Si sa che tra il 1500 e il 1700 ci fu lo sconcertante fenomeno della caccia alle streghe. Vecchie e giovani, povere ed analfabete divennero vittime di una gigantesca persecuzione che era frutto di false interpretazioni di testi biblici mescolati a fonti letterarie.
La stoltezza e l’impostura di alcuni fanatici religiosi fecero il resto e presero il sopravvento sulla razionalità. Il pretesto esprimeva la volontà di distruggere il male che era solo nella mente di chi aveva ordito tali presunte congiure.
Questo orrendo crimine si protrasse in Europa fino al Settecento. Circa 73 mila uomini e donne vennero processati per stregoneria in Europa. Di questi, 40-50 mila vennero giustiziati, metà di loro entro i confini dell’odierna Germania; tre quarti degli accusati erano donne.
Il Tribunale dell’Inquisizione decretò e perseguì la sfrenata caccia. Migliaia di donne furono torturate ed uccise, condotte al rogo, esseri innocenti che avevano talvolta dimestichezza con erbe salutari, guaritrici o dal comportamento eccentrico come Giovanna D’Arco che si diceva ispirata.
Furono gli illuministi a spegnere questi roghi della presunzione e dell’ignoranza che si erano accesi un po’ dappertutto. Per loro la stregoneria fu considerata un’assurdità, al limite di malattia mentale.
Fu in questa circostanza che la madre dell’astronomo Keplero, che viveva a Leonberg, una piccola città tedesca vicino a Stoccarda, fu anche lei accusata di stregoneria e si salvò per la determinazione del figlio che la sostenne e la difese. Apprendiamo i particolari del processo nell’avvincente ricostruzione di una tedesca, Ulinka Rublack, docente di Storia della prima età moderna all’Università di Cambridge: The Astronomer and the Witch. Johannes Kepler’s Fight for his Mother (Oxford University Press).
Keplero, quando il fatto avvenne, non era ancora il grande astrologo conosciuto da tutti, ma i suoi studi di teologia, matematica ed astronomia erano ben avviati a Tubinga. Aveva intrecciato la teologia all’astronomia per dar lustro alla religione evangelica di cui era un esponente e gli era stato affidato l’insegnamento della matematica e dell’astrologia a Praga, come successore del maestro Brahe.
Solo più tardi gli fu riconosciuta grande competenza in astronomia, dopo le sue pubblicazioni, Astronomia nova, nel 1609, e le Tabulae Rudolphinae, da Rodolfo d’Asburgo cui erano dedicate, nel 1618. Fu lo scienziato del moto dei pianeti nel sistema solare con simpatia per le tesi di Niccolò Copernico. Formulò le sue famose tre leggi sui movimenti orbitali dei grandi corpi celesti.
Katharina, la madre, residente nella cittadina di Leonberg, era stata accusata di aver fatto ammalare una donna del luogo. Lei che era anziana, ma forte e testarda, forse non molto amata, aveva risposto a sua volta, portando in tribunale i provocatori per diffamazione. Ma lentamente il processo degenerò ed intervennero i poteri forti che facilmente si possono immaginare, data l’epoca, tanto da trasformare la polemica in qualcosa che divenne un processo di stregoneria che durò per ben sei anni.
Dapprima le solite dispute consuete, ma quando Katharina fu arrestata e portata in cella, la situazione divenne pericolosa. Persino il figlio minore, Cristoph, prese le distanze, anche per il timore d’essere coinvolto, ma Giovanni Keplero prese in mano la situazione per discolpare la madre che già veniva chiamata “strega” e su cui pendevano 49 capi d’accusa. Lasciò tutto e si adoperò per difenderla. La causa fu trasferita a Güngligen e Keplero fu assistito dall’amico di cui si fidava: Cristopher Besold, suo collega, che divenne il difensore della donna. Fu preparata una memoria difensiva di 128 pagine che conteneva una confutazione delle accuse punto per punto. Si dimostrava come tutto fosse falso anche con lettere e dichiarazioni relative.
Fatto sta che, quando arrivò il momento della sentenza, la donna fu sottoposta ad una durissima prova per vedere se si pentiva e confessava. Ma lei giurò con forza e coraggio di non essere colpevole e cadde in ginocchio recitando una preghiera. Fu allora dichiarata libera il 13 aprile del 1622.
Certamente l’insistenza del figlio e la sua devozione l’avevano salvata, mentre molte altre come lei condannate andarono al rogo.
Tempi difficili ed incomprensibili di fondamentalismo religioso che arriva ad offuscare la ragione ed impedisce la consueta normalità della vita!
Allora si creò quella cesura mortale, che fu la Controriforma cattolica, severa restrizione della dottrina di fede cristiana, per rispondere agli ateismi, che avvelenò il clima civile e politico dell’epoca. Incalcolabili furono i danni arrecati alla vasta comunità delle persone con la perdita di tante vite umane e divieti deprecabili.
Gaetanina Sicari Ruffo