A luglio i giornali italiani hanno registrato la vittima numero 51, ossia la cinquantunesima donna assassinata dal marito o dall’ex. Amara e sgradevole la soddisfazione per una coincidenza singolare, cioè la contemporanea notizia che una donna di 41 anni ha sparato al marito di 44 anni con la pistola di quest’ultimo, guardia giurata. Non l’ha ucciso ma quasi.
In Italia è stato finalmente percepito in tutta la sua enormità il fenomeno che ormai tutti chiamano “femminicidio”, termine copiato dalle cronache messicane di Ciudad Juarez, città al confine fra Messico e Stati Uniti, dove dal 1992 sono scomparse 4.500 donne di cui 650 sono state sicuramente stuprate e uccise dai mercanti di carne umana che avrebbero dovuto condurle clandestinamente al di là del confine in cerca di lavoro.
La media italiana è ormai di una donna uccisa ogni tre giorni. E succede al Nord come al Sud. Spaventose le somiglianze statistiche con il Messico, dove l’85% è vittima del partner o di un parente, e il 60% aveva denunciato invano le minacce: in Italia infatti il 37,5% risultano uccise dal marito o convivente, il 16,7 % da un ex, il 10,8% dal fidanzato, il 6,7% dal figlio, e ancora il 6,7% da un amico o dal datore di lavoro. Dal 2005, secondo i dati della “Casa delle donne di Bologna” c’è stato un “crescendo”, si è saliti dalle 84 vittime a 124 nel 2012. Totale: 891 donne assassinate in otto anni.
La cinquantunesima vittima aveva 26 anni e viveva a Palermo, aveva denunciato l’ex marito di 36 anni ben sei volte, ma i servizi sociali non avevano saputo far altro che proporre di rinchiudere lei e il figlioletto di 2 anni in una casa protetta. Lui era stato lasciato libero, quasi “autorizzato” a proseguire, fino a che non l’ha colpita con dieci coltellate mortali nella casa dei genitori dove lei si era rifugiata.
Spesso però le vittime di minacce fanno il gioco dei loro persecutori, ossia ritirano le denunce, e questo induce la polizia a sottovalutare i pericoli reali. Ha suscitato clamore il caso di una bellissima ex miss napoletana picchiata a sangue dal suo convivente (col quale ha avuto un bimbo): ha detto il nome del suo persecutore mentre la portavano semiviva in ospedale, ma quando dopo due settimane si è ripresa, ha dichiarato di aver sbagliato, di amarlo alla follia, di perdonargli tutto.
In Italia il cosiddetto “delitto d’onore” non fa aumentare la pena per chi lo compie. Solo nel 1981 venne abolito l’articolo del codice penale che prevedeva pene ridottissime a chi uccideva la moglie (o il marito: in questo una singolare anticipata parità) o la sorella o la figlia “nell’atto in cui ne scopre la illegittima relazione carnale”.
Ma ancora nel 1983 la Corte d’Appello di Roma riduceva da 4 a 2 anni la pena comminata a un poliziotto che (prima del 1981) aveva ucciso la moglie adultera, e addirittura prescrisse che tale condanna non venisse neanche segnata nel certificato penale!
Presidente di quella Corte era il magistrato Carnevale, stesso cognome di quel presidente siciliano che in Corte di Cassazione è passato alla storia come “ammazzasentenze”. Riuscì ad annullare qualcosa come 500 condanne e processi contro mafiosi siciliani. Condannato a 6 anni e poi assolto, questo giudice tornò in Cassazione grazie ad alcune norme varate dal governo Berlusconi.
Eleonora Puntillo