Chi è a Napoli in questi giorni non può perdersi una passeggiata via San Gregorio Armeno, la via degli artigiani presepisti, con la sua moltitudine di botteghe, negozietti e coloratissime bancarelle. E’ l’inizio dell’itinerario natilizio caro ai napoletani e ai tanti turisti.
L’itinerario natalizio nella città partenopea, parte dalla Basilica di San Lorenzo Maggiore con i suoi magnifici scavi, all’inizio della strada dei pastori con un esemplare ligneo, la cui origine risale al 1654, costituito da ventuno pezzi a grandezza naturale.
Proseguendo su Via San Gregorio Armeno, affollata in questi giorni da turisti per la visita al fantasmagorico mercatino dei pastori, sughero e presepi, non può sfuggire anche una visita all’omonima chiesa, affrescata da Luca Giordano con i due grandi organi ridondanti d’oro e l’annesso chiostro e, poco più avanti le chiese di San Gennaro all’Olmo e San Biagio Maggiore restaurate e riaperte al pubblico dopo quasi quarant’anni.
Dopo un periodo di oblio per l’arrivo delle figurine dalla Cina e la moda dell’abete dal Nordeuropa, l’arte dei maestri pastorai riprende quota con nuove forme, rispettando l’antica tradizione del modellare manualmente le statuine di terracotta. Una tradizione che si tramanda da padre in figlio. Una testimonianza di Marco Ferrigno che pur avendo frequentato l’Accademia delle Belle Arti, volendone seguire le orme è ritornato nella bottega che è stata dei suoi avi e del padre don Peppino, venuto a mancare da poco.
Al discendente della dinastia è stato chiesto quante statuine riesce a produrre in un giorno. “Una al massimo due – ha risposto – se fatte a mano con vestiti ripresi da cataloghi di cui dispongo o attingendo alla mia fantasia che davvero non mi manca, mentre con gli stampi se ne possono realizzare oltre cento”.
Nella stradina dove nacque Giuseppe Sanmartino, uno dei fini scultori e pittore che si cimentava nel costruire pastori alti 30-40 centimetri con stoppa, fil di ferro e testa, mani e piedi in terracotta, vestiti con abiti sgargianti e, nei vicoli adiacenti non è difficile assistere all’antica arte che affascina grandi e piccini. Ignoti artisti, muniti di microscopici utensili intenti a lavorare minuscole figure da collocare sotto campane di vetro, altri nel modellare volti, animali creati a mano o con calchi. Nei cortili dei palazzi storici operai a costruire “scogli”, scenografie con la grotta, casette coperte da muschio, prati verdi, cascate, mulini azionati con sistemi meccanici, abilmente nascosti. Tra balze e ripiani delle bancarelle non è raro scorgere personaggi pubblici da Obama a Berlusconi, da Marrazzo a Natalì, da Brunetta a Tremonti, da Lavezzi a Quagliarella che nulla hanno a che vedere con la sacra rappresentazione ma richiesti da curiosi venuti da fuori come souvenir.
La tradizione della via dei pastori, incastonata tra il decumano superiore e quello inferiore nel corpo di Napoli, risale, secondo alcuni al 930 d.C. Sotto le fondamenta del monumentale Monastero di San Gregorio, da visitare con un bellissimo chiostro, c’era un antico tempio dedicato a Cerere e, a lei i fedeli portavano statuine votive e da qui sembra nascere nella stradina di botteghe di oggetti di adorazione. Ora la chiesa è conosciuta come Santa Patrizia per le spoglie della Santa venuta da Costantinopoli e, ogni martedì si verifica il miracolo con il bacio della teca.
La rappresentazione della nascita di Gesù si deve a San Francesco, quando nella notte del natale del 1223, il santo costruì nel bosco di Greccio una capanna con bue e un asinello vicino ad una mangiatoia e si mise a pregare. La tradizione vuole che in quel momento appaia il Bambino e da qui i primi presepi composti solo con personaggi essenziali.
A Napoli fu Carlo III di Borbone (1716-1788) ad appassionarsi alla nuova arte. Il re amava circondarsi di artisti e andava nelle botteghe a spiegare come voleva che fossero intagliate mani e piedi dei pastori, passava ore e ore a preparare le “scene” dei presepi di cartapesta e scagliola aiutato da pittori e scultori, con l’entusiasmo di un ragazzo disponeva personalmente angeli e pastori, asinelli e buoi, mangiatoia e cammelli, personaggi orientali, re magi, zampognari, Ciccibacco, Benino, mucche e pecore.
Ai fini intenditori non mancherà una visita ai presepi più importanti della città. Nel Museo di San Martino scenografia animata da centinaia di pastori e animali, donata dall’architetto Cuciniello nel 1879.
Nelle sale adiacenti una composizione da record. Venticinque pastori e 13 animali in un guscio d’uovo. Nel Palazzo Reale il presepe del Banco di Napoli, oltre duecento figurine e numerosi accessori provenienti da collezioni private, modellati da grandi scultori come Sanmartino, Francesco e Camillo Celebrano, Angelo Viva, Salvatore Franco. In ogni chiesa come Gesù Vecchio, Santa Chiara, Santa Maria del Parto, Spirito Santo “scogli” che risalgono al sette-ottocento di noti scultori. Infine le mostre allestite dalle Associazioni “Amici del presepe”. Operai, professionisti, commercianti che dedicano il proprio tempo libero a questa nobile arte e fieri di esporli al pubblico.
Mario Carillo