“Il più bello dei mari è quello che non navigammo”, scrisse Hikmet. Leggendo la raccolta di poesie di Gae Sicari Ruffo, si avverte un mare, strettamente correlato con la sua terra, che è stato ampiamente navigato e che ne richiama uno sognato e cullato.
In questo suo mare ideale l’immagine della giovinezza si accompagna ad una riflessione matura sulle speranze che son rimaste tali e sulle illusioni disvelate. Una scrittura, la sua, scevra da artifici, genuina, tesa a farsi “avertisseur” delle trasformazioni in atto. La Natura dialoga, nei suoi versi, “inframezzo ai silenzi”, nei quali la vita “resta insoluta” e il mare si fa voce narrante di altre vite.
In questo mare si sono perduti i tanti Ulisse costretti a partire su “legni malconci, soffrendo cento milia perigli” per giungere al nostro occidente -fattosi accidente- in cui spesso “Una comunità ostile/ minaccia di morte una inerme e distrugge/i suoi segni in tanti secoli eretti”.
Fra denuncia e ricordo la poesia trova conforto nelle origini e la terra fa da cornice al mare: i paesaggi familiari si dispiegano nella loro malinconia e la donna riconosce la bimba che è stata, in luoghi in cui “impauriva l’ombra / di piante selvose, nascoste/ da trappole oscure./ […] e i fantasmi arretravano/ fino a sparire/ e il sonno veniva/ anche se inquieto”.
Nell’arco della vita che si dipana in questa raccolta si avverte la consapevolezza che, in fondo tutti noi siamo “birilli scomposti in un gioco/ infinito, impazziti, corriamo/ verso un traguardo/ mai certo./ […]” E se esiste qualcosa capace di dissolvere i nostri sospiri, questo avverrà, forse, “senza che il sole compaia”.
Tuttavia il sole di Gae Sicari Ruffo è un sole che ha “un sorriso giovane”, nonostante tutto.
Di Daniela Pia
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Descrizione dell’opera:
Il mare è una straordinaria piattaforma della vita, dentro cui spiccare il salto, intravedere il fondo e scoprire il senso della sua storia, risalendo dai miti omerici fino alle tante vicende che contrassegnarono l’arrivo di nuovi conquistatori, di regni e di etnie […]. Purtroppo nella più recente quotidianità il mare è divenuto sinonimo di migrazione, a cui sono connessi dolore, disagio e spesso tragedia […]. Subentrano considerazioni di altro genere e il soliloquio lirico spesso muta in requisitoria che indaga, protesta e condanna […]. La poesia allora svela tutta la malinconia di cui è pervasa per il tradimento dei principi su cui si fonda la società costituita, l’impossibilità di una pace vera e duratura, l’ambiguità delle circostanze che ci condizionano, la straziante preghiera di chi vuol vivere, ma vede già avvicinarsi la barca dell’estremo limite di Caronte.
http://www.libreriauniversitaria.it/ascoltando-mare-sicari-ruffo-gaetanina/libro/9788897601739
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Note biografiche:
Gae(tanina) Sicari Ruffo vive a Reggio Calabria. Già docente di Italiano, Latino e Storia, attualmente svolge attività giornalistica, collaborando con diverse riviste, tra cui questo sito Altritaliani.net di Parigi promuovendo il Nuovo Umanesimo, movimento culturale calabrese.
Si occupa di critica letteraria, storica e d’arte. Ha pubblicato i saggi Attualità della Filosofia di D.A. Cardone, in Utopia e Rivoluzione in Calabria (Pellegrini, 1992); La morte di Dio nella cultura del Novecento, in Il Santo e la Santità (Gangemi, 1993); La Congiura di Tommaso Campanella, in Quaderni di Nuovo Umanesimo (1995); Il Novecento nel segno della crisi, in Silarus (1996); Le donne e la memoria (Città del Sole Edizioni, 2006, Premio Omaggio alla Cultura di Villa San Giovanni); Il voto alle donne (Mond&Editori, 2009, Premio Internazionale Selezione Anguillara Sabazia). Suoi anche i testi narrativi Là dove l’ombra muore (racconti Premio Internazionale Nuove Lettere, 2010); Sotto le stelle (lulu.com, 2011); La fabbrica dei sogni (Biroccio, 2013).
Questa è la sua prima raccolta di poesie.
Daniela Pia
Sarda sono, fatta di pagine e di penna. Insegno e imparo. Ho superato i cinquanta, sono una donna, amo leggere e mi piace scrivere. Non potrei fare a meno di passeggiare al mattino presto fra vigne e campi arati. Ogni tanto rubo un fico e mi disseto.