Per Missione Poesia torniamo a parlare di Francesco Belluomini e della sua poesia civile. Il libro La mala erba. Il caso Lavorini, (Bonaccorso Editore, 2023) pubblicato postumo quest’anno, rivela ancora una volta la capacità dell’autore di «narrare» in versi fatti e personaggi che sono stati protagonisti di eventi di grande impatto sociale in una precisa epoca storica. La dimensione stilistica del settenario favorisce e arricchisce la lettura del poema da parte dei potenziali lettori. Da segnalare l’opera di copertina a cura del maestro Maurizio Caruso.
***
Francesco Belluomini ha una biografia importante, densa di pubblicazioni di poesia e narrativa, di saggistica improntata sulle sue opere, di traduzioni in diversi paesi esteri. Ideatore insieme alla moglie del prestigioso Premio Letterario Internazionale Camaiore, oggi a lui intestato, dal 1981 al 2016 ne è stato presidente mentre, dal 2018 in poi, l’incarico è passato proprio alla moglie Rosanna Lupi -. Per informazioni più approfondite si segnalano i link :
https://it.wikipedia.org/wiki/Francesco_Belluomini
https://altritaliani.net/la-poesia-del-viareggino-francesco-belluomini/
https://altritaliani.net/francesco-belluomini-il-mercato-delle-idee/
https://altritaliani.net/la-poesia-di-francesco-belluomini-in-un-saggio-di-marco-g-ciaurro/
***
La mala erba. Il caso Lavorini
Ritengo sia sempre molto interessante proporre la lettura dei testi di un autore come Francesco Belluomi che, anche con le pubblicazioni uscite dopo la sua scomparsa, continua ad avere un grande impatto, soprattutto emotivo, sui suoi lettori. Sarà la capacità di saper raccontare in poesia fatti e avvenimenti di grande rilevanza sociale, sarà la sua modalità empatica che lo fa entrare in sintonia con i personaggi reali di cui narra le storie, sarà l’uso abile degli strumenti retorici, quali la metrica e la rima ad esempio, – ormai divenuto cosa rara e preziosa – … sarà tutto questo insieme a far sì che ogni nuova opera apra un fronte di proposte, indagini, discussioni su argomenti che, se pure non d’attualità recentissima, riportano alla luce esperienze che comunque fanno molto riflettere perché hanno avuto a che fare con la nostra storia e, indirettamente, con la nostra vita, lasciandone segni indelebili.
Dico questo seguendo la scia di una canzone di Luciano Ligabue dal titolo Nel tempo, contenuta nell’album Arrivederci mostro del 2015, nella quale si fa riferimento proprio al caso in esame e si dice: Hanno ucciso Lavorini e dopo niente è stato come prima. Queste parole riportano a quel tempo, a quel 31 gennaio del 1969, e ricordano Ermanno Lavorini e la sua storia: una storia che per la generazione di Ligabue ha rappresentato il simbolo di uno spartiacque nella vita degli adolescenti. Il perché è presto detto: prima di questa i ragazzini di tredici/quattordici anni uscivano da soli, andavano al cinema… poi, lui, un bambino di dodici anni, sparisce portando in superficie la realtà di un mondo malvagio che se la prende proprio coi bambini. A questo punto si rende necessario dire brevemente qualcosa su questo terribile fatto di cronaca.
