“Il veneziano con cui ci si identificava di più, uno de noialtri”, Lino Toffolo, attore, cabarettista, comico interprete televisivo e cinematografico, ci ha lasciati alcuni giorni fa. La vera ultima maschera veneziana al suo funerale a Murano, quartiere del vetro artistico che era la sua terra. Tanti i ricordi per un personaggio umile ma che con Jannacci, Gaber, Celentano, Cochi e Renato ed altri segno’ un epoca del sorridere e pensare italiano. Ce ne parla il nostro Massimo Rosin, da Venezia.
A dare l’ultimo addio a Lino Toffolo c’era tutta la sua Murano, l’isola dove è nato ed ha continuato a vivere. “Avrei voluto nascere a Betlemme”, disse un giorno in un’intervista semiseria ma “il caso ha voluto che nascessi qua, a do passi da San Marco”. Un Toffolo palestinese francamente è difficile da immaginare: anche con un caffetano beige addosso ci avrebbe fatto ridere ugualmente. Perché Murano, l’isola famosa al mondo per il suo straordinario vetro artistico, era la sua casa. “Quando smonto a la Colonna go za le savatte ai pie” [Quando arrivo alla Colonna (una fermata del motoscafo di servizio pubblico) ho già le ciabatte ai piedi].
Lino Toffolo della sua venezianità ne aveva fatto una delle ragioni della sua vita, forse l’unica che gli consentì di vedere e raccontare il mondo visto dalla sua parte.
Giovanissimo in casa non era molto considerato. Gli piaceva essere diverso, amava le cose fuori dalle righe. Qualcuno forse gli avrà detto cosa significa ilarità. Col tempo gli piaceva vederla riflessa in chi gli stava davanti. Questo gli procurava un piacere particolare. Quando decide di tentare il “grande salto” della vita conosce ancora poco. Il suo mondo è ancora quello della sua isola. Ma gli echi più importanti vengono da fuori, Milano, dove indirizza le sue attese.
Li’ intreccia amicizie con altri giovani che parlavano il suo stesso linguaggio: Enzo Jannacci, Cochi e Renato, Giorgio Gaber poi Celentano. Sono amicizie con le quali stabilirà una base per continuare a credere in quello che voleva fare. Saranno anni dove conoscerà gli ambienti del Cabaret, con le sue regole e le prime difficoltà. Per tutti Toffolo è quel comico veneziano “già con i capelli bianchi”, tanto che sembra il più vecchio del gruppo.
Su di loro arrivano anche le prime offerte cinematografiche. A Toffolo però giungono quasi sempre quelle secondarie. E’ ritenuto un contorno, le parti principali forse non le può sostenere, ma se questa era la strada per farsi conoscere perché non accettarla? Sono i tempi della collaborazione con Mario Monicelli che lo vuole nel bellissimo L’armata Brancaleone, mettendolo a fianco di quel mattatore che era Vittorio Gassman. Poi altri film non sempre di successo.
Ma a ricordarsi di lui è il suo amico Celentano che lo vuole nel set del suo Yuppy du (1975) dove gli mette addosso i panni di un pescatore atipico (tutta la trama del film, a dire il vero è assai improbabile). Il film piace, fa il record di incassi al botteghino, si parla anche di lui Toffolo…Ma il suo vero cabaret Toffolo se lo costruisce quando torna a Murano, dove tra le mura di casa, scrive canzoni che a Venezia sono diventate popolari: Nina vien zo dabasso…, Le carossele, solo per citarne alcune, deliziosi quadretti di una venezianità da lui sentita particolarmente e quasi perduta….
E poi i suoi spettacoli nei vari teatri cittadini dove la gente accorreva sempre numerosa (Dai che ndemo a scoltar Lino, era il passaparola). Toffolo a Venezia lo incontravi che sbucava fuori da una calle o una salizzada e non era infrequente che gli andassi addosso Ciò Nino anca quà… ed una risata scappava sempre. La città la percorreva a modo suo cercando sempre facce nuove, tipi strani che gli facessero nascere idee originali, da mettere poi nei suoi spettacoli. Forse l’ultimo erede di una venezianità autentica, Toffolo parlava sempre in un frizzante e spontaneo dialetto. Fatto questo che lo poneva in cima alle preferenze di molti.
Era il veneziano con cui ci si identificava di più, “Uno de noialtri”. Sebbene fosse lontano da Cesco Baseggio (altro grande attore della scuola teatrale veneziana, quella di Carlo Goldoni), Toffolo ha cercato altre vie, forse più semplici, ma non meno vere di altre. I suoi personaggi si possono scorgere ancora tra il tessuto urbano della città e della sua isola.
Con Lino Toffolo abbiamo riso un po’ tutti, grandi e piccini. Famosa la sua canzone Jonny bassotto entrata anche questa tra le preferite di quegli anni. Nell’ultimo periodo aveva scritto e diretto un film tutto suo di cui era particolarmente fiero:
Nuvole di vetro . “Se parla sempre in venessian”, amava dire a tutti quando lo presentava “dal primo minuto fin l’ultimo”. Storia divertente, ambientata nella sua Murano, dove in una fornace, luogo a lui caro, tra i bagliori del vetro incontra una giovane ragazza cinese e se innamora.
Per uno della sua età avere dei sussulti al cuore è già un mezzo miracolo, tanto che non gli credono. Film che, forse a causa del suo parlare dialettale non è mai uscito in ambiti nazionali, ma rimane un piccolo gioiello. So che a lui piaceva particolarmente.
In chiesa c’era anche il suo amico Renato Pozzetto. Chiesta la parola al sacerdote, ha ricordato l’amico con parole sincere e commosse. “Ciao Lino”, gli ha detto, “adesso sei in compagnia di Enzo” (Jannacci), ma una lacrima scesa in fretta gli ha strozzato in gola quanto ancora voleva dirgli…
Massimo Rosin