Di Gianni Farina. Storie: il ragazzo, la scuola, la maestra, l’emigrazione.

Fine anni Cinquanta. Domenico Modugno imperversa a Sanremo. L’Autosole, tratto dopo tratto, riempie di incantevoli sogni i cuori di milioni di baldi giovanotti italiani. Una veloce spider «possibilmente Alfa Romeo» per volare verso il sole, le splendide e agognate spiagge del sud: sogni, amore, spensieratezza, gioventù, ottimismo. L’Italia che si libera dalla miseria antica e si protende all’abbracccio di un radioso futuro. La vecchia Milano letta sui libri di scuola con l’avidità tipica del montanaro che anela a scoprire l’infinito al di là del monte, si presenta ai miei occhi con uno strano, ignoto vestito [… ]”

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Un inizio un po’ stile anni Sessanta e alla Celati per questo racconto in prima persona di un personaggio pubblico: un deputato della Repubblica italiana che percorre, a ritroso nel tempo, il cammino arduo e difficile delle memorie di un periodo cruciale per la storia italiana: da Modugno ai nostri giorni. La storia o le «Storie» legate a un impegno politico e personale, che evocano le vicende del nostro paese in filigrana col racconto dell’Io. Un Io vagabondo che – già le prime frasi del libro lo esplicitano – si proietta verso un futuro radioso, come l’Italia dell’epoca, verso un sogno promettente, che fa scintilllare all’orizzonte del boom economico e culturale del dopoguerra, i miraggi dell’amore, dell’ottimismo, della ricchezza, ben al di là delle montagne dell’infanzia di questo «montanaro» della Valtelllina con un percorso di vita assai intrigante.

Gianni Farina fa parte del gruppo sparuto dei deputati degli italiani all’estero del Partito Democratico italiano e in queste ore oscure della nostra storia – e del PD – ha sentito il bisogno di svelarci con semplicità e freschezza, in cosa ha consistito, per un giovane modesto e coraggioso, quell’ingaggiarsi sulle strade del mondo che chiamiamo emigrazione. Guidato, in questo, dall’impegno sociale faticosamente costruito a contatto con la dura realtà dell’Italia del dopoguerra. Quella dei problemi della classe operaia costretta a emigrare per cercare come vivere a causa della mancanza di lavoro.

Una presa di coscienza che nasce dalle esperienze lavorative in Svizzera, dagli studi e dal desiderio di comunicare, via lo studio del tedesco e di altre lingue europee, per conoscere le condizioni di vita degli emigrati italiani ; poi la fede politica nella sinistra italiana degli anni dell’emancipazione dal modello sovietico, delle crisi, e a seguire nella CGIL, sempre a contatto con i lavoratori italiani all’estero.

Questo libro denso e «sentito» è una testimonianza soggettiva, appassionata che ha, fra i suoi meriti, anche quello di proporre la ricostruzione, dall’interno, dell’emigrazione e della diaspora degli italiani in Europa e ben più lontano.

Attraverso aneddoti, ricordi, episodi, riflessioni sempre allo specchio con i fatti della grande storia italiana e mondiale, Farina ripercorre le tappe della formazione della coscienza politica e identitaria di una minoranza di italiani extra muros, attivi e attenti al loro destino e a quello del paese da cui sono dovuti partire.

Altro merito di questa raccolta di «storie», che pure sono gli aneddoti di un unico racconto autobiografico, è che da esse emerge la volontà di svelare «il dissotto delle carte» della politica e delle sedute in Parlamento di un «addetto ai lavori».

Gianni Farina

Per chi oggi nutre avversione, sfiducia e timore verso la classe politica italiana, leggere le «cronache fariniane» delle scandalose sedute in parlamento all’epoca dei salvataggi di deputati collusi, mischiati negli «affari» o i momenti di giustizia democratica per approvare decreti e leggi e riforme adeguate puo’ essere pedagogicamente rassicurante.

Per chi vive lontano dall’Italia, questa distanza dai centri di potere si assottiglia, via i rendiconti spontanei del nostro deputato che non lesina in commenti visto che ha occupato cariche in Commissioni parlamentari fino al Parlamento europeo e di questa istituzione, in crisi, Farina traccia un ritratto dall’interno, alla sua maniera entusiasta spiegando gli arcani.

