La scomparsa di Umberto Eco porta con sé un altro rimpianto, quello della scomparsa di Giorgio Manganelli, avvenuta nel 1990. Maestri, entrambi, di stile, di linguaggio, combattenti direi sul fronte dell’intelligenza contro ogni forma di idiozia.
Le lezioni ad Urbino di Umberto Eco che ho frequentato negli anni ottanta, cominciarono con un singolare episodio, uno scontro con un allievo e non era neppure il primo.
In tutto il mondo, sentenziò Umberto Eco, quasi all’improvviso ed all’inizio della lezione, trovo imbecilli.
L’imbecille in questione era uno di noi che si era sentito piccato dall’incipit della lezione. Umberto Eco aveva disegnato sulla lavagna, due pupazzi contrassegnandoli uno con A e l’altro con B. Da una nuvoletta, come nei fumetti, A diceva
– Se avessi cento milioni…
e B da un’altra nuvoletta rispondeva:
– Ma non ce l’hai.
Domanda del professore:
– Come vi sembra B?
E siccome nessuno rispondeva, il professore concludeva:
– E’ un imbecille.
A questo punto l’allievo piccato intervenne dicendo:
– Professore, imbecille è Lei
ed Eco:
– In tutto il mondo ho trovato difensori imbecilli dell’imbecille B.
Fine della lezione, perchè alle proteste dell’allievo il professore si ritirò.
Ma io avevo capito il principio della comunicazione: l’imbecille B, anziché entrare nel registro di A, si era dato a sostenere il suo realismo, sancendo l’incomunicabilità.
Allo stesso modo o quasi accadde con Giorgio Manganelli che si infuriò in maniera terribile nello scoprire che frequentavo i premi letterari.
Era maestro di ironia e di sarcasmo, giocava con le parole, ricavandone registri “inopinati”, orizzonti straordinari, funambolici e musicali. Le parole servono alla comunicazione e al gioco sottile delle allusioni. Sono, come dice lo stesso Manganelli, agglomerati verbali e fonici.
Provai ad argomentare ma mi interruppe bruscamente.
– Non obiettare perchè io posseggo un lessico.
Ammutolii. Era indubitabile. Il suo lessico era straordinario, ricchissimo di sinonimi, carico di suggestioni, inimitabile.
Ora entrambi sono giunti Agli Dèi ulteriori come suona il titolo di un testo di Manganelli, appunto del 1963, pubblicato da Einaudi.
Giacché nel piano della narrativa l’uno, Manganelli, aveva un’indubbia propensione funeraria o come diceva lui stesso “ilarotragica” (Hilarotragoedia è un’opera del 67), l‘altro, Eco, era per la sofisticata biblioteca di Babele, di memoria borgesiana, repertorio di immortalità.
Maestri e grandi entrambi! Avevano portato nella critica nozioni davvero innovative: Lector in fabula, di Eco nel ’70 con l’idea che l’opera è aperta e viene integrata dall’interpretazione del lettore, parte attiva nel testo, e Manganelli con l’idea della letteratura come menzogna per cui il testo è costante camuffamento delle esperienze della vita stessa dell’autore che vi si nasconde ed annida. La letteratura come menzogna è stata pubblicata da Feltrinelli nel 1967.
Come si vede le esperienze dei due autori sono quasi parallele.
Per Manganelli l’eroe per eccellenza è Pinocchio, inventore fallito di mille avventure e promotore altrettanto fallito di se stesso. Manganelli aveva così scoperto di poter riscrivere la storia di Pinocchio, in Un libro parallelo che è del 1977. Un’altra innovazione letteraria ardita e inedita.
Eco ha scritto un romanzo prodigio, bestseller, Il nome della rosa, nel 1980, in cui la biblioteca, la sua passione, veniva montata e dismontata come un’opera di ingegneria. Vista dall’esterno rivelava il suo segreto che invece era custodito all’interno da un autentico labirinto.
Manganelli non ha mai scritto un romanzo, ma Centuria, cento piccoli romanzi fiume, del 1979, i brevi racconti numerati, uno, due fino a cento, con i personaggi che costituiscono una centuria, potrebbe essere tale.
Non è senza significato il fatto che proprio Centuria fu proposto per il Nobel della letteratura mai assegnato, come d’altra parte fu per Eco. Nella sua prosa erratica ed effervescente, tutta metafore e sinonimi, a Manganelli interessava il linguaggio, ma così per altri aspetti ad Eco.
Ed entrambi credevano nella letteratura come forma suprema di civiltà.
Ma c’è un altro punto di contatto: il passato, il medioevo per Eco, il mondo classico per Manganelli. Non solo c’è Centuria ma l’Orfano sannita e Cassio, Cassio governa a Cipro, la storia insomma.
La memoria, specie storica, dice Eco è vita ed anima. Senza di essa non c’è ne’ l’una ne’ l’altra.
E se avessimo perso entrambe e ci muovessimo già come ombre disperse tra gli dèi inferi?
Carmelina Sicari