Ritorna Maigret, in libreria da cui non è mai stato assente e sullo schermo dove appare con l’immancabile pipa. Ha un volto diverso da quello di Gino Cervi, forse il più famoso, ma ha i tratti consueti di bonomia. Un’aria quotidiana che lo rende immediatamente simpatico, che attira la fiducia, quasi fosse un vicino di casa, qualcuno a cui affidarsi per acume e discrezione, per la capacità di orientarsi e di orientare.
Infatti, il dato caratterizzante dell’investigatore francese, più che nella capacità di discernere il bene dal male, è nella sua bussola possente che lo aiuta a trovare la direzione giusta per indagare a Parigi come nella più nebbiosa provincia francese.
Si, perché la provincia francese è la sigla globale che indica la nebulosità fumosa delle nostre storie. Orientamento, il primo dato.
Chesterton che ha creato un personaggio simile e diverso, padre Brown, il prete che risolve i casi più intrigati, faceva dire al suo personaggio: “Riconosco la contorta traccia dell’uomo”. La conoscenza del cuore umano induce padre Brown a comprendere e penetrare i casi più irrisolvibili.
È la stessa attitudine di Maigret che ha anche altre caratteristiche: è umano, dalle abitudini comuni, non è un commissario per così
dire di azione. L’arte della deduzione gli appartiene anche se non viene ostentata, essendo il frutto del ragionamento affabulativo più che un’illuminazione improvvisa.
Come Scherlock Holmes, l’inglese dalla battuta sterotipata “Elementare, caro Watson” con cui redarguisce il suo doppio, Watson appunto, Maigret è maestro dell’associazione mentale ed acuto osservatore della realtà. A ben riflettere la sua celebrità è dovuta ad un dato di interpretazione nazionale.
Come Perry Mason, che rappresenta gli States perchè utilizza al meglio l’arte del processo ed il controinterrogatorio, così Maigret
caratterizza al meglio una certa tipologia francese, cosi com’è nell’immaginario collettivo (particolarmente italiano), finendo per quasi rappresentare un elemento del paesaggio transalpino. Il suo talento si esprime nell’arte dell’ascolto, nel silenzio, in quel continuo interiore rimuginare le situazioni, nella paziente attesa.
Ma c’è un dato che consente al personaggio ed al suo autore Simenon, di approdare alla letteratura, come padre Brown specialmente, uscendo dalla mera collocazione del genere poliziesco. È la selva di tipi umani che si assiepano intorno a Maigret che egli come il suo autore, deve analizzare per penetrare nel mistero. La penetrazione psicologica e non solo la conoscenza del bene e del male è la caratteristica di Maigret, lo rende immortale come rende immortale la commedia umana.
Infinite storie vengono aperte dalla delineazione dei “tipi” che appaiono labili ma concreti in Simenon-Maigret.
I suoi romanzi si scrivono nel solco della grande tradizione letteraria del racconto multiplo, del racconto nel racconto che si integra e dilata dietro l’apparente categoria del genere poliziesco arricchendo cosi di contributi quella commedia umana francese, improntata ad un’affascinante visione di alto realismo.
Carmelina Sicari
Il ritorno in Italia di Maigret. Il fascino di un commissario dal volto umano.
Grazie a Lei per quest’articolo su Maigret. Il caso fa che da qualche settimana mi sto rileggendo Simenon e specialmente i Maigret, cosa che non avevo fatto da almeno 15 anni. Avevo paura che il mondo di Simenon, lo stile di Simenon fossero invecchiati al punto che i suoi romanzi non fossero più leggibili. Invece si, lo sono ancora, anzi non hanno perso nulla del loro vigore né della loro poesia. Di più, oggi, quei testi sono diventati documenti veri e propri sulla Francia degli anni Cinquanta. Simenon era un grande sociologo e dovrebbe essere letto da ogni storico della Francia del secolo scorso. Ci sarebbe anche uno studio da fare sul suo perfetto uso dell’imperfetto…