L’autore si serve spesso di ritratti familiari – il padre, la maestra, i compagni «lassù sulle montagne» etc.- e di gente comune per raccontare eventi come la tragedia del Vajont, o le imprese di personaggi sconosciuti ma che hanno contato per il riconoscimento dei diritti degli italiani all’estero come Dante Bigliardi.

Il racconto si snoda con una ricchezza di figure – Luchino Visconti, Enzo Jannacci, Franco Califano o i grandi della storia come Obama, Mitterrand, Berlinguer, etc. – incontrate lungo il cammino da testimone informato e da curioso della storia come noi tutti. Perché l’autore è un po’ noi tutti, e abborda i personaggi famosi nelle storie con uno spirito che molto rinvia alla solida coscienza di un uomo abituato alle «asperità del terreno»: sindacale, politico, personale. Il tutto usando una lingua comune, senza pretese, leggermente anacronistica nella sua linearità ottocentesca; presa in prestito e condivisa con i suoi interlocutori di sempre; usata durante le riunioni politiche di base, i «tavoli» delle trattative sindacali fino ai banchi del Parlamento.

Qualche titolo di Storie :

  • L’Europa nel pieno della crisi : torna la paura dello straniero e del diverso.
  • Lucio Dalla, la magica storia del piccolo clown.
  • Il Parlamento e le istituzioni repubblicane tra rinnovamento e decadenza.
  • Emigrazione italiana: la storia siamo noi.
  • 12 gennaio 2012, Camera dei deputati: il voto della vergogna.
  • Da Alessandro Manzoni a Daniele Meucci per scacciare i cattivi pensieri.
  • Il grido disperato dei mille periti nell’abisso del mare.
  • Per onorare il martirio di Valeria, costruire il mondo del dialogo e della pari dignità
  • I mille fucilati della Grande Guerra 1915-1918. Oggi riabilitati.
  • I canti della perduta terra nell’opera di Eugenio Marino Andandosene sognando.

Titoli a sensazione, costruiti con uno stile volutamente giornalistico perché Gianni Farina ha tenuto puntualmente, nel corso di questi ultimi anni, una rubrica su La Pagina, il giornale in lingua italiana più diffuso nella Svizzera nordorientale. La volontà di informare, condividere il patrimonio di conoscenze e esperienze raccolte lungo il suo percorso di viaggiatore instancabile, ha animato l’autore di cui il deputato del PD Gianni Cuperlo, nella sua introduzione, tesse un omaggio all’ottimismo e alla tenacia e allo sforzo di rendere visibile il mondo sommerso e a volte dimenticato degli italiani all’estero.

A noi ha intrigato la foto ricorrente nel libro di Gianni Farina: una fantomatica chiesa appollaiata su un picco fra boschi quasi irraggiungibili; un simbolo di come l’autore si proietta nel suo immaginario e un ricorrente e malinconico dialogo con la madre, con la terra della sua infanzia e l’immagine di un mondo irraggiungibile per il viaggiatore perenne: la chiesa eremo di pace, di serenità. Una storia ancora da scrivere.

Maria Vitali-Volant
Da Dunkerque

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Maria G. Vitali-Volant
Maria G. Vitali-Volant : nata a Roma, laureatasi all’Università di Roma; abilitata in Lettere, storia e geografia; insegnante e direttrice di biblioteca al Comune di Roma, diplomata in Paleografia e archivistica nella Biblioteca Vaticana, arriva in Francia nel 1990 e qui consegue un dottorato in Lettere, specializzandosi in Italianistica, con una tesi su Giuseppe Gorani, storico viaggiatore e memorialista nel Settecento riformatore. Autrice di libri in italiano su Geoffrey Monthmouth, in francese su Cesare Beccaria, Pietro Verri, è autrice di racconti e di numerosi articoli sull’Illuminismo, sulla letteratura italiana e l’arte contemporanea. In Francia: direttrice di una biblioteca specializzata in arte in una Scuola Superiore d’arte contemporanea è stata anche insegnante universitaria e ricercatrice all’ Université du Littoral-Côte d’Opale e à Paris 12. Ora è in pensione e continua la ricerca.

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