Gramsci, i Quaderni del Carcere e la Francia nell’esposizione all’IIC Parigi

L’interesse per Antonio Gramsci in Francia riappare periodicamente negli ambienti accademici ed editoriali. 

A Parigi nel 2018 “La Libreria” dell’89 Rue du Faubourg Poissonnière ha ospitato la presentazione della sua biografia di Angelo D’Orsi (Ed. Feltrinelli, 2017) dell’Università di Torino, dopo aver ospitato la presentazione di quella di Jean-Yves Frétigné (“Antonio Gramsci, vivre c’est résister”, Éd. Armand Colin, 2017). Ancora nel 2018 la “Cité internationale des Arts” ha ospitato il convegno su “La ricezione delle opere e del pensiero delle opere di Gramsci in Francia”, con l’intervento di Frétigné e altri accademici tra cui Anna Chiara Mezzasalma dell’Università di Vienna sul confronto tra la diffusione di Gramsci in Francia e nel mondo germanico, e di Marco Di Maggio della Sapienza di Roma sui malintesi d’interpretazione da parte dei comunisti francesi. Nel 2013 c’era stato il convegno italo-francese di due giorni “La Gramsci Renaissance” alla “Maison d’Italie de la Cité Universitaire” e alla Sorbona.

Anche questo sito italo-francese di cultura “Altritaliani” contribuisce al suo ricordo con gli articoli di Gaetanina Sicari Ruffo ogni volta che ce n’è l’occasione: compreso quello del 2018 sulle fiabe di Gramsci dal carcere ai figli, insieme a quello di Evolena d’annuncio della presentazione del 23 settembre della mostra “Gramsci: i quaderni del carcere e la Francia” all’Istituto Italiano di Cultura di Parigi. Inoltre, per citarne altri, recentemente su “Altritaliani” c’è stata la presentazione del libro di Noemi Ghetti “Gramsci e le donne: gli affetti, gli amori, le idee” (Ed. Donzelli 2020) e, nel 2017, la recensione di Antonio Dessi della “La Cartolina di Gramsci. A Mosca, tra politica e amori” (Donzelli, Roma 2016) scritto dalla stessa studiosa.
(Articoli interessanti e divulgativi, facilmente rintracciabili su questo portale al link: https://altritaliani.net/?s=gramsci).

Ciò che è stato scritto su Gramsci in Francia è rilevante, ma l’importanza della mostra organizzata dal Direttore dell’Istituto Fabio Gambaro, con gli originali di 12 dei manoscritti dei quaderni del carcere e di altri documenti, libri, giornali e riviste anche francesi che ne rispecchiano il pensiero, è di calibro pari a quello di alcune personalità che oltrealpe lo hanno trattato tra cui tra cui: Maria Antonietta Macciocchi (1922-2007), nei corsi (pubblicati nel 1974 da Philippe Sollers) all’Università di Vincennes (1972-1973) dopo i suoi dissidi con il PCI (espressi anche ad Althusser) quando la Cina entrava nella scena mondiale; Jacques Texier (1932-2011), filosofo (membro del Centre National de la Recherche Scientifique), dissidente dal PCF quando questo rimaneva sotto l’egemonia di Mosca, autore (tra l’altro) di: “Gramsci, traduction, présentation, choix de textes”, Éd. Seghers, 1966, e di “Gramsci, théoricien des superstructures”, La Pensée, 1968; André Tosel (1941-2017), professore di filosofia alle Università di Besançon, Parigi-Sorbona e Nizza (allievo di Althusser che ha influito sul suo processo dal cattolicesimo a Spinoza e al marxismo), autore (tra l’altro) di “Antonio Gramsci, textes, choix et présentation”, Éd. Sociales, 1983 e di “Étudier Gramsci, pour une critique continue de la révolution passive capitaliste”, Éd. Kimé, 2016 e del titolo del colloquio franco-italiano di Besançon del 1989 “Modernité de Gramsci”; Hugues Portelli (1947-ex docente dell’Università Panthéon-Assas Paris II, ex senatore, decano della Facoltà di Scienze Sociali ed Economiche dell’Institut Catholique de Paris), autore (tra l’altro) di “Gramsci et le bloc historique”, Éd. PUF, 1971 e “Gramsci et la question religieuse”, Éd. Anthropos, 1974; oltre a Frétigné (dell’Università di Rouen, storico dell’Italia, autore anche di libri su Napoleone Colajanni, Giuseppe Mazzini, Giovanni Gentile, dell’“Histoire de la Sicile des origines à nos jours”, Éd. Fayard, 2009 e coautore insieme a Gilles Bertrand e Alessandro Giacone di “La France et l’Italie, histoire de deux nations sœurs”, Éd. Armand Colin, 2016), il quale nel 2017, contemporaneamente alla pubblicazione del suo libro, ha partecipato al convegno di tre giorni su Gramsci dell’“École Normale Supérieure” a Lione, lì organizzato per l’80° anniversario della morte e per ricordare che in quella città aveva avuto luogo nel 1926 il 3° congresso del PCI.

