“Nella profondità dell’inverno ho finalmente imparato che dentro di me c’è un’estate invincibile”. Lo scriveva Albert Camus: possa questo verso esserci sempre d’incanto, sempre nella giusta compagnia sul cammino di luce che svolgiamo quotidianamente, nonostante gli ostacoli e i rancori…
Osserveremo anche per 2016, come su un telo bianco, le sequenze di ogni film che si appropriano della fantasia più recondita: la luce arrida sul nostro sguardo, ora e per sempre… E l’esortazione di “Ovunque proteggi” di Vinicio Capossela ci sia d’incanto.
È una pretesa di bellezza quella cui si ambisce, nonostante gli attacchi (Parigi e non solo), nonostante la precarietà di una esistenza spesso soggiogata ad interessi altri, supremi e totalmente assoggettata a quelli economici, che fanno di noi piccoli se non invisibili spettatori. Ma è la ricerca di arte, di bellezza – appunto – che ci rendono capaci e consapevoli di un gesto di appartenenza, propria della nostra cultura, aperta – dai Lumi in poi – all’accoglienza, alla “fraternité”.
Una genesi ambientale cui l’uomo ha da sempre confermato la propria rigenerazione, in una simbiosi con il creato, spesso deturpato da vincoli economici inquinanti e fuorvianti verso una concezione di purezza, cui la natura offre continui rimandi. Il Cinema, nella sua ormai secolare storia (sono 120 anni dalla sua nascita proprio a Parigi), offre momenti di grande capacità interpretativa del bisogno dell’uomo di misurarsi con l’ambiente, cercando di preservarlo da spinte mortificanti e devastanti.
Un film per tutti, un documentario recentissimo presentato all’ultima Mostra di Venezia, connota la necessità per cui l’uomo debba quanto più ritrovare armonia con la natura, con se stessi, con le differenze e le diversità; il titolo è “Human”, l’autore un reporter regista di origine francese, Yann Arthus Bertrand, il quale ha raccolto, con testimonianze nei vari continenti ed etnie tanto diverse, il concetto di terra, di madre natura e di umanità, appunto. Un afflato poetico di civiltà e di convivenza, cui l’arte (in ogni sua manifestazione) deve fungere da suggello interpretativo indispensabile.
Scriveva due secoli or sono il grande Feodor Dostoevskij: “Viviamo in un paradiso ma non ci preoccupiamo di saperlo”. Una eco che arriva da lontano ai giorni nostri, un imperativo prima ancora che una indicazione.
Una orazione laica, infine, è quella che decenni addietro cantava Claudio Lolli in “Dita”:
… Ci sono le dita di Dio stamattina nel cielo / e ti stanno disegnando una buona giornata in cui ci sarò, ci sarai, ci saremo / e ci potremo toccare chiedendo: com’è andata?
Armando Lostaglio