Viva la libertà, un film di Roberto Andò – recensione

Appena uscito in Italia, il film tratto da « Il trono vuoto » opera letteraria non nuovissima, mostra tutta la sua attualità con il disorientamento odierno che va al di là della sfera politica coinvolgendo tra sentimenti e ragioni l’esistenza stessa di ognuno di noi.

Il film è uscito da poco: tratto dal romanzo “Il trono vuoto” che il regista Roberto Andò aveva dato alle stampe tre anni fa. Ora è un film (in sala in queste settimane) dal titolo eloquente e probabilmente autoironico: “Viva la libertà”. Un film politico, ovvero l’autore sembra aver fatta propria una delle lezioni americane di Calvino, in cui definiva la leggerezza un valore anziché un difetto.

Il racconto ci conduce inevitabilmente all’attualità, a questi giorni, o addirittura in queste ore di “vuoto” del dopo-voto italiano. Eppure il libro da cui il film è tratto è stato scritto anni fa. Sono notevoli i riferimenti ed i messaggi politici. C’è un immenso Toni Servillo che Andò ha voluto che interpretasse due ruoli: due fratelli diametralmente diversi. Uno è il leader di una sinistra al minimo storico, l’altro è stato affetto da depressione bipolare, e che farà risalire le quotazioni del partito molto in alto.

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Fra rimpianti e lampi di speranza, il film non entra mai in una condizione banale e scontata. Se la politica è l’elemento attorno a cui ruota la storia, questa presenta anche altri temi, come l’amore, l’amicizia; e soprattutto l’aspetto del “doppio”, secondo un canone che rende omaggio al cinema e al teatro. Andò, pur definendo il personaggio riflessivo come un clandestino dell’attualità, ci abbandona ad uno stratagemma che viene da lontano, dalla nostra letteratura e ancora più indietro dalla commedia latina, come lo scambio tra gemelli. Toni Servillo interpreta un politico stanco, fiacco e spaventato di perdere il potere e, in controcanto, è un filosofo molto particolare che abbraccia la vita con l’incoscienza di chi non ha niente da perdere.

Quando parla alle folle politicamente deluse (non meno di quelle che votano “contro” per protesta), sostiene che “la parola che mi è più cara su questo palco non c’è: passione”.

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E chiude citando Bertold Brecht, con la struggente poesia “A chi esita”. Che recita: “Dici: / per noi va male. Il buio cresce. / Le forze scemano. / Dopo che si è lavorato tanti anni / noi siamo ora in una condizione / più difficile di quando / si era appena cominciato. / E il nemico ci sta innanzi / più potente che mai. / Sembra gli siano cresciute le forze. Ha preso / una apparenza invincibile. / E noi abbiamo commesso degli errori, / non si può più mentire. / Siamo sempre di meno. Le nostre parole d’ordine sono confuse. / Una parte / delle nostre parole / le ha travolte il nemico fino a renderle / irriconoscibili. / Che cosa è errato ora, falso, di quel che abbiamo detto? / Qualcosa o tutto ? Su chi / contiamo ancora? Siamo dei sopravvissuti, respinti / via dalla corrente? Resteremo indietro, senza / comprendere più nessuno e da nessuno compresi? / O contare sulla buona sorte? / Questo tu chiedi. Non aspettarti / nessuna risposta / oltre la tua.”

Armando Lostaglio

Aggiornamento: il trailer non è purtroppo più disponibile

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Armando Lostaglio
ARMANDO LOSTAGLIO iscritto all'Ordine dei Giornalisti di Basilicata; fondatore del CineClub Vittorio De Sica - Cinit di Rionero in Vulture nel 1994 con oltre 150 iscritti; promotore di altri cinecircoli Cinit, e di mostre di cinema per scuole, carceri, centri anziani; autore di testi di cinema: Sequenze (La Nuova del Sud, 2006); Schermi Riflessi (EditricErmes, 2011); autore dei docufilm: Albe dentro l'imbrunire (2012); Il genio contro - Guy Debord e il cinema nell'avangardia (2013); La strada meno battura - a cavallo sulla Via Herculia (2014); Il cinema e il Blues (2016); Il cinema e il brigantaggio (2017). Collaboratore di riviste e giornali: La Nuova del Sud, e web Altritaliani (Parigi), Cabiria, Francavillainforma; Tg7 Basilicata.

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