa un intero capitolo.
Queste novelle, che vogliono dare un’idea del temperamento della gente, dei costumi, delle leggende, svolgono anche una funzione documentaria, completando piacevolmente il resoconto vero e proprio del viaggio. Per motivi di spazio e di organizzazione della materia, non sono riprodotte nel mio volume. Ho preferito completarlo con una novella deliberatamente presentata e pubblicata come tale, che permette ancora al lettore di percorrere la Sicilia, e che colma con sottile umorismo qualche lacuna presente nelle relazioni di viaggio.
Come definire i due resoconti di viaggio di Musset rispetto a quelli più tradizionali o alle guide vere e proprie? Più che il rendiconto preciso di un itinerario colmo di descrizioni obiettive e di riferimenti storici, quello di Musset (soprattutto il primo libro, Course en voiturin) è, per riprendere un termine di Alexandre Dumas, un libro di « impressioni di viaggio » e di avventure, sue e altrui. La Sicilia che viene descritta è una terra rivisitata in chiave personale, riprodotta col filtro di una memoria selettiva, vagabonda, umoristica.
Il viaggiatore Musset è un uomo libero nei suoi spostamenti e nelle sue visite. Fin dalle prime pagine di Course en voiturin, esprime il suo odio per i ciceroni che obbligano a correre da un luogo ad un altro e che cercano di spillare soldi. Né apprezza le guide che infastidiscono con il peso di mille costrizioni:
Allo stesso modo detesto i consigli di queste guide italiane che stabiliscono l’itinerario che dovrete seguire, vi ordinano di essere a Napoli il tale giorno, a Roma il tal altro, vi indicano il momento in cui è opportuno aprire gli occhi per provare le stesse sensazioni e fare passo passo lo stesso viaggio che fanno tutti gli altri. […] Io per me non posso sopportare i programmi fissati in anticipo. Preferisco consacrare un mese a qualcosa che si potrebbe vedere in otto giorni e poi godere degli incontri fortuiti, anche correndo il rischio di perdermi una cosa che è considerata indispensabile. Colui che viaggia senza dare ascolto ai consigli di chicchessia sentirà in Italia un certo profumo d’avventura che gli farà apprezzare i più piccoli imprevisti e inoltre s’imbatterà davvero in molte cose belle che guide e ciceroni ignorano completamente.
Eppure, redigendo il Voyage pittoresque, si sentirà vincolato dalle regole del genere. Fortunatamente per noi, la Sicilia sfugge in parte a tali obblighi e poche sono le descrizioni, i discorsi storici e i dettagli tipo “guida turistica”. Poiché si trova “imbarcato” sulla nave della “guida”, Musset preferisce, per questa zona “avventurosa”, dare consigli di tipo pratico, tanto più utili dei discorsi archeologici: orari delle navi, avvertenze sulle carenze degli alberghi fuori dalle grandi città, sul significato diverso del termine “strada” in Francia e in Sicilia, sugli insetti con cui bisogna per forza convivere, sulla buona o mala fede dei mulattieri, su come è fatta una “lettiga” e perché…. Quindi prevede due tipi di viaggiatori: quelli delicati e quelli che non paventano l’avventura; e suggerisce due itinerari possibili, a seconda che il futuro viaggiatore abbia voglia o meno di inoltrarsi per strade scomode, mangiare male e dormire peggio. Musset appartiene alla seconda categoria e per questo motivo presenta sempre le sue avventure sotto una luce cordiale e divertente.
Insomma, sia nella Course en voiturin che nel Voyage pittoresque, il giro della Sicilia appare come una serie di gite spericolate affrontate con ottimismo, condite di saporiti aneddoti, e termina nell’apoteosi della scoperta di Palermo che permetterà al viaggiatore di riposarsi dopo le fatiche e di considerare il giro dell’isola con il distacco di chi è felice di aver superato una prova che meritava di essere affrontata: « Bisogna che il viaggio in Sicilia si concluda con un periodo di riposo a Palermo, per portare con sé un buon ricordo di questa terra », scrive Musset nel Voyage pittoresque.
Che i mille aneddoti del viaggio in Italia, e più particolarmente in Sicilia, siano stati alla base delle lunghe discussioni tra i due fratelli, Paul e Alfred, ce lo provano due serie di disegni che illustrano, come veri e propri fumetti, due momenti del soggiorno nell’isola. La prima serie consta di due vignette relative a due episodi comici di cui era stato infelice protagonista un turista inglese compagno di gita di Musset nelle prime tappe del suo giro della Sicilia. I personaggi vi sono tratteggiati in modo caricaturale: nella seconda vignetta (riprodotta qui sotto) i due viaggiatori sono dentro una lettiga portata da muli: al viso spaventato dell’Inglese fa riscontro lo sguardo beffardo di Paul, dal nobile volto e dall’ampia fronte.
il mulo è cascato – toujiours dé accidinte! C’été le diéble.
Chi fu l’autore dei disegni? Frank Lestringant, autore di una cospicua biografia di Alfred, è categorico nell’attribuirli a Paul. I due fratelli sapevano disegnare e si sa che i viaggiatori, prima che fosse inventata la macchina fotografica, avevano l’abitudine di schizzare scene o siti particolarmente suggestivi (o erano accompagnati da un pittore o disegnatore).
