Il centro antico di Napoli, patrimonio dell’Unesco, vanta all’incirca 450 chiese, tra queste alcune gotiche come Santa Chiara con il bellissimo chiostro maiolicato e presepe del ‘700, altre barocche come il Pio Monte della Misericordia con le sette opere della misericordia del Caravaggio e pitture seicentesche, le restanti influenzate, direttamente o indirettamente da Caravaggio, con decorazioni marmoree del Bernini, cappelle storiche con opere d’arte di inestimabile valore e cappelle gentilizie, anch’esse ricche di stemmi e insegne della vecchia aristocrazia.
Secondo un recente censimento del prof. Marcello Mottola, specialista in diagnostica e restauro dei beni culturali, circa due cento di questi edifici monumentali sono chiusi per mancanza di fondi per la manutenzione o assenza di sacerdoti. Se non si corre ai ripari – ha aggiunto lo studioso – cadranno a pezzi, completamente depredati dei residui tesori. Un raffronto con Roma, capitale del cristianesimo dove si possono contare solo trecento chiese, tutte aperte ai fedeli e ai turisti, Napoli città delle cinquecento cupole, ne esce mortificata, negando a studiosi e alle future generazioni, il godimento di tanta bellezza e cultura. Uno spiraglio si può augurare dai fondi europei, però, di là da venire. Un servizio televisivo nazionale ha mostrato nel suo realismo il degrado e l’insensibilità dei residenti nell’abbandonare nei pressi di tali monumenti, scarti di ogni genere. Viceversa non è raro incontrare lungo l’itinerario, edicole votive, curate dalla devozione del vicolo.
La pia intenzione del Cardinale Crescenzio Sepe di concedere in comodato d’uso gratuito alcuni di questi edifici “a chi intenda ristrutturali, restaurarli, riadattare per scopi sociali, culturali, artistici e formativi “ ha generato qualche equivoco e non ha incontrato l’interesse dei privati, considerato le non trascurabili spese per il riutilizzo.
Spesso si tratta di veri e propri gioielli, chiusi e abbandonati da anni per scarsa considerazione e negligenza da parte di chi dovrebbe tutelare questi importanti tesori, testimonianza di secoli di arte e culto.
“Noi – ha rilevato ancora l’alto prelato – vogliamo aprire le porte delle nostre chiese per dare speranza, per collaborare e tentare insieme una svolta nel nostro modo di agire e pensare. E’ un progetto pilota e lo stesso Vaticano ci ha chiesto notizie in merito, perché è vero che è un problema di Napoli, ma nel mondo ci sono tante chiese chiuse, in alcune, che non sono di proprietà delle diocesi non si può nemmeno entrare senza permesso. Solo una parte di questa ricchezza appartiene alla Curia, l’altra al FEC, Fondo Edifici di Culto del Ministero dell’Interno, che detiene buona parte dei beni culturali nazionali o al Comune.
Sull’apatia delle istituzioni sono scese in campo alcune associazioni culturali e comitati spontanei, organizzando un sit nei pressi della Curia di Piazza Donnaregina: “Riaprite le chiese di Napoli”, il tam tam di professionisti e semplici cittadini in difesa di un bene negato. “E’ assurdo – ha commentato Antonio Pariante, tra gli organizzatori della manifestazione – che in una città con il centro storico patrimonio dell’Unesco ci siano tutti questi edifici chiusi. Noi chiediamo che la Curia, le confraternite e chi è deputato a decidere ci permetta di aprire questi meravigliosi luoghi che sarebbero una risorsa incredibile per tutta la cittadinanza”. “Ci sono delle chiese chiuse – ha aggiunto Pariante – che sono dei gioielli per questa nostra città. Un patrimonio inestimabile in quanto luoghi di culto in cui sono conservati preziosi tesori di arte. Si tratta di bellezze eccezionali che aspettano soltanto di essere riaperte, la qual cosa potrebbe essere un’importante opportunità di lavoro per tanti giovani che amano il loro territorio”.
Antonella Pane, presidente dell’Associazione “Progetto Napoli” racconta anche di chiese destinate a funzioni che con il culto o l’arte non c’entrano proprio niente. “Noi abbiamo chiese trasformate in pizzeria, palestre, negozi. Snaturarle, vuol dire che per la seconda generazione queste chiese moriranno”.
Alcune Associazioni stanno preparando progetti di carattere artistico, musicale, teatrale e artigianali proposti dai giovani e dai cittadini per adottare concretamente e salvare le chiese di Napoli.
A sottrarsi a questo triste destino, la Chiesa di San Michele Arcangelo di proprietà della Congrega dei 72 Sacerdoti, in Piazza Dante, fondata nel 1589 e completamente rifatta nel 1731 su disegno di Domenico Vaccaro, pittore, scultore e architetto. L’ingresso della chiesa è a croce greca con cupoletta ellittica sul transetto absidato in stile rococò e la parte interiore in stile barocco. L’altare maggiore e i due laterali appartengono al Vaccaro e costati la bella cifra di 7mila ducati, vale a dire duecento milioni di euro di oggi, la balaustra impreziosita da petali di madreperla e lapislazzuli lucidata con pasta di marmo e la splendida fontana-lavabo con un rilievo di San Michele, nella sagrestia di carattere rococò. In seguito al terremoto del 1980 per i notevoli danni riportati, la chiesetta fu chiusa e abbandonata, l’ingresso ricoperto da sterpaglie e rifiuti. Solo da qualche anno, l’edificio di culto è stato riaperto alle visite culturali e al godimento dei fedeli.
Nonostante l’incuria e la negligenza delle autorità preposte alla salvaguardia dei nostri beni artistici, tantissime sono le chiese visitabili con la loro particolare bellezza e storia. Per citarne alcune: Gesù Nuovo, Gesù Vecchio, San Domenico Maggiore, Sant’Angelo a Nilo, Santa Maria Donna Romita, San Gregorio Armeno con il suo chiostro e il miracolo settimanalte di Santa Patrizia, San Lorenzo Maggiore con scavi, Girolamini con la ricca biblioteca (rubati 1500 volumi, in parte recuperati), Duomo con la cappella e Tesoro di San Gennaro, San Paolo Maggiore, San Pietro a Majella, Santa Maria del Parto con la tomba del Sannazaro, la maestosa basilica reale di San Francesco di Paola di Piazza del Plebiscito, la Santissima Annunziata con la ruota per i trovatelli, la Chiesa del Purgatorio ad Arco con all’esterno sulle colonnine teschi e nell’ipogeo ossa e nicchie sepolcrali venerate dal popolino, San Vincenzo alla Sanità con le catacombe di San Gaudioso, dove i defunti venivano collocati in una nicchia a forma di sedia con la testa in giù a “scolare”, una volta essiccati trasferiti in una tomba. Nel gergo popolare si usa ancora dire “puozze sculà”, al peggior nemico.
Mario Carillo
VEDI IL REPORTAGE FOTOGRAFICO DI HUFFINGTONPOST
Sono circa duecento le chiese monumentali del centro storico di Napoli purtroppo chiuse e abbandonate. Piccoli gioielli che racchiudono pezzi di storia della bella Partenope che però non sono godibili nè dalla popolazioni nè dai turisti e versano da anni in uno stato di abbandono ed incuria senza precedenti…
REPORTAGE Napoli: viaggio tra le Chiese chiuse e abbandonate (FOTO di Roberta De Maddi)