Ermanno Lavorini, uscito di casa con la sua bici, dopo pranzo, dicendo ai suoi che sarebbe rimasto fuori un’ora, non vi farà più ritorno. Alle 17.40 di quello stesso giorno arriverà una telefonata alla quale risponderà la sorella Marinella, e una voce adulta, dirà «Ermanno non tornerà a casa, anzi ritorna dopo cena. Dica a suo padre di preparare quindici milioni e di non avvertire la polizia». Per due mesi non si saprà nulla del ragazzo. Il suo corpo verrà casualmente ritrovato il 9 marzo sulla spiaggia di Marina di Vecchiano, in uno scenario di assoluto degrado. Le indagini della polizia saranno orientate al mondo della pedofilia e dell’omosessualità a pagamento, esercitata in zone periferiche delle pinete viareggine, presumendo che l’assassino possa essere un uomo di rango che si nasconde dietro una facciata di rispetto. Verranno tirati in ballo personaggi come il figlio di Ermete Zacconi, Giuseppe, che gestisce varie sale cinematografiche ed ha fama di uomo di mondo, il quale dovrà dimostrare la propria reale impotenza davanti alle forze dell’ordine, e morirà di crepacuore pochi mesi dopo quegli interrogatori; o come Adolfo Merciani, proprietario di un bagno di Viareggio, che nonostante avesse un alibi di ferro verrà associato più volte al delitto e alla fine, dopo un ricovero in manicomio e un arresto, morirà suicida in cella non reggendo alla persecuzione e alla vergogna.
Successivamente si scoprirà che ci sono alcuni ragazzi coinvolti nell’omicidio, tra i quali Marco Baldisseri, di sedici anni, che per mesi fornirà versioni diverse sui fatti: sarà lui a chiamare in ballo Merciani, poi un pittore, poi a dichiararsi a sua volta colpevole della morte di Ermanno, poi ad accusare il suo stesso padre; Rodolfo della Latta che accuserà, indicandoli su una fotografia, il sindaco della giunta di sinistra di Viareggio e anche il presidente dell’azienda di soggiorno (in realtà entrambi innocenti). Sui due ragazzi, e su altri facenti parte della stessa compagnia, si verrà anche a sapere che sono estremisti di destra, tre su quattro sono iscritti al Fronte monarchico giovanile, il cui presidente, Pietro Vangioni, si dichiarerà sempre innocente, asserendo che non si è trattato di un sequestro a scopo di estorsione, non è stato un fatto politico, ma solo un fatto sessuale. La sentenza della Corte d’Appello e poi quella definitiva della Cassazione stabiliranno infatti che il movente dell’omicidio era stato un ricatto a fini estorsivi, rivolto all’obiettivo di finanziare il gruppo monarchico.
La verità, purtroppo, rimane tutt’ora nell’ombra, un’ombra sempre più difficile da schiarire. Nell’ultima intervista, di pochi anni fa, Baldisseri, alla domanda su come avessero fatto tre ragazzini a tenere sotto scacco un intero Paese, e perché avessero inventato tante versioni false, la risposta fu questa: «Perché qualcuno ci aveva detto di fare così, qualcuno ci guidava. Degli adulti». Non è mai stato chiarito definitivamente se fosse vero e chi fossero quegli adulti.
Pesano su tutte le parole di Pasolini ritrovate in un brano di commento al caso. L’autore ebbe a scrivere un diario del caso Lavorini nel quale se la prese con molti dei personaggi dell’epoca: coi giornalisti che per fame di notizie scrissero articoli infamanti, sui Carabinieri burocrati, sui viareggini bacchettoni, ma accusò anche i giovani della sinistra contestatrice per la loro assenza. Infatti scrisse: “Per esempio, gli studenti di nessun movimento sono intervenuti in questo caso: l’hanno allontanato da loro, considerato impopolare e indegno?” E a proposito del comportamento dei giornalisti Pasolini disse anche: “Ma in cosa differisce l’atteggiamento di Marco Baldisseri dai compagni verso gli omosessuali dall’atteggiamento dei giornalisti di tutti i giornali italiani e di tutti gli inquirenti? Non differisce sostanzialmente in nulla. Nel lanciare le loro accuse Marco Baldisseri e gli altri si sentono sostenuti dall’opinione pubblica, sanno di far piacere all’opinione pubblica, sanno di obbedire a una necessità di odio dell’opinione pubblica”. Pasolini intendeva con questo dire che la pista del delitto a sfondo sessuale e ricattatorio, tramite la quale era più facile identificare il colpevole, era sempre stata da tutti la preferita, al di là del fatto che fosse la più giusta da perseguire.