Gramsci è anche considerato frequentemente dai principali periodici e da “Le Monde”: esempi: Antoine Flandrin, 8/9/16: Gramsci, le penseur marxiste italien et son concept « d’hégémonie culturelle »; 22/5/18: “Gramsci défenseur de la franc-maçonnerie”; Nicolas Truong, 30/10/19: “L’hégémonie culturelle, mère de toutes les batailles politiques, concept forgé par l’intellectuel communiste italien Antonio Gramsci”; e se questi articoli ne dilatano il pensiero fino a farlo comprendere in quello di “leaders” di destra o sinistra attuali, hanno almeno il pregio di ricordarne la biografia e gli scritti. Fino al punto di considerarne una parte in antitesi al PCI o PCF finché sono stati succubi dell’Unione Sovietica (es.: Anthony Crézégut, di Sciences Po, che nel suo “Retour sur le parcours courageux de Tosel dans la prison d’oubli qu’a subi le gramscisme”, ricorda tra l’altro la “vecchia pigrizia” che Norberto Bobbio nel 1954 denunciava negli intellettuali del PCI “qui réduisaient Gramsci à un argumentum ad potentiam”; e Serge Audier che ne “Le Monde” del 24/4/14 aveva sostenuto che Gramsci “craignait que les Cahiers confiés à son épouse ne finissent dans les mains de Palmiro Togliatti (1893-1964), son successeur à la tête du Parti communiste, mais aussi pilier du Komintern rallié à Staline. Une triste ironie voudra que celui qu’il considérait comme son adversaire politique devienne à la fois l’éditeur de ses écrits puis son héritier autoproclamé, mobilisant sa mémoire, après-guerre, pour définir une voie italienne du communisme”).

Nella mostra all’Istituto Italiano di Cultura Francesco Giasi, Direttore della “Fondazione Gramsci”, ha ricordato la storia di questi quaderni salvati dalla cognata Tania Schucht, spediti a Mosca, consegnati a Togliatti e pubblicati da Einaudi dal 1948 al 1951. Egli ha inoltre ricordato come la notorietà di Gramsci a Parigi avesse cominciato a essere di rilievo nel 1938, con la monografia delle “Edizioni Italiane di Coltura” dedicatagli nel 1° anniversario dalla morte (allora il titolo di “Lutte ouvrière” era stato: “Un grand militant est mort: Gramsci”). La monografia conteneva le testimonianze tra gli altri di Palmiro Togliatti, Felice Platone e Ruggero Grieco (a prescindere dalle ambiguità per le conseguenze processuali della lettera che egli aveva mandato nel 1928 a Gramsci a San Vittore).

Ha menzionato altresì la parte di Henri Barbusse (Direttore letterario de “L’Humanité” del PCF) e di Romain Rolland (intellettuale unitosi nel 1927 all’appello antifascista di Barbusse) nel chiedere la liberazione di Gramsci (anche se l’ammirazione per Stalin di Barbusse non era in sintonia con la considerazione che ne aveva Gramsci). Romain Descendre, italianista dell’École Normale Supérieure di Lione, ha classificato Barbusse e Roland tra i pacifisti che avevano precedentemente influito su Gramsci, insieme ai socialisti Georges Sorel e Charles Péguy.

La documentazione dell’influenza francese alla mostra non è meno rilevante delle traduzioni e considerazioni dei testi di Marx nei quaderni poiché, insieme alle pubblicazioni inviate dalla “Sperling e Kupfer” a Gramsci in conseguenza del conto illimitato presso questa aperto da Piero Sraffa, sono esposti i libri francesi che egli ha commentato nelle lettere e nei quaderni stessi confermando così la sua buona conoscenza della lingua francese e della letteratura d’oltralpe. Esempi: su “La trahison des clercs” di Julien Benda, Éd. Grasset 1927: “un paragone è possibile tra le idee e la posizione di Croce e i fiumi di scritti di J. Benda sul problema degli intellettuali”; “di Benda bisognerebbe esaminare gli articoli pubblicati ne Les nouvelles littéraires”; su “Mon ami Robespierre” di Henri Béraud, Éd. Plon 1927: chiede a Tatiana Schucht: “non credi che riproduce abbastanza lo stile secco e nervoso dei vecchi cronisti francesi?”; sulle “Origines de l’esprit bourgeois en France” di Bernard Groethusysen, Éd. Gallimard 1927: l’autore “dev’essere un seguace della scuola sociologica di Paulhan”; su “La réforme intellectuelle et morale” di Ernest Renan, Éd. Calmann-Lévy 1929: Renan, è, rispetto allo spirito francese, un fenomeno “originale, arbitrario, imprevedibile”.

Sono inoltre esposti il numero de “La nouvelle revue française” di settembre 1931 dell’editore Gallimard dopo che era stata chiesta a Mussolini l’autorizzazione di leggere questa rivista, e quello della “Revue des Deux Mondes” di luglio 1935, che Gramsci leggeva regolarmente.

Così, allora, Fabio Gambaro e l’IIC Parigi hanno avuto il merito di colmare l’interesse degli studiosi francesi sia con l’esposizione dei “Quaderni”, sia con quella di alcuni dei libri e riviste che ben confermano il legame intellettuale tra Gramsci e la Francia.

Lodovico Luciolli

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