Giuseppe Mazzini, esule a Londra, e la emigrazione ciociara in Inghilterra.

Oggi in molti in Italia, con troppo disprezzo e faciloneria, parlano degli immigrati restando quasi indifferenti ai tanti morti che stanno facendo del “mare nostrum” un cimitero. Eppure per secoli gli italiani sono emigrati, come quelli che giunti in Inghilterra nell’Ottocento furono soccorsi e raccontati da letterati e intellettuali inglesi ed aiutati dallo stesso Giuseppe Mazzini allora esule a Londra, che per i bambini italiani poveri e sfortunati istituì una scuola.


museo_nazionale_emigrazione_italiana_roma_complesso_del_vittoriano.jpgEntrare nel Museo Nazionale Emigrazione Italiana al Vittoriano a Roma è come entrare in una sala da ballo: luci psichedeliche, musichette, macchinette video. Vi trovi tutto e in sostanza non vi trovi nulla o quasi: un museo ’nazionale’ dove curiosamente si fa iniziare la storia dell’emigrazione italiana solo dopo il 1870. Emigrazione certamente, quella postunitaria, ma ancora di più un esodo, una diaspora, e non solo italiana, massimamente al di là dell’oceano, quasi una invasione, come è successo e sta succedendo oggi. La molla è sempre la medesima: fame e miseria.

Ma emigrazione può essere ed è anche qualcosa di altro: non solo ricerca del pane ma anche, e a volte solamente, avventura, pionierismo, volontà di scoperta di una nuova patria, al prezzo di sacrifici enormi, di rinunce, pericoli. E’ il lontano occidente americano, il Far West, divenuto un mito e un paradigma, è la Terra Promessa degli Ebrei che fuggono dall’Egitto: tante motivazioni e impulsi.

L’emigrazione autentica è quella che inizia cento anni prima del 1870. E questa fu la emigrazione dalla Valcomino: è vero, fame, miseria, aumento delle bocche da sfamare, soprusi e violenze dei signorotti e non solo, situazione non più sopportabile ma anche avventura, spirito libertario, aspirazione e nostalgia di una patria nuova e di un mondo nuovo e migliore. Un flusso continuo iniziato alla fine del 1700 e riversatosi nell’altra parte del territorio cioè verso le Paludi Pontine, verso Terracina, Anzio, Nettuno e le cittadine sulla Via Appia, in particolare Velletri e, allo stesso tempo, verso Roma e verso le Alpi.

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Di questa autentica epopea vogliamo rammentare una componente, la più terribile, quella della vera e propria “tratta dei bambini”: i genitori che, in cambio di un po’ di soldi, affittavano, o vendevano, i loro figli, normalmente per un periodo di tre anni, a dei personaggi, i cosiddetti ‘padroni’, che si industriavano per portarli nelle grandi città e maggiormente in Francia ed Inghilterra dove li obbligavano ai mestieri più umili e duri: lustrascarpe, venditori per le strade di statuette di gesso e di santini o di altre immagini o di fiammiferi, sguatteri, facchini, mendicanti, suonatori di organetto, spazzacamini, in certe fabbriche, senza cure, senza pulizia, alloggiati in tuguri infami, nella promiscuità e abiezione più ripugnanti.

Un diplomatico italiano calcolò che di cento di questi infelici bambini, che verso la metà dell’Ottocento nella sola Inghilterra ammontavano a circa tremila, un cinquanta per cento moriva per le privazioni e gli stenti, un trenta per cento riusciva a fuggire e a liberarsi e un venti per cento proseguiva l’attività di sfruttamento appresa dai padroni. E questi bimbi malfamati sporchi e laceri per le vie di Londra rappresentavano un motivo di continua umiliazione e cruccio per i benpensanti e anche per gli organi dello Stato: Londra a quell’epoca, come anche oggi, era, come si dice, l’ombelico del mondo, la capitale del Commonwealth, una città ricca e perciò tale contingenza umana saltava particolarmente agli occhi: le età di questi sfortunati bimbi andavano dagli otto ai quattordici anni circa.

Già Londra si era occupata di questi bambini, alcuni anni prima, grazie alle denunce puntuali di Charles Dickens attraverso i suoi famosi articoli e libri, ed aveva provveduto all’eliminazione della piaga ma ora si trovava di fronte a quella rappresentata dai giovanissimi immigrati italiani, provenienti in quantità maggiore da alcuni paesini sperduti sulle montagne della Valcomino nel Lazio e in particolare da certe frazioni di Picinisco e di Villalatina o delle Mainarde oggi molisane.

Giuseppe Mazzini

A quell’epoca nessuno conosceva la Valcomino, questo territorio appartato di Alta Terra di Lavoro che veniva confuso regolarmente con il concetto di ‘Abruzzi’. E fu un personaggio della Storia d’Italia, ancora non compreso pienamente nel suo alto valore e nel suo significato a seguito di una storiografia non di rado parziale e partigiana, stiamo parlando di Giuseppe Mazzini, che unico e solo e per primo si occupò fattivamente di questa infelice umanità abbandonata, preda dello sfruttamento e della disperazione.