Detto questo, torniamo all’opera di Belluomini. Un’opera poematica che intenzionalmente prende spunto dall’Iliade: Cantami, o diva, del Pelìde Achille/l’ira funesta che infiniti addusse/ lutti agli achei, molte anzi tempo all’orco/ generose travolse alme d’eroi,/e di cani e d’augelli orrido pasto/lor salme abbandonò (così di giove/l’alto consiglio s’adempia ), da quando/primamente disgiunse aspra contesa/il re de’ prodi Atride e il divo Achille. Dico intenzionalmente perché, a parte l’evidente incipit dell’opera di Belluomini: Non cantarmi Viareggio/dell’infinito beccheggio[…] a ben guardare ci sono alcune analogie rilevabili, a grandi linee, tra le vicende: il rapimento di Elena, la guerra tra le fazioni opposte, le furbizie per ingannare il nemico e, su tutte, la narrazione omerica che, così come quella del nostro autore, tende a dimostrare la brutalità di azioni che contrastano, nel caso dell’Iliade la pace tra gli uomini e i territori, nel caso Lavorini la tenuta e la pace di uno stato sociale. Non sembrino un azzardo queste similitudini perché la nostra storia è fatta di vicende epiche che, ser pur considerate minori, coinvolgono popoli conservandone la memoria e il caso Lavorini, come detto sopra, è una di queste. Il merito di Belluomini è dunque quello, riscontrato del resto svariate volte nella sua produzione letteraria, di saper dare il giusto rilievo a storie che, solo in apparenza possono sembrare marginali, appartenenti a un microcosmo di piccole realtà di paese, di provincia, ma che in verità sono il riflesso di una ben più ampia dimensione sociale che tutti coinvolge. Così, come per la raccolta Nell’Arso delle sponde o in quella de Il mercato delle idee, da me analizzate nelle pagine di questa rubrica (n.d.r. vedi i link sopra) – ma anche in molte altre sue opere – l’autore, partendo da un avvenimento in cui dolorosamente ci caliamo, in modo empatico e cosciente, ci porta per mano facendoci incontrare l’essenza del fatto di cronaca, ovvero l’essenza interiore e profonda di quelle che furono le vittime producendo un documento che si pone a colmare le lacune della storia, non potendo la sola versione cronicistica rappresentare l’interiorità del vissuto dei protagonisti della tragedia. In più denuncia, tra le righe, le mancanze, i vuoti, le assenze di una giustizia che ha tardato i suoi effetti, li ha ridotti a pene irrisorie e non ha adempiuto completamente ai suoi compiti. Se un ruolo il poeta ce l’ha, quello di Belluomini è, da sempre, il saper scrivere una poesia che parte dal “vero storico” per arrivare al “vero poetico” ovvero all’autentica verità della psicologia umana e alla radice della nostra vita perché, per citare Manzoni “più si va addentro a scoprire il vero nel cuore e più si trova la vera poesia”.
Alcuni versi da : La mala erba. Il caso Lavorini
Non cantarmi Viareggio
dell’infinito beccheggio
di nave in quarantena,
che forse val la pena
lasciare sotto velo
quell’angelo del cielo
ucciso dai balordi.
Ma certo poco sordi
i media nazionali
le penne dei giornali
la grande tiratura,
che rese molto dura
tacere sugli studi
d’aspetti molto crudi
restati marginali
in atti processuali.
Capisco l’obiezione
la non motivazione
di tanti viareggini :
il caso Lavorini
reca svariati danni
da più di quarant’anni.
Però quella Viareggio
subì quel tanto peggio
atteso dalle coste
delle riviere opposte,
con tanto di livella
per spiaggia quinta stella. […]
Cinzia Demi
Bologna, novembre 2023