Quale immagine della Sicilia emerge dalle pagine di Musset? In primo luogo è opportuno segnalare che nell’insieme del viaggio in Italia la parte dedicata al Meridione (Napoli e Sicilia) è quella quantitativamente più lunga e più ricca di dettagli e aneddoti. Appare ovvio che Paul si è sentito perfettamente a proprio agio a Napoli e ha gradito le avventure siciliane, concluse col bel premio di un felice soggiorno palermitano. Minimizza l’importanza delle scomodità patite in quelle regioni, ritenendole ampiamente compensate dai tanti piaceri goduti.
Se poche (in Course en voiturin) o limitate (nel Voyage pittoresque) sono le notizie dettagliate di tipo archeologico, storico, artistico, sempre belle e precise invece sono le evocazioni di paesaggi, città o interni selvaggi dell’isola. Bello il colpo d’occhio su Messina (« il lungomare, la cattedrale, i campanili, il viale alberato, le terrazze digradanti sul promontorio e il grande porto circondato dal suo molo come da un lungo braccio piegato »), accurata la notazione della luce e dei colori, suggestiva la pagina sui fichidindia di cui è cosparso il paesaggio – cosa nuovissima per un Francese – sulla strada da Messina a Taormina. Un’apoteosi, l’arrivo a Palermo: « La Sicilia ha la struttura ideale per essere una terra popolosa, felice e desiderata. È una terra promessa. […]. I colori della stessa Italia sono sbiaditi e la Francia sembra cristallizzata in fondo a una ghiacciaia ».
Tuttavia la visione alquanto idilliaca di una Sicilia osservata da un viaggiatore facoltoso non cancella del tutto la dura realtà della Sicilia più umile, come dimostrano gli aneddoti e le stesse novelle, che hanno per protagonisti semplici artigiani, piccoli commercianti e contadini, o le conversazioni del nostro viaggiatore con mulattieri, osti e popolani. Più di tutto lo interessano il carattere del popolo siciliano e i contatti con altri viaggiatori. Questo popolo, Musset lo studia e analizza con la sua sensibilità tipicamente francese e romantica. Siamo molto lontani dai luoghi comuni cui un’abbondante letteratura meridionalistica ci ha ormai assuefatti. Fino al punto che l’ammirazione di Musset, nel nobile intento di sfatare la reputazione di barbarie dei Siciliani, sfocia nella creazione di un mito opposto, altrettanto eccessivo.
È vero che manca una riflessione politica un po’ approfondita. Ma ciò non significa che Musset fosse passato accanto ai problemi senza vederli. Egli è essenzialmente un letterato: i problemi, li vede e li capisce, ma se, in quanto specialista, può commentare uno spettacolo teatrale, non si improvvisa giornalista politico. Di sicuro, commenti, studi, analisi politico-sociali sulla Sicilia – opere di suoi predecessori quali Louis Simond (Voyage en Italie et en Sicile, 1828) o il Wiesse (volume V dei Voyages du Duc de Raguse, 1838) – Musset ne aveva letti. Non vuole imitarli ma non per questo elude i problemi. In Course en voiturin, spiega che l’isola (nel 1843) vive in uno stato di blocco navale permanente che impedisce le comunicazioni con l’estero; solo le navi napoletane possono entrare nei porti. Asserisce che è ingiusto dire che la Sicilia è arretrata: colpa del governo di Napoli che la mantiene in tale stato. Deplora la mancanza di sviluppo agricolo ed industriale (« Mentre la Francia diventa spoglia a forza di lavoro, la Sicilia resta deserta per inerzia; ne soffre, se ne lamenta e ha ragione. »). Perciò, ultima sezione del presente volume, la novella Il mezzo matto è articolata intorno al motivo dei soprusi di cui i Siciliani sono vittime da parte dei Napoletani e sbocca, alla fine di una piccola epopea piena di recondite speranze, sull’insieme umoristica e patetica costatazione dello stallo a cui l’isola pare condannata.
Insomma, la situazione per diversi aspetti critica della Sicilia è relegata nel contesto di una novella, mentre i due resoconti puntano essenzialmente sull’aspetto piacevole dell’itinerario, sulla felicità del viaggiatore che passa da una città all’altra e ha tutto il tempo di trattenervisi una settimana, un mese (beati quei viaggiatori!). Perché, scrive Musset nell’incipit del suo primo libro, riprendendo una frase di Rossini, « Viaggiare è il vero rimedio per tutti i mali della mente e del cuore ».
“Buon viaggiatore”, cioè aperto all’Altro, non schizzinoso nei contatti col popolo, disposto a usare i mezzi di trasporto locali (a Catania, adotta l’asino per spostarsi), pronto a scherzare sui dispiaceri del viaggio (scomodità degli alloggi, insetti, cibo locale), non assillato dalla smania archeologica di vedere assolutamente tutto, avido di scoprire da sé curiosità nuove, felice di entrare in contatto con altri viaggiatori o gente cui è stato raccomandato, ma contento anche di andare a spasso da solo, ecco l’immagine che Musset delinea di sé nei due testi. Per tutte queste qualità, per la scorrevolezza delle pagine, per il buonumore comunicativo che ne emana, possiamo senza esitazione annoverare le sue opere fra quelle oggi ancora perfettamente leggibili, dotate di un interesse che supera senz’altro il mero valore di documento d’epoca. Auguriamoci che questa tappa italiana sia anche un segnale mandato alla Francia.
Brigitte Urbani
Aix-Marseille Université – CAER (EA 854)
*****
Il libro può essere acquistato tramite una buona libreria, oppure rivolgendosi al sito internet:
Edizioni Lussografica
Indirizzo postale : Lussografica Edizione – Salvatore Granata – v. L. Greco
93100 – Caltanissetta (CL)