Si sa che il patriota fu costretto all’esilio a Londra agli inizi del 1837 e si stabilisce nella zona di Clerkenwell, quartiere divenuto famoso con il nome di « Little Italy ». Vi rimase per oltre trenta anni, fino al 1868, quattro anni prima della morte. Guardandosi attorno a poco a poco capì e si rese conto del fenomeno dello sfruttamento e della violenza cui venivano sottoposti questi bimbi abbandonati. Decise percio’ di offrire loro l’unica arma possibile per un riscatto autentico e per l’affrancamento: l’istruzione, la cultura. E quindi a costo di ulteriori rinunce personali e con il sostegno di personaggi inglesi della cultura e dell’arte coi quali nel frattempo era entrato in contatto quali lo storico Thomas Carlyle, i poeti Rob. Browning e Algernon Swinburne, la vedova del poeta George Byron, il filosofo John Stuart Mill ed altri, fondò una scuola gratuita per i poveri fanciulli italiani che venne aperta il 10 novembre1841, data anche questa da non dimenticare nella storia della emigrazione italiana soprattutto e principalmente ciociara, data che tra l’altro documenta e prova l’anacronisma dei motivi ispiratori del suddetto Museo Naz. della Emigrazione.

La scuola sorse in una zona a quell’epoca tra le più degradate di Londra a Hatton Garden, poi trasferita in una strada vicina, a contatto con il quartiere di Clerkenwell, abitato quasi esclusivamente da Italiani specie ciociari e rifugiati politici, dove in quegli anni grazie al suo impegno sorse anche una chiesa italiana, la chiesa di San Peter (1869-71), oggi ancora sul posto. La scuola fondata da Giuseppe Mazzini si svolgeva solo la sera e vi si insegnavano le discipline indispensabili all’apprendimento basilare. Le lezioni si svolgevano anche la domenica e in questo giorno impartiva le sue lezioni di cultura italiana lo stesso Giuseppe Mazzini.

La scuola di Hatton Garden - Mazzini in esilio insegna ai bambini poveri di Londra. Immagine tratta da “Della Vita di Giuseppe Mazzini” di Jessie White Mario volume della proprietà di Miss Fletcher.

La scuola fu seguita e patrocinata anche da Charles Dickens che ben conosceva i luoghi dove aveva ambientato anche qualche sua opera quale per esempio ‘Oliver Twist’: non è escluso che frequentassero la scuola anche i modelli che a quell’epoca iniziavano ad arrivare a Londra quali Angelo Colarossi e Alessandro De Marco, entrambi di Picinisco. La scuola ebbe una lunga vita, sempre frequentata e seguita sia dagli alunni sia dai promotori, durò venti anni. Ogni ricorrenza del dieci novembre gli alunni e i promotori e gli insegnanti si riunivano e festeggiavano l’avvenimento. Se si desidera conoscere più approfonditamente questa pagina di storia anche ciociara, allora raccomando la lettura di un libretto scritto nel 1999 da un ricercatore della Università di Pisa, il Prof. Michele Finelli: “Il prezioso elemento. Giuseppe Mazzini e gli emigranti italiani nella esperienza della scuola italiana a Londra”.

Anche la Ciociaria frusinate ha il vizio della scarsa memoria e a riprova ulteriore del degrado culturale e morale che l’attanaglia, non mi pare che vi sia un qualcosa, una via o una piazza, che ricordi gli emigranti ciociari e la loro lunga odissea per le vie del mondo.

Michele Santulli

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Michele Santulli
Michele Santulli è ciociaro di Atina in Valcomino. Già insegnante nelle scuole superiori e ternato in Germanistica alla Università di Pisa, poi, lasciata la scuola, antiquario per molti anni in Cassino. Data l’età in affannosa attività a raccogliere le sue deduzioni ed osservazioni su certi aspetti e realtà eccezionali eppur sconosciuti partiti dalla Terra di Ciociaria e che marcano e contrassegnano la storia artistica e sociale dell’Europa Occidentale. Dello stesso autore: -CIOCIARIA SCONOSCIUTA. Costume. Pittura del 1800. Notizie storiche. Civiltà. Veroli, 2002. -IL COSTUME CIOCIARO nell’arte europea del 1800. Isola del Liri, 2009 (https://altritaliani.net/article-il-costume-ciociaro-nell-arte/) -MODELLE E MODELLI CIOCIARI nell’arte europea a Roma, Parigi, a Londra 1800-1900. Isola del Liri, 2012 (https://altritaliani.net/article-modelle-e-modelli-ciociari-nella/) -ORGOGLIO CIOCIARO/CIOCIARIA PRIDE. Isola del Liri 2015

2 Commentaires

  1. Giuseppe Mazzini, esule a Londra, e la emigrazione ciociara in Inghilterra.
    Non confondiamo fame e miseria di allora (come pure la fame e miseria ITALIANA di adesso) – contro un esodo massiccio di profughi (che non sono la stessa cosa di immigrati) che sta avendo luogo adesso sulle coste italiane. GLI Italiani erano lavoratori in cerca di lavoro e non di sicuro si aspettavano hotel e pasti gratis.

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