“Domani andrà meglio” di Giuseppe Orfino (Porto Seguro Edizioni) non è solo uno spaccato quasi fotografico della generazione degli anni 2000, ma anche un romanzo di formazione nel quale si intravede una possibilità di crescita, un tentativo di superamento di quell’età adolescenziale così tanto prolungata, nella consapevolezza acquisita dal protagonista della necessità di comprendere la fine delle cose, più che il loro inizio.
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Domani andrà meglio, di Giuseppe Orfino, pag. 200, prezzo di copertina 15€
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Conosco Giuseppe Orfino da alcuni anni come esperto di comunicazione, e collaboratore culturale. Ho apprezzato questo suo esordio narrativo – sul genere del romanzo di formazione, rappresentato oggi da una scrittura che racconta il prolungamento dell’età adolescenziale che tende a sfociare addirittura nei trent’anni – per la vivacità dello stile, l’ironia del linguaggio e l’ambientazione di provincia che tanto ricorda alcuni nostri grandi scrittori tra i quali, il suo concittadino Luciano Bianciardi con il quale condivide alcune caratteristiche, come meglio spiegherò nella nota di recensione.
Domani andrà meglio
Nel 2022, tra gli altri, si è celebrato il centenario della nascita di Luciano Bianciardi (1922 – 1971) un autore, oggi come oggi, sconosciuto ai più. Eppure Bianciardi, nato a Grosseto – luogo di ambientazione del romanzo di Giuseppe Orfino – forse meglio di tanti altri, ha descritto nelle sue opere la provincia italiana, con una sua cifra ben specifica costruita attraverso il suo percorso formativo e lavorativo, passando dal giornalismo alla narrazione, e utilizzando la parola – da anarchico quale era – come mezzo di denuncia, ribellione, giudizio sulla società, ricercando al contempo anche nuove e sperimentali forme di linguaggio. Proprio nel 2022 esce per Feltrinelli Trilogia della rabbia, dove sono raccolti i tre principali romanzi di Bianciardi: “Il lavoro culturale” (1957, ripubblicato con aggiunte nel 1964), “L’integrazione” (1960), “La vita agra” (1962). I romanzi sono tutti più o meno autobiografici e nel primo viene raccontato in maniera anche piuttosto ironica, nelle pieghe della trama, come il fratello di Luciano, Marcello – giovane intellettuale di provincia – tenti, vanamente, di promuovere iniziative per emancipare la piccola e arretrata Grosseto degli anni post bellici. La provincia, dice Bianciardi:
[…] La provincia doveva essere un po’ tutta così, fosse America, Russia, o la nostra città. La provincia, culturalmente, era la novità, l’avventura da tentare. Uno scrittore dovrebbe vivere in provincia, dicevamo: e non solo perché qui è più facile lavorare, perché c’è più calma e più tempo, ma anche perché la provincia è un campo di osservazione di prim’ordine. I fenomeni, sociali, umani e di costume, che altrove sono dispersi, lontani, spesso alterati, indecifrabili, qui li hai sottomano, compatti, vicini, esatti, reali.
Una provincia come la nostra, oltretutto, offriva, per la cultura, il vantaggio di non avere tradizioni, ubbie passatiste, tabù sociali, come succede altrove. C’erano, è vero, gli etruscologi ed i medievalisti, con i loro cocci, le loro sòccite, i loro buccheri e le loro scartoffie, ma cosa contavano? Chi li prendeva sul serio? Nella nostra città si poteva ricominciare tutto daccapo, e in Italia, quanto a cultura (ma anche per il resto) c’era proprio gran bisogno di ricominciare tutto daccapo.
Eravamo orgogliosi: si doveva star qui, lavorare, produrre. Nessuno di noi si sarebbe mai sognato, un giorno, di partire per Roma o per Milano. […]
Eppure proprio lui partirà successivamente per Milano.
In questo contesto culturale si sviluppa il romanzo Domani andrà meglio scritto da Giuseppe Orfino e uscito per Porto Seguro Editore proprio nel 2022, anno di ricorrenza, come detto, del centenario di nascita di Bianciardi con la cui opera condivide, oltre che l’ambientazione nella stessa provincia di alcuni lavori del maestro (laddove al contrario di quello che avviene nelle aree metropolitane i sogni e le ambizioni sembrano tutti irrealizzabili – anche se spesso ogni cosa diventa più vera -) anche l’idea di fondo dell’insoddisfazione umana, soprattutto giovanile che, se pure per motivazioni diverse data la diversità delle epoche, caratterizza in massima parte i personaggi dei romanzi, nonché lo stile spesso ironico e sarcastico di narrazione.
Vediamo così come Ettore Barchesi, protagonista di Domani andrà meglio, sia alle prese con la dimensione della precarietà che contraddistingue ogni ambito della sua vita: dal lavoro agli studi, dagli affetti alle amicizie, dalle passioni agli stati d’animo. Trentenne nel 2000, anno di transizione nel tanto atteso nuovo secolo – che nessun cambiamento ha portato, in realtà, nella vita di ognuno – Ettore appartiene a pieno titolo a quella generazione X (nati tra il 1965 e il 1980) definita come la “generazione invisibile”, ovvero priva di identità sociale, in quanto (come indicano le analisi demografiche) compressa e succube della generazione precedente, quella dei baby boomers, che essendo numericamente più consistente, ha finito per imporre – data anche la particolare longevità – la propria visione del mondo e la propria centralità negli assetti di potere. Ecco infatti che la generazione X diventa quella che utilizza continuamente la così detta tattica del rinvio: finisce di studiare molto più tardi, trova lavoro (quando lo trova) molto più tardi, si sposa più tardi, mette al mondo i figli molto più tardi, lascia la casa dei genitori in età più avanzata… Ovviamente tutto questo avviene non soltanto per volontà degli interessati, ma anche, e sempre più spesso, per i cambiamenti sociali intervenuti dopo il boom economico. Ed è proprio per questo che per Ettore, prototipo di questa generazione, il senso di attesa perenne diventa un circolo vizioso da cui non riesce a uscire, e nel quale la solitudine ne erode costantemente l’interiorità più profonda, conquistando spazi sempre più vuoti di contenuti e affetti.
Un po’ vitellone felliniano, eterno Peter Pan che non osa spiccare il volo per restare incatenato all’Isola che non c’è della provincia, un po’ Luca Carraro di Sapore di Mare – interpretato da un giovane Jerry Calà –, che si scopre dopo un’adolescenza vissuta all’insegna del divertimento estivo, del dolce far niente in assenza di veri sentimenti, a vivere un’età adulta dominata dalla rassegnazione e dalla frustrazione, l’Ettore Barchesi – raccontato da Orfino – pur nella complessità del personaggio che è comunque colto e brillante per certi versi, nonché armato di alcuni interessi e passioni, rappresenta il ritorno alla narrazione di una strisciante povertà interiore, di un’assenza di ideali e di aspettative per il futuro, che si concretizza nella decisione di attendere tra le braccia della famiglia, di cui disprezza tuttavia il modo di vivere e di pensare, che qualche grazia arrivi invece di decidersi ad andare nel mondo. La malinconia della vita immersa in quel tempo immobile, dove ogni giorno è simile al precedente e al successivo, esonda nel dolore, nella disperazione smaltita nelle sbronze e negli sballi delle discoteche che non fanno altro che peggiorare lo stato di alienazione provato; nella ricerca costante di conforto e approvazione nei pochi amici rimasti, ognuno immerso nelle proprie illusioni e problematiche da risolvere; nei tentativi di storie d’amore che naufragano, per l’impossibile confronto con l’idealizzazione di quell’unica donna amata che lo ha lasciato; nell’incapacità di concretizzare un percorso di studi, di lavoro o addirittura di passione per il teatro che diventa anch’essa motivo di insoddisfazione… tutto questo contribuisce a rendere Domani andrà meglio non solo uno spaccato quasi fotografico della generazione degli anni 2000, ma anche un romanzo di formazione nel quale si intravede, in controluce, verso la fine, una possibilità di crescita, un tentativo di superamento di quell’età adolescenziale così tanto prolungata, nella consapevolezza acquisita dal protagonista – dopo un lungo peregrinare al liminare del mitico bosco incantato, eterno passaggio tra la morte e la sopravvivenza, districandosi nelle quattro stagioni di un intero anno – della necessità di comprendere la fine delle cose, più che il loro inizio, pensiero riassumibile in questo momento esplicativo, presente nell’ultimo capitolo del libro: Quando si sta per affogare, ti viene voglia di respirare, ancora di più. In questo piccolo bozzolo che oggi mi avvolge, spurgo via il dolore. Riesco quasi a vederlo, denso, che scivola giù per le coperte leggere. Sembra quasi miele, ora. E, come il miele, mi sembra dolce. Do tempo a questo dolore di uscire piano. È l’ultima goccia, lunga un anno. E va via per il tubo di scarico dell’anima. Sono stanco di affogare.
Un brano tratto da: Domani andrà meglio
“[…] Tutti dicevano che avrei potuto fare qualsiasi cosa. E io, purtroppo, ci credevo, eccome se ci credevo. Ci credevo così tanto che ero convinto che arrivato alla mia età sarei già stato famoso e avrei avuto un lavoro invidiato, una valigia sempre pronta per partire da un momento all’altro per qualche avventura in Amazzonia e una fidanzata meravigliosa che abita a Parigi. E invece, la mia valigia è vuota, sta sotto il letto a prendere la polvere e io non sto andando proprio da nessuna parte. Nessuna. Ho demolito, con la perizia d’un certosino, ogni desiderio stereotipato dei miei, tipo il matrimonio con la figlia del dottore o il lavoro in banca. Nessuno si aspetta più niente da me. Neanche Claudia si aspetta più niente da me. È per questo che mi ha mollato. Credo. Non sono mai stato bravo a scegliere le persone. […]”
Cinzia Demi
Bologna, 26 aprile 2023
L’AUTORE:
Giuseppe Orfino nato a Siena, vive a Grosseto e lavora a Piombino dove, attualmente occupa la carica di Capo di Gabinetto per il Comune. È giornalista, specializzato in Comunicazione pubblica. Ha iniziato la sua attività professionale nel 2000 al giornale La Nazione per poi collaborare con altre testate giornalistiche, tradizionali e online, ricoprendo anche ruoli di direzione e coordinamento. Ha lavorato a lungo negli uffici stampa di Enti pubblici, approfondendo la conoscenza della Comunicazione istituzionale, del marketing politico ed elettorale. Negli ultimi anni si è anche dedicato alla comunicazione enogastronomica e ha maturato una profonda esperienza nel campo della comunicazione dell’arte contemporanea. Si è anche occupato di sviluppare nuovi linguaggi per la Comunicazione medico-scientifica. Domani andrà meglio è il suo primo romanzo, pubblicato nel